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L'era Meiji e l'espansione imperialista del Giappone
Il Giappone durante l'era Meiji diventava una grande potenza militare e iniziava a dedicarsi a una politica imperialista, in parte per la volontà di imitare gli occidentali. Il governo zarista di Nicola II aveva nel suo mirino la Manciuria, regione cinese confinante con l'estremo lembo nord-orientale del suo territorio. I giapponesi si rivolsero allora alla potenza che da sempre lavorava contro la Russia, la Gran Bretagna. Fu siglato un trattato di alleanza nel 1902. Due anni più tardi scoppiò la guerra Russo Giapponese. Cominciò nel gennaio 1904 con l'attacco giapponese alla flotta russa in estremo Oriente; proseguì con numerosi combattimenti in Manciuria e finì con la resa della Russia nel 1905. In Russia, dopo la sconfitta, iniziò a nascere un malcontento tra la popolazione. Il 22 gennaio un'enorme manifestazione di protesta a San Pietroburgo fu ferocemente repressa dalle autorità. Le masse popolari urbane guardarono.soprattutto a bolscevichi e menscevichi, e si organizzarono in assemblee cittadine che presero come nome: i Soviet. Nel maggio la flotta russa del Baltico, che si era spostata verso i teatri di guerra dell'estremo Oriente, fu affrontata dai giapponesi e clamorosamente battuta nella battaglia navale di Tsushima. La protesta popolare si radicalizzò ulteriormente e il governo zarista fu indotto a porre fine alla guerra, con il trattato di Portsmouth, nel settembre del 1905. Nel contempo lo zar decise di concedere una Costituzione, istituendo un parlamento, denominato Duma. Alla fine dell'anno, recuperata un po' di autorità, ritornò sui suoi passi, puntando sulla repressione. I rivoluzionari finirono in prigioni o deportati. Nel 1906/1907 i poteri della Duma furono ristretti. Divenne chiaro dopo la guerra russo-giapponese che l'occidente poteva essere sconfitto. Rivoluzione nell'Impero ottomano e in Vietnam. Nell'Impero Ottomano l'iniziativa.La rivoluzione dei Giovani Turchi prese il potere nel 1908, con l'intento di costringere il sultano alle riforme necessarie a modernizzare il paese e a rendere operative le istituzioni rappresentative previste dalla costituzione del 1876. A Istanbul si riunì un parlamento, nel quale erano rappresentate tutte le nazionalità e i gruppi religiosi dell'impero. Tuttavia, il nuovo corso, molto liberale, stava orientando verso una linea di rigido nazionalismo turco. Per un meccanismo di azione e reazione, si costituì nel 1909 a Parigi il primo movimento nazionalista arabo: la "Società della giovane nazione araba", che si limitò a domandare i diritti politici.
In Vietnam, nella cultura della borghesia rurale del paese, albergava un tradizionale patriottismo. Si iniziò a mettere in discussione chi si piegava agli occidentali. In particolare si criticava l'imperatore, accusato di essere ridotto a loro "fantoccio".
Il 1905
Divenne così il punto di partenza per processi di una nuova azione politica in senso nazionalista.
Il Messico
Sul finire dell'800 in Messico c'era stata una certa industrializzazione, soprattutto grazie all'intervento di capitali statunitensi, che permise la nascita di un ceto medio urbano. I grandi proprietari terrieri avevano sistematicamente recintato le terre, privando il popolo dei suoi tradizionali diritti sulle Terre Comuni, colpendo in particolare le comunità indigene. Era così cresciuta la ricchezza di una ristretta oligarchia, mentre erano peggiorate le condizioni delle masse contadine.
Dal punto di vista politico durava ancora il regime di Porfirio Diaz, che esercitava un potere incontrastato sin dal 1876. Si era mosso in una modernizzazione, che prevedeva la creazione di infrastrutture: un sistema bancario efficace, reti telegrafiche e ferroviarie. Il suo regime in realtà era una dittatura, che applicava la repressione del dissenso sociale.
politico.Contro Diaz si schierò, intorno al 1910, Francisco Madero, il quale promosse una sollevazione Popolare. Allatesta di un esercito, reclutato nelle varie periferie del grande paese, egli marciò sulla capitale destituendoDiaz nel 1911.
Un altro grande leader del Movimento Guerriero fu Emiliano Zapata. Nel suo viaggio, aveva fatto parte delcomitato, che si opponeva alle pretese dei proprietari e a lui era stata affidata la custodia dei documenti,che comprovavano gli antichi diritti di proprietà degli indios, suoi antenati, sulle terre circostanti.
La realtà si dimostrò però più complicata. Madero fu destituito e assassinato nel 1913 da elementiconservatori. In seguito Zapata e Villa (altro importante esponente del movimento guerriero) ripresero learmi e vinsero e furono vinti. La rivoluzione contadina dimostrò di non riuscire a governare uno Statomoderno. Nel 1921 la popolazione messicana contava poco più di 14 milioni
di persone, cioè quasi un milione in meno degli abitanti del 1911. Tanti morti e tra loro anche Zapata e Villa.
Il versante occidentale e le conquiste balcaniche
Il 1907 vide, in contrapposizione alla “Triplice Alleanza”, la stipula di un altro patto, “La Triplice Intesa”, tra inglesi, francesi e russi.
Due erano le aree permanenti di conflitto l'Alsazia, la Lorena e la penisola balcanica.
Molto dinamica era la situazione nei Balcani; con l'impero Ottomano in bilico, tutte le potenze erano pronte alla conquista.
