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ANALISI DI UN’ARCHITETTURA
Basamento (rapporto con la terra). Ogni architettura ha uno specifico rapporto con il suolo su cui si fonda e si appoggia.
Questo si presenta topograficamente accidentato e quasi mai piano ma prevalentemente inclinato. Lo scopo
dell’architettura è di mettere il terreno in piano perché in essa servono spazi orizzontali. Questa condizione impone la
costituzione di una parte basamentale che crea un rapporto tra spazio topografico e architettura. Un esempio classico lo si
può prendere dai greci e dal loro Partenone che presenta un basamento costituito da uno stilobate. Nel caso di Palazzo
Medici di Michelozzo, il basamento interpreta il tema del rapporto col suolo ed è costituito dall’intero piano terra per cui gli
elementi più pesanti e massivi si trovano a terra insieme agli eccessi che si distinguono dal sistema di finestrature dei piani
superiori. Nella Ville Savoye il basamento è costituito dai pilotis circolari, dalla grande vetrata e alcuni muri. Il grande
impianto basamentale risulta perciò costituito da diversi elementi tutti che dialogano differentemente col giardino. Il
basamento dell’Unitè d’habitation è costituito da pilotis a forma trapezoidale orientati in due sensi differenti. La Farnsworth
House di Mies van der Rohe ha un basamento costituito da una soletta sollevata e vetrate ed è collegata alla copertura da
dei pilastri che rimangono sporgenti rispetto alla sagoma laterale e non arrivano al culmine della copertura. C’è quindi una
ragione compositiva importante con la volontà di distaccare e evidenziare ogni singolo elemento.
Sezione generatrice. Ha due ruoli fondamentali, ossia stabilire la regola e l’eccezione. Ad esempio nel Pantheon la sezione
trasversale rende evidente la regola compositiva della parte centrale, mentre la sezione longitudinale seziona anche
l’ingresso perciò l’eccezione.
Diaframma separatore (prospetto). Il diaframma si rifà al piano e quindi alla matrice geometrica e logica e introduce principi
d’ordine.
Coronamento (rapporto con il cielo). Il coronamento della Ville Savoye è costituito dal tetto giardino e da coronamenti a vela
che chiudono la composizione e la distinguono dal suo orizzonte.
Piano ordinatore (pianta). L’acropoli di Atene ha una distribuzione per lo più libera ma segue un asse principale che si
aggancia al perimetro. Il palazzo di Diocleziano e i villaggi hanno entrambe come strategie ordinatrici la disposizione degli
elementi sull’intorno ma, il primo è costituito da un quadrato e l’accessibilità è vincolata da un cardo e un decumano e lo
scopo è occupare il centro, mentre i secondi lo fanno per liberare il centro e l’accesso è libero anche se vi è un ingresso
privilegiato. Le architetture fortificate hanno una strategia ordinativa dotata sia di una occupazione al centro che di una
distribuzione sul perimetro, queste creano un grande vuoto che fa da difesa e serve per ospitare persone. In tutti risulta
comunque molto chiaro il valore ordinativo del piano. Le Corbusier disse che la pianta è tutto e concettualmente viene
ripreso lo stesso discorso per i volumi. Questa non è una contraddizione perché la pianta è tutto se l’ordine che cerchiamo è
l’ordine della composizione generale. La regola compositiva dell’Unitè d’habitation è la ritmica/scansione data da abitazioni
e scale interne ad esse. Si tratta di una ritmica quasi ossessiva ma che mette in evidenza le parti eccezionali, ossia,
l’interruzione del ritmo con e senza soluzione di continuità, sistema di distribuzione, corridoio e setti.
LEZ.4 NOZIONE DI CARATTERE
Nelle immagini e narrazioni del libro di Adrian Forty si parla della forte ambiguità tra tipo e carattere.
Tipo deriva dal greco typus, propriamente percossa, colpo e impressione visibile fatta in un oggetto percuotendolo o
premendo. Impronta per fare altre impronte. Fig. modello originario/esempio, ossia timbro/cifra distintiva. Fig. carattere
distintivo di una razza, di una specie, di una persona ma non si tratta di una carattere qualunque. In modo speciale pezzo di
metallo, che porta in rilievo un segno o lettera per la stampa (litografia). Va da uno a molti.
Carattere deriva dal greco charakter, impronta, e dal verbo charasso, imprimere, scolpire, incidere. In antico significò
qualunque segno, nota, marchio o impronta stampata, incisa o altrimenti impressa, mediante cui si ottenga distinguere cose
da cose. Va da molti a uno. Ora i moderni l’hanno estesa a denotare le lettere dell’alfabeto. E metaforicamente anche il
complesso delle qualità morali che distinguono una persona.
Quando parliamo di caratteri non possiamo sfuggire alla questione tipologica e quando ci occupiamo di tipo non possiamo
ignorare la nozione di carattere. Esempio tabella di tipo di scrittura cinese in cui sono impressi i caratteri.
Il giardino del botanico Mendel è importante perché non vi è cosa più importante nella nostra cultura quando parliamo di
carattere. Ad egli si deve la genealogia di conoscenze che deriva dal riconoscimento del carattere in botanica studiato con
riferimenti e tabelle che hanno una matrice sistematica di ordine. Tutto quello che viene posto ad analisi e schedato deve
prima essere rappresentato e ne va riconosciuto il carattere tramite di elementi che compongono l’oggetto e lo qualificano
nella possibile interpretazione di tipi.
Si nota una straordinaria ambiguità di senso tra principio scientifico/immanenza de concetto di tipo e il principio
fenomenologico che rende inevitabile il rapporto col carattere. Forty ci dice che tutto il 1900 è stato attraversato da un
desiderio di eliminare nel dibattito architettonico qualunque riferimento al carattere. Secondo Rowe l’architettura si spiega in
se stessa come fatto fisico e questo prescinde dalle impressione che l’esperienza induce. Se cerchiamo di capire gli elementi
che si frappongono tra la realtà delle cose/l’immanenza dell’architettura e il suo modo di interpretarla ci si perde su una
cattiva strada. Rowe dice che il carattere è così ambiguo che disturba la nostra capacità di comprendere l’architettura in sé
tanto da dover essere tralasciato. Forty fa riferimento allora a Christian Norberg Shulz che fa gli stessi studi di Rowe ma dice
l’opposto. Egli scrive un libro che si intitola “esistenza spazio e architettura” tutto dedicato al ruolo della fenomenologia
dell’architettura e dice che l’architettura non può prescindere dalla questione di carattere. Egli dice che l’architettura è un
fenomeno e in quanto tale imprime delle impressioni, su chi le percepisce, le quali possono essere classificate solo
ricorrendo all’amplissima e duttile gamma del carattere. Il tema del carattere va ricercato nel profondo come fa Daubor
Vesely (1934-2015) che è un critico cieco a cui progressivamente viene riconosciuta la sua importanza nel dibattito
architettonico. Egli sposando le tesi di Rowe secