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Malraux: il cinema è industria.
Se vogliamo prendere il cinema sul serio, come qualcosa che va oltre il puro divertimento e vederlo come un mezzo d’espressione è
necessario chiedersi perché sia apparso moderno. Innanzitutto perché era un elemento costitutivo
della modernità degli abitanti dei paesi industriali e perché le avanguardie non sono riuscite a svilupparsi nel cinema, al contrario
delle altre arti, dove erano sinonimo di modernità. Il cinema non coincide con la modernità, ma la incarna. Il moderno è anche la
storia della percezione della modernità.
Il saggio di Aumont nasce dallo stupore dinnanzi alla distinzione classico/moderno operata dalla critica cinematografica. Il punto di
partenza del saggio è una critica alla periodizzazione, di stampo hegeliano, delle arti applicate al cinema, scomposizione automatica
in primitivismo, classicismo (classicismo hollywoodiano), moderno (la posizione dei Cahiers).
2. Cominciamo dall’inizio
Il cinematografo veniva visto come un’invenzione senza avvenire e se il cinema avesse dovuto dipendere dal giudizio nei suoi
confronti non sarebbe sopravvissuto a lungo se non come pratica del sabato sera, una sorta di prefigurazione della televisione di
massa. Gli veniva infatti rimproverata la sua stupidit à e la mancanza
di spessore culturale e spirituale.
Il cinema veniva visto come ladro e falsificatore: ruba le nostre emozioni e le sostituisce con affetti artificiali, riuscendo a farlo così
bene da farli passare per veri trasformando la nostra vita. Critica non nuova, in quanto ha riguardato qualsiasi tipo di immagine.
Per Kafka il cinema ‘’ci impone la sua inquietudine’’ mentre per Gracq le sue immagini si insinuano nella nostra psiche non
permettendoci di espellerle. Il cinema ci impedisce di vivere, una prima volta durante la proiezione perché ci impedisce di sognare e
avere un’esperienza soggettiva e, una seconda volta, poiché ci impone le sue immagini Prima della Grande Guerra, il Cinema visto
come pratica stupida e pericolosa psichicamente, non veniva preso sul serio.
Il cinema non veniva visto come moderno in seguito all’idea della modernità all’inizio del XX Secolo, diviso tra modernità tecnica e
scientifica da una parte e ideologica ed estetica dall’altra. Il cinema è un’invenzione tecnica, ma dallo scarso interesse scientifico.
3. Dal cinematografo al Cinema
Si passa dal cinematografo al cinema, vera e propria arte moderna.
Il cinema si svincola dal suo carattere superficiale, dalla sua ‘’inutilità’’, in quanto veniva visto come registrazione del presente in vista
della sua trasformazione in passato e dalla ‘’subordinazione’’ all’ideologia simbolista che ha avuto una grande influenza sul cinema
muto. Il simbolismo aveva come obiettivo di tradurre il linguaggio in immagine. L’immagine parla ed esprime quanto il linguaggio.
Nel periodo delle avanguardie storiche, si realizza una modernità avanguardista cinematografica rivolta verso l’estetica, dove viene
offuscata la riflessione politica.
La modernità del cinema degli anni 20 e 30 non è l’immagine ma la velocità, grazie alla fotogenia, che materializza i concetti
dell’ideologia futurista. L’uomo con la macchina da presa di Vertov è il riassunto di questa modernità. Il cinema in questo periodo è
consapevole di vivere in un’epoca moderna e appare come un accompagnamento della vita moderna. Le avanguardie
sono il sintomo dell’adattamento alle condizioni della modernità e oscillavano tra due poli: della politica e dell’estetica. Ad esempio
Vertov con L’uomo con la macchina da presa evidenzia l’idea di un cinedeciframento comunista del mondo sottomesso nel suo
principio. Il suo unico film sopravvissuto, L’uomo con la macchina da presa è un manifesto del cinema, esplicandolo in un’opera
ideologica (il cineoperatore come un operaio) e innesca un meccanismo di metacinema facendo di questo film un manifesto di
cinema.
Il giudizio sulle Avanguardie di questo periodo è stato a lungo negativo, probabilmente a causa delle Avanguardie stesse. Si
rivendicavano come un’arte autonoma e, ad esempio, Dulac non accetta una relazione tra il cinema e le altre arti e si lamentano che
il pubblico non apprezzi e non riceva il loro cinema, facendo del disprezzo della folla un criterio di qualità artistica. Quest’ultima
caratteristica si è perpetrata fino agli anni Cinquanta e Sessanta: se la folla trascura le opera è perché sono troppo in anticipo e
difficili da capire per la massa.
4. Negli Anni Venti
Negli anni venti era ancora possibile la conciliazione tra avanguardie e produzioni di massa. La diffusione del sonoro e il
consolidamento di Hollywood resero solida la situazione del cinema. Gli intellettuali rifiutarono quasi
unanimemente il sonoro e, sotto il pretesto dell’idiozia e affermarono che ‘’in tutti i film di una qualche importanza, il suono e la parola
rimangono servitori dell’immagine’’.