Nella questione balcanica, dopo il congresso di Berlino 1878, era cresciuto il ruolo da protagonista dell'impero asburgico che si era insediato in Bosnia.
Nel 1903, il re di Serbia decise di abbandonare la politica di buon vicinato col suo potente vicino settentrionale, per l'appunto l'Austria-Ungheria, contando sul sostegno Russo.
La Russia appoggiò il disegno della grande Serbia: riunire in un unico stato le genti di
nazionalità serbasparse nei diversi territori Balcani, particolarmente in Bosnia. C'era scontentezza per la soluzione austro-ungarica adottata nel 1867. L'idea nazionalista assumeva qui una forma precisamente jugoslava: tendente cioè a riunire gli slavi del sud in un unico Stato. Intorno al 1906 il ministro degli Esteri asburgico, Alois Lexa Von Aehrenthal, pensò a una risposta che forse sarebbe stata quella giusta: riformare l'impero fino a dargli forma federale e ritagliare lo spazio necessario per la nascita di un terzo stato, questa volta slavo, federato con gli altri due. Lo stesso erede al trono, Francesco Ferdinando d'Asburgo, era favorevole ad una soluzione di questo genere. L'élite dirigente preferì imboccare la strada della sfida ai serbi e ai russi. Fu presa così la decisione di inglobare in via definitiva nell'Impero, la Bosnia, in violazione alle decisioni del Congresso di Berlino, che avevano affidato
all'Austria solo il protettorato sulla regione. Era il 1908, il meccanismo della crisi balcanica si riavviò con la partecipazione sia delle potenze regionali che delle grandi potenze. La visione della Guerra come terapia. Per quanto riguarda la guerra parliamo di sistemi di potere, ma anche di valori e codici morali. Da un lato, c'era un mondo con cultura tradizionale, che aveva come suo rappresentante il Capo di Stato Maggiore austriaco. Questi, all'inizio del ventesimo secolo. Definì la guerra come la medicina giusta per curare l'evidente decadenza della cultura moderna. Dall'altro lato, c'era la modernità. Alla fine del 1914 un intellettuale borghese, il poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti, disse: "La guerra non può morire, poiché è una legge della vita". Quindi possiamo inquadrare il suo bellicismo nel quadro di quelle patologie dell'idea di modernità. L'Italia. L'annessione della.Bosnia all'Austria-Ungheria nel 1808 destò l'irritazione dell'Italia. L'Italia e l'Austria-Ungheria avevano buone ragioni per coltivare l'amicizia con la Germania, ma avevano anche più antiche ragioni di inimicizia tra di loro. In particolare restavano sul tavolo, appoggiate dal movimento irredentista, quelle delle popolazioni di lingua italiana di Trento, di Trieste e dell'Istria, rimaste sotto la sovranità asburgica. Il termine "irredentista", para-religioso, è indicativo della radicalità dei sentimenti patriottici in questione. Però, se pianificatori della politica estera del paese non potevano sostenere ufficialmente la linea irredentista, molti esponenti della classe dirigente la condividevano sul piano dei valori. Il governo italiano cominciò ad emanciparsi nel 1902. Non mancavano gli irredentisti italiani anche in territorio asburgico, tra i quali Cesare Battisti. Egli si batté per i.Diritti dei lavoratori, per l'autonomia della sua regione all'interno dell'impero e perché fosse consentita l'attività di istituti universitari in lingua italiana. Peraltro, in quei primi anni del 900, che vedevano l'Italia modernizzarsi e industrializzarsi, un ceto intellettuale nuovo, composto da giornalisti, artisti e poeti, stava elaborando una nuova retorica nazionalista. Grande successo aveva, su questo fronte, il poeta Gabriele D'Annunzio. Questo orientamento dell'opinione pubblica assunse veste propriamente politica nel 1910 con la fondazione dell'associazione nazionalista italiana detta "ANI", che predicava:
- L'espansione coloniale
- Il rafforzamento dell'esercito e della flotta, ergendosi come rappresentante degli interessi dell'Industria bellica
- La restaurazione dell'autorità della monarchia e del governo
- La lotta contro il socialismo antinazionale e anche contro la democrazia
liberale. L'ANI era quindi schierato contro Giolitti. Sia la guerra che la rivoluzione rappresentavano manifestazioni di una gioventù ricca di vitalità e virilità: solo un popolo in grado di fare una sarebbe stato capace di fare anche l'altra. Nel frattempo si avvicinava la riforma elettorale che, finalmente, avrebbe introdotto anche in Italia il suffragio universale maschile. Con la legge del 1912 il diritto di voto viene esteso a tutti i cittadini maschi di età maggiore di 30 anni, "senza alcuna restrizione"; i cittadini maschi maggiorenni rimanevano elettori con le restrizioni precedentemente in vigore. Giolitti cercò sostegno tra i cattolici moderati e la gerarchia ecclesiastica gli diede una mano, consentendo ai fedeli di votare alcuni candidati liberali a lui legati. Dopo complesse trattative, passate alla storia come "Patto Gentiloni", cattolici e liberali avrebbero fatto convergere i loro voti su un candidato comune,
nel caso ci fosse stato il pericolo di vedere eletto un socialista.Nel 1911/1912 l'Italia dichiarò guerra all'impero Ottomano, con l'intento di sottrargli la Libia. In Cirenaica la popolazione era in maggioranza di etnia araba e di religione musulmana.