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Marker in cui, fra fotografie e dialoghi non menziona se stesso se non che alla fine(nel libro: LE

DEPAIS). Il rapporto in questo film è il dialogo tra l’autore e quell’io che rappresenta la sua

coscienza, il suo intimo. Lo spazio dell’immaginario si trova tra l’individuo e l’altro che egli

s’inventa. Il problema è il destinatario. Le missive sono lette da una donna alla quale sembrano

indirizzate, questa donna è un’attrice ma non interpreta il testo né accentua la pronuncia, anzi è

neutra, ella è una mediatrice. In realtà il dialogo è fra Marker e Krasna che gli scriveva dall’altra

parte del mondo. Nel film “Level five”(1996) abbiamo una donna, Laura, che parla ad un uomo

morto. In Sans Soleil parlano tre persone, in “Level five” legato all’elaborazione di u n gioco

informatico, un uomo morto entra in contatto con una donna e con un cineasta, Marker. Il film si

divide in 4 atti preceduti da un prologo e uniti da un commento: nel primo atto abbiamo il

Giappone/ al contempo quello coevo degli anni 60, il secondo atto vede la Guinea Bissau in un

confronto tra immagini della guerriglia e successive alla rivoluzione continuando poi a S. Francisco

dalla donna che visse due volte fino a Sans Soleil e poi passa per Okinawa nel 1945, nel terzo atto

si offre un indizio della regola dei salti da un loco all’altro. Il viaggiatore formula l’idea di Raccordo

Memoriale, esso permette di superare l’intervallo aperto tra due immagini, così qualcosa in un viso

giapponese potrà evocare, ricordare uno sguardo diverso e opposto su un viso africano. Il

raccordo memoriale scopre l’immaginario come scoperta di sé, strumento di legame tra elementi

eterogenei. Raccordare tutto ciò che separa, che è dissimile senza che la giustizia dissolva le

differenze. Il raccordo gira fra immagini sospese: Acqua, sete, sakè, ubriachezza, latte fermentato,

birra e ancora sakè. Il raccordo memoriale avvicina le immagini. Il film s’interroga su come

affrontare le immagini dell’altro. Si troverà nell’immobilità degli uomini addormentati su un battello

durante un’attraversata, la stessa sospensione temporale degli allormi aerei di una guerra passata,

forta illusione, all’inizio di Sans Soleil, all’umanità sotterranea di La jetèe. Si saprà che un piccolo

bar di Shinjuku ha la preziosa facoltà di far risuonare soltanto per poche orecchie qualche nota

musicale della Jetèe…. Perché questo raccordo memoriale tra il bar Shinjuku (bar dedicato a La

Jetèe, in cui Wenders ha forse quasi incrociato lo sguardo di Marker)e il film La Jetèe? La risposta

si trova in Tokyo-Ga di Wim Wenders… dove si capisce che l’immaginario, come dice Mikel

Dufrenne, non rimanda a un <<ARCHI-TRASCENDENTALE>>.

Il lavoro dell’immaginario: la sepoltura del referente

Racine invita a considerare il film, una tragedia. Questa propensione al tragico è indicata dal titolo

del film, e la sequenza di apertura ne precisa le coordinate. Questa tragedia è all’inizio quella di

un’immagine della felicità….In un primo momento, i libri di Giraudoux saranno stati per il regista la

felicità, sui suoi romanzi Marker scrive: <<si vede meglio ora a cosa tendono questi romanzi senza

apparente senso e inadatti al reale? A un’immagine della felicità umana>>. Poi la tragedia della

felicità s’incarna in qualche immagine della Jetèe, immagini apparse come confessioni. Infine la

felicità si associa alla scoperta del film dallo stesso titolo e all’incontro, decisivo, con il suo

realizzatore, Aleksandr Medvedkin, la cui opera, girata nel 1943, inizia con un vecchio che muore

per qualche dolce. Nessun personaggio del film conosce la felicità, ma essa è data come una cosa

indispensabile da procurarsi, una cosa preziosa che tuttavia dovrà riempire una borsa, come una

merce qualsiasi. A modo suo il fulcro di Sans Soleil risponde al film di Menvedkin, la domanda non

è più <<cos’è la felicità?>>, e neppure <<sta in una piccola borsa di tela?>>, bensì <<dove trovare

un posto per un’immagine della felicità?>>. Il commento l’esprime così:<< La prima immagine di

cui mi ha parlato è quella di tre bambini che camminano su una strada, in Islanda, nel 1965. Mi

diceva che per lui era l’immagine della felicità, e che aveva provato più volte a collegarla ad altre

immagini, senza riuscirci>>. L’immagine rappresenta i bambini che camminano lungo una

scogliera, consapevoli di essere filmati, aggrappati gli uni agli altri, mentre s’allontanano

lentamente, proprio sul punto di finire fuori campo. La felicità è questa, un’immagine prossima alla

scomparsa. A quest’immagine il commento ci riporta poco prima della fine della terza parte: << In

Islanda ho posato la prima pietra di un film immaginario. Quell’estate avevo incontrato 3 bambini

per strada e un vulcano era emerso dal mare>>. Sappiamo che il germe del film e in

quest’immagine, che in essa c’era qualcosa che avrebbe portato alla creazione filmica. Perché?