Il film che segna la linea di demarcazione tra il passaggio di un cinema ‘’normalizzato’’ ad un’era ‘’adulta’’ è Quarto Potere di Orson
Welles. Negli anni ’40 troviamo i germi di quel modernismo che Aumont considera come più ‘’autentico’’, una coscienza solo
contemporanea della modernità. Dopo il film di Welles si fabbricheranno prodotti conformi alle regole di Hollywood. Si apre un’altra
possibilità di cinema che permette all’autore di film di essere riconosciuto alla stregua di uno scrittore. Bazin, dichiarò che fare
cinema è uguale al fare letteratura o pensiamo all’idea della CaméraStylo di Astruc, vera e propria rivoluzione, l’idea che il regista
debba usare la camera come uno scrittore usa la penna.
Dopo esser stata rivoluzionata da Welles, Hollywood reagì non dando più la stessa liberta di creazione, imponendo l’idea del
classicismo hollywoodiano, idea inventata dalla critica francese secondo Jacques Aumont.
Ma era possibile parlare di classicismo a proposito di una pratica moderna, come il cinema? Negli anni Venti e Trenta era popolare
perché rispondeva all’arte di vivere un’epoca moderna, al pari del jazz. Secondo alcuni esteti, come Rohmer il cinema aveva il suo
classicismo davanti a sé. Questa visione ha una spiegazione: deriva da una fiducia nel modello hegeliano, secondo il quale ogni arte
deve avere un corso, ovvero primitivismo, apogeo classico, declino e tutte le varie trasformazioni fino ad arrivare al moderno. Ma il
cinema è esulato da questo schema in virtù della sua nascita. Il primitivismo del cinema era in realtà modernità.
5. Questa è dunque la situazione all’indomani della guerra
Nel dopoguerra Quarto Potere sembra aver risolto e superato la questione del primo cinema, trovando un linguaggio proprio. A
partire da questo momento la mano sulla cinepresa ha lo stesso valore della mano sulla penna. Welles trasforma il modo di vedere
l’opera come dominante sulla realtà ma come un gioco che si trasforma in realtà.
Quarto Potere incarna la fine di un primo cinema moderno in apparenza e viene ricevuto come capolavoro della modernità trionfante
del capitalismo e dei media USA. Quarto Potere incarna diversi elementi dell’attitude moderna: la ripresa di un vecchio motivo,
spacciato per nuovo (un film sul giornalismo), l’atteggiamento autoriale, la sperimentazione e la riflessività.
Il cinema degli Anni Trenta è l’età dell’oro degli sceneggiatori con Hollywood che richiama i migliori scrittori americani. Welles anticipò
tutti incarnando atteggiamenti da autore, artista, un’azione estremamente moderna. In un’intervista a Bazin, si presenta come
cineasta della sala di montaggio, luogo dove può esercitare un controllo assoluto sui suoi film e l’originalità e la novità sono la sua
preoccupazione principale. All’interno dei suoi film fonde delle proposte sulle immagini e sul
loro collegamento narrativo ed è cosciente del suo ruolo di Innovatore.
Critici come Astruc e Bazin trovarono in Quarto Potere il passaggio del cinema americano all’età adulta e moderna. Jacques Rivette
ebbe però l’intuizione che questo non fosse ancora accaduto proponendo un altro ambasciatore della modernità: Rossellini,
rappresentante di una modernità estetica che si potrebbe definire effettuale, priva di basi storiche.
L’argomentazione, esplicata nel suo Lettre a Rossellini, si riconduce a tre aspetti:
- La libertà del cineasta, Rossellini non cerca un suo stile ed è inimitabile. Il suo obiettivo non è l’opera ma il messaggio
- L’evidenza sul mondo, il cinema di Rossellini è un cinema di idee mostrate dall’evidenza, i suoi attori non devono recitare
ma essere
- L’anticlassicismo, il cinema di Rossellini prevede un autore dallo sguardo attivo, al contrario del cinema classico dove
l’autore è onnisciente e ‘’non vede niente’’.
L’anticlassicismo è il cuore dell’articolo di Rivette in quanto evidenza come le qualità di Rossellini sono anticlassiche. Rossellini è la
modernità. La modernità, secondo Aumont è emblematica, il cinema è visto come uno specchio del mondo offerto dal
rispecchiamento della coscienza.
La concezione moderna del cinema di Rossellini, al di là di alcuni principi generali come un desiderio di rottura con la tradizione, non
si identifica con una modernità estetica (essa non si definisce mai in seno all’arte, come dice Aumont), ma esalta la coincidenza tra
cinema e vita moderna, concezione moderna del cinema dal punto di vista di una storia dei media e non nel senso di un’arte.
Rossellini infatti ripete che il cinema non è un’arte e che la televisione è più interessante.
L’elemento di maggiore originalità delle opere moderne di Welles e Rossellini risiede nella capacità di coniugare una concezione
storicafilosofica forte del mondo a una ricerca estetica. Nel primo, attraverso una critica linguistica al capitalismo e nel secondo,
nella rilevazione della realtà ottenuta tramite una riscoperta del linguaggio cinematografico, aprendo la strada del modernismo più
‘’autentico’’, quello degli Anni Sessanta.
6. Welles, Rossellini
L’idea di modernità nel 1955 non ha più significato di essere una novità, ma di aderire al contemporaneo, ricalcando su un modello
del passato.
In questo periodo, si assiste ad un rivoluzione nell’ambito dell’arte moderna, con il polo artistico che si sposta da Parigi a New York.
Di questa ‘’rivoluzio