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Dora chiede alla madre dove fosse la scatola. Dora riferisce inoltre, che l’album le era
stato regalato da un giovane forse avrebbe voluto chiederla in sposa. Associando
ancora, Dora ricorda di una visita a suo cugino a Dresda; qui voleva visitare la celebre
pinacoteca e il cugino si era offerto di farle da guida, ma lei era andata da sola. Aveva
ammirato la sistina per due ore, interessandosi alla Madonna. Per quanto riguarda la
parte del sogno in cui Dora dice di aver domandato un centinaio di volte, la paziente
ricorda che la sera prima il padre aveva chiesto un cognac a lei, ma non trovando la
chiave della dispensa, si era rivolta alla madre più di una volta e questa distratta non
le aveva risposto. Alla fine spazientita, aveva ripetuto la domanda aggiungendo: sono
cento volte che ti chiedo dov’è la chiave.
Freud osserva che la domanda dov’è la chiave è il corrispettivo maschile dov’è la
scatola. Si tratta di domande relative ai genitali. Proseguendo nell’analisi, scopre che il
contenuto della lettera, che descrive la morte del padre, rappresentava una fantasia di
vendetta nei suoi confronti. Le associazione della paziente portano alla scena del lago.
Dopo l’incidente con il signor K, la paziente voleva ritornare a L. a piedi e aveva
chiesto a un uomo quanto avrebbe dovuto camminare. La risposta era stata due ore e
mezzo. Il bosco del sogno le ricorda che il giorno prima aveva visto un quadro
dell’esposizione dei secessionisti in cui era raffigurata una fitta foresta nel cui sfondo
si trovavano delle ninfe. A questo punto, Freud ha la certezza di una sua ipotesi e cioè
che la stazione e cimitero indicassero i genitali. Nel sogno, infatti, compare il termine
vestibolo che in anatomia indica una parte del genitale femminile e ora Dora, nel
processo di associazione, usava un altro termine e cioè ninfe, termine poco usato dagli
stessi medici. Quindi la conoscenza di questi termini stava a indicare una lettura di
testi d’anatomia. Freud interpreta che nel sogno si nascondeva una fantasia di
deflorazione. A questo punto Dora ricorda un frammento del sogno dimenticato: va in
camera sua e inizia a leggere un grosso libro che sta sullo scrittoio. La paziente
continuando ad associare, ricorda che quando una volta un cugino si ammalò di
appendicite, lei aveva consultato un dizionario per informarsi sulla malattia. Da questo
particolare si arriva a un sintomo isterico di cui Dora aveva sofferto, un’appendicite
presunte, non diagnosticata come tale da Freud in un primo momento, in quanto
mancavano, allora, gli elementi necessari per una tale interpretazione. Infatti, quando
chiede a Dora quanto tempo dopo la scena del lago si era presentato l’attacco di
appendicite, la paziente risponde: nove mesi dopo. A questo punto non fu difficile
dimostrare, una fantasia di parto nella paziente, stimolata dalla sua esperienza con il
signor K al lago. Freud prosegue dicendo che se Dora ha partorito nove mesi dopo la
scena del lago e ha sopportato le conseguenze del suo passo falso (la paziente
zoppicava), vuol dire che nell’inconscio lei ha disapprovato l’esito della scena, e lo ha
corretto. La premessa della fantasia del parto è che è successo qualcosa, e ciò indica
l’amore per il signor K. Freud si dichiara soddisfatto della sua interpretazione ma Dora
risponde con ostilità: dove sarebbero questi gran risultati?. In questa risposta si cela il
proposito di Dora di interrompere il trattamento, agendo la fantasia di vendetta, già
rivolta verso il padre nel sogno, questa volta nei confronti di Freud, vissuto come figura
paterna per effetto del trasfert.
Nella seduta successiva Dora comunica la volontà di interrompere il trattamento e
Freud si accorge del desiderio di vendetta celato.
Nel poscritto, Freud dà un’interpretazione del caso e dei motivi che hanno determinato
l’interruzione del trattamento. Affrontando il tema della traslazione e il difetto della
tecnica che ha determinato l’interruzione del trattamento cioè il non rendersi padrone
della traslazione. Freud prosegue che nel primo sogno era già implicito il proposito di
abbandonare la cura come, a suo tempo, la casa dei K; per questo fatto, avrebbe
dovuto chiamare l’attenzione di Dora sulla traslazione che ella stava operando su di
lui, chiedendole se aveva pensato qualcosa sulla sua persona, sui connotati della
relazione che stava vivendo con il suo medico, ma Freud non se ne rese conto e così
Freud le ricordava il signor K, e la paziente si vendicò su di lui come avrebbe voluto
vendicarsi su K e lo lasciò come lui aveva lasciato lei. In questo modo lei mise in atto i
ricordi e le fantasie e non li riprodusse invece nella cura.
Dopo un paio di anni, Dora si presentò a Freud dicendogli che era perfettamente
guarita infatti aveva rinfacciato tutto al padre e ai K.
Analisi della fobia di una bambino di cinque anni. (Caso clinico del piccolo
Hans). 1908.
Questo caso rappresenta il primo caso di psicoanalisi infantile e anche una prima
seduta di terapia familiare. Questo trattamento è stato condotto dal padre di Hans,
medico e seguace di Freud. Freud stesso sottolinea l’importanza del fatto che la figura
di medico e di terapeuta coincidi per il trattamento di una nevrosi infantile. Freud
interverrà solo una volta direttamente con Hans.
Il piccolo Hans già dall’età di tre anni mostrava grande interesse per la genitalità sua e
dei genitori ed egli non distingue tra maschi e femmine. In questo momento Hans si
trova in piena fase fallica e ha un tipico sviluppo sessuale. Nella vita di Hans accade
un evento importante, nasce la sorellina Hanna, e per questo il letto di Hans viene
trasferito nella stanza accanto. Inizia a provare una forte gelosia che dopo circa sei
mesi è superata e diventa tenero nei suoi confronti. Hans supera la propria gelosia
percependosi superiore. L’interesse per il suo genitale ispira ad Hans un gioco
particolare: adibisce uno stanzino come luogo dove far finta di fare pipì. Hans non va
in bagno a fare questo gioco, perché nello stanzino nessuno può interromperlo e
inoltre può evitare la punizione. In questa fase ancora Hans non ha sviluppato la scelta
dell’oggetto pulsionale: è attratto dalla mamma, dal papà, dalle figlie degli amici del
papà e dal cuginetto. Questo non viene considerato da Freud perversione perché Hans
è ancora troppo piccolo ed entra nella fase del conflitto edipico. A un certo punto Hans
sogna che qualcuno gli faccia fare pipì, questo è il segno che il suo Io inizia a essere
coeso. Infatti: l’es di Hans dice voglio che ti tocchi il genitale, il Super- Io gli risponde
no perché la mamma ha detto che non si fa, l’Io allora gli fa sognare la soluzione:
qualcuno gli fa fare pipì. Durante le passeggiate fuori è il padre che fa fare la pipì ad
Hans e ciò contribuisce alla fissazione dell’inclinazione omosessuale su di lui. Qui ci si
trova di fronte a un conflitto edipico completo. Hans comincia a manifestare i primi
sintomi: depressione notturno. Il padre di Hans ritiene che la causa di ciò sia
l’eccessiva tenerezza della madre che genera in lui una spinta erotica troppo potente e
che di conseguenza non è in grado di gestire. Pian piano questa angoscia si trasforma
in fobia, infatti il padre riferisce che Hans è terrorizzato dall’idea di essere morso da un
cavallo nel genitale. Il padre sostiene che tale paura risieda nell’idea che Hans abbia
una paura eccessiva di un pene più grande del suo. Così Hans non può reggere il
confronto con quello del padre e né con quello del cavallo: il pene del cavallo diviene il
suo oggetto persecutorio. I genitori di Hans collegano l’angoscia di Hans per i cavallo a
un sovreccitamento sessuale causato dalla tenerezza della madre e dai momenti di
masturbazione serale. Finché ci sono altri oggetti pulsionali, nelle gite fuori Vienna,
Hans riesce a gestire la spinta pulsionale. Quando invece torna a casa a Vienna, Hans
è sopraffatto dall’energia pulsionale che è diretta solo verso la madre, che non può
soddisfare le sue pulsioni. Hans a 5 anni non vuole più uscire di casa e comincia ad
avere paura di tutti gli animali grossi, per lo stesso motivo. Questa paura sottendeva
un conflitto tra le sue pulsioni ostili nei confronti del padre e le esigenze dell’Io che
disapprovavano le pretese istintuali. Inoltre il bambino manifestava la paura di essere
punito dal padre per questi vissuti ostili. Il suo conflitto edipico non risolto gli faceva
vivere un’intensa angoscia di castrazione che non si manifestava come tale, ma per
effetto della rimozione, come fobia di essere morso dai cavalli. Il bambino aveva nei
confronti del padre anche sentimenti di affetto, egli così sperava di superare questa
ambivalenza attraverso il meccanismo dello spostamento e quindi continuare ad
amare il padre e nel contempo odiarlo nella figura del cavallo. Il bambino era riuscito
ad proiettare i suoi sentimenti ostili sul padre, ma temeva una punizione da parte sua.
Per comprendere la dinamica della fobia è importante comprendere il processo di
identificazione: il piccolo Hans si identifica con il cavallo illudendosi in questo modo di
diventare potente; l’identificazione comporta anche l’introiezione del personaggio nei
suoi aspetti negative e quindi il bambino avverte ancora di più il suo senso di
inferiorità e di debolezza nei confronti dell’adulto. La reazione fobica risiede nel fatto
che il processo edipico non è stato risolto e fino a quando ciò non avviene, la
conseguenza dell’ostilità inconscia nei confronti del genitore dello stesso sesso porta il
timore di subire una ferita ai genitali. Il superamento del complesso edipico e il
rafforzamento dell’Io, consentono di superare le sue fobie. A un certo punto del suo
sviluppo, il bambino si identifica con il padre, introietta le sue norme, e tra queste il
divieto di incesto, superando in questo modo il timore di essere castrato dal padre.
Parallelamente l’Io del bambino si rafforza, maturando così la capacità di confrontarsi
con i suoi impulsi senza il timore di esserne sopraffatto.
Quando Hans ha 18 anni si ripresenta nello studio di Freud e afferma di aver superato
senza difficoltà il momento della pubertà e altri avvenimenti traumatici della sua vita,
come il divorzio dei genitori.
Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva (caso clinico dell’uomo dei
topi).
Questo caso venne pubblicato da Freud nel 1908 e riguarda un giovane avvocato
trentenne affetto da nevrosi ossessiva. Il ragazzo aveva da sempre sofferto di
ossessioni da bambino ma la situazione gli era sfuggita di mano quando durante il
servizio militare aveva