Perché bisogna lasciare che il tempo vi compia il suo lavoro, cioè la modifichi. Si vedrà la perdita

del referente, il suo reflusso o la sua sepoltura, perché l’immagine possa trovare il suo posto e il

film compiere il suo lavoro, questa è la modifica. Questo lavoro del tempo serve per liberare

l’immagine dal suo asservimento a un referente ancorato alla realtà. La menzogna è l’immagine

presa come riflesso di qualcos’altro situato nella realtà, perché se l’immagine resta, dopo tutto la

cosiddetta realtà passa e se ne va. Anche l’immagine deve rompere gli ormeggi con il suo

referente. En passant, a tal proposito il film avanza un’hp radicale: l’immagine s’accresce

proporzionalmente alla perdita del referente. L’inquadratura è finalmente montata dopo le

cerimonie rituali del Dondo Yaki, cioè dopo le celebrazioni giapponesi della distruzione,

dell’abbandono, della scomparsa. L’immagine trova un posto, ma non è più la stessa. Dapprima le

immagini iniziano a tremare? Perché l’inquadratura recupera qualche fotogramma che l’inizio del

film aveva censurato, perché fosse pulita. Quest’immagine ha un destino,un futuro, dato da Haoun

Tazieff che ha filmato lo stesso luogo 5 anni dopo Marker; ma questo futuro per l’immagine è

anche la fine, perché un’eruzione vulcanica ha devastato il paesaggio. Perciò l’immagine trova il

suo posto nel momento in cui esiste esclusivamente in essa. Così è immagine- impronta, ha diritto

all’immortalità. Il lavoro di Hayao Yamaneko è un esempio interessante di quest’emancipazione, il

lavoro del tempo è assunto da un sintetizzatore d’immagini e la macchina diabolica lo renderà più

visibile, più facile ancora. Quindi l’autore fa nascer una non immagine. La non immagine

(elettronica) è immagine di ciò che non si può nominare nella realtà, e che è pure è la: immagine di

ciò che non ha nome, né esistenza ufficiale, ma comunque un’esistenza, immagine clandestina….

Dal secondo atto gli interventi portano all’elaborazione di un’immagine paradossale: non è più il

doppio del referente che si potrebbe nominare, ma è ancora innominabile. Allontanre il referente

significa quindi non guardare l’immagine come fosse il fossile di un evento o di un oggetto della

realtà. Come diceva Didi- Huberman non ha mai smesso di riformulare: il visivo comincia nel

momento in cui, di fronte all’immagine, tutti i nostri tentativi di nominazione e assegnazione, tutte le

nostre <<certezze descrittive>> cedono o crollano. Quest’immagine della felicità collegabile

soltanto a immagini di scomparsa , questa felicità nell’immagine come traccia di una perdita , tutto

questo da al film la sua tonalità vagamente malinconica. Sans Soleil è quasi interamente un elenco

di cose desolanti, e il film compila accuratamente una lista opprimente dell’infelicità umana.

Guerra, morte, povertà, esilio, suicidio, speranze rivoluzionarie deluse, impotenza della memoria e

insieme della storia, si capisce che ci voglia tutto un film per sistemare l’immagine della felicità!

Allorché il viaggiatore riesce finalmente a inserire l’immagine della felicità, tramite raccordo

memoriale fondato sulla scomparsa ha percorso i sensi, la geografia della sofferenza. Il film Sans

soleil permette di riconoscer il movimento con cui un essere umano arriva a capire l’altro attraverso

le sue immagini. Tutto il film si adopera a costruire e a pensare la relazione tra un individuo nella

posizione dell’osservatore e l’intreccio di realtà particolari che definiscono l’altro.

Il lavoro dell’immagine:l’immagine alla prova dell’alterità

1° atto vede stabilirsi l’uguaglianza dello sguardo e alla fine segna il compimento. Una volta

avanzata l’idea che ciò che si guarda deve poterci a sua volta guardare, si può constatare che ciò

che si guarda è propriamente indecifrabile. È il viaggiatore curioso che si pone una percezione

singolare di fronte ad altre immagini

2° e 3° atto sono viaggi attraverso al storia del Giappone e della Guinea.

Poi il film procede con un confronto tra ciò che è stato precedentemente registrato da altri negli

stessi luoghi. Nell’aeroporto di Narita si da l’immagine di un presente passato perpetuo, in questo

caso è la stessa cosa; un tempo uniforme caratterizzato dall’assenza di cambiamento. I diversi

documenti sul movimento rivoluzionario della Guinea con leader che si susseguono rifacendo i

medesimi gesti, mostrano un tempo che balbetta e si ripete incessantemente: il presente annulla

un passato dimenticato, che un futuro dimentico, già all’orizzonte, è pronto a ricominciare. A

Okinawa, nel luogo in cui è avvenuto il massacro, non resta che un negozio di souvenir, con

accendini a forma di granate: ecco un presente puro, preso tra due niente. Il Giappone particolare

emerge e inizia a rivelarsi al viaggiatore tramite immagini oniriche, in quanto i sogni sono uno dei

territori privilegiati dell’immaginario. Nel luogo della sua grande intimità, il corpo del viaggiatore

lascia affiorare la traccia di una lenta intrusione, e con una sorprendente trasfusione questa traccia

viene nuovamente iniettata fuori di lui. L&rs

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
14 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Liszt di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cinema, fotografia e televisione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Grespi Barbara.