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CESARE PAVESE (1908-1950)
Nasce a Santo Stefano Belbo ma vive poi a Torino. Tornava in campagna d’estate. Ha difficoltà nel vivere
incittà, vagheggia la vita di campagna come rifugio per abbandonarsi all’evasione e alla fantasticheria.
A 8 anni perde il padre , e la madre non riuscirà mai a renderlo meno timido, introverso e insicuro. Questa
sua fragilità psicologica lo porta ad un forte difficoltà ad imparare il MESTIERE DI VIVERE.
A Torino frequenta il liceo classico dove gli insegna Augusto Monti, antifascista e narratore. Si laurea in
lettere con una tesi sulla poesia americana. È infatti affascinato dall’americanismo come anche Vittorini.
Inizia poi a scrivere poesie in cerca di uno stile personale, su una donna dalla voce rauca, probabilmente
l’attrice di cui si innamorò.
Nel 1935 vengono trovate lettere politicamente compromettenti che la sua donna aveva scritto e per cui lui
faceva da intermediario. Viene quindi arrestato e condannato al confino in un paese della Calabria, dove
tiene un diario, il MESTIERE DI VIVERE, in cui si coglie il travaglio interiore del poeta e che sarà pubblicato
post-morte.
L’anno dopo si dedica alla prosa per esprimere meglio la sua visione del reale e le sue problematiche
interiori. (scrive PAESI TUOI e LAVORARE STANCA) Soffre molto per l’incapacità di partecipare alla lotta
politica partigiana. Si ritira a Casale Monferrato dove scrive LA CASA IN COLLINA. Nel 1945 si iscrive al
Partito Comunista e collabora all’Unità.
Nel 1950 si suicida.
PENSIERO E POETICA
Il pensiero Pavesiano si basa su una serie di contrasti quali città-campagna, infanzia-vita adulta,
superstizione-realtà, volontà di partecipare alla vita politica-incapacità di farlo. La poetica si basa sul
ricorrere del MITO: ciò che si vive da piccolo a cui si ritorna con la memoria, e da cui si fa poesia (come le
Rimembranze di Leopardi). Il linguaggio è dunque metaforico.
Per quanto riguarda lo STILE, si rifà alla letteratura americana. È spoglio e raffinato, simile al parlato, molto
reale, talvolta dialettale e sempre musicale.
LAVORARE STANCA (1936)
Raccolta di 45 poesie proibite dalla censura fascista. Rappresentano il suo bisogno di oggettività, quindi la
necessità della narrazione, in contrapposizione all’ermetismo e alla ricerca della purezza. Vi è sobrietà,
ritmo particolare e nuovo caratterizzato dal verso lungo e narrativo. Esprime l’IO del poeta stesso. I temi
sono costituiti dalle contrapposizioni che si ritrovano anche nei romanzi, a cui si aggiungono ozio-lavoro e
uomo-donna.
VERRA’ LA MORTE E AVRA’ I TUOI OCCHI (1951)
Sulla desolazione e il fallimento, il pensiero della morte, il suicidio. La vita risulta essere attesa della morte
e la morte vizio della vita.
PAESI TUOI
Talino uscito dal carcere si reca col compagno presso il paese di campagna di quest’ultimo, dove vive con
la sua famiglia, grezza e animalesca, in cui l’unica eccezione è costituita dalla figlia, che viene ad un certo
punto uccisa dal fratello per gelosia nei confronti di Talino stesso. Il lavoro nei campi riprende pressochè
indisturbato. È l’immagine, il mito delle Langhe come un ambiente primitivo, selvaggio, di fuoco e di
sangue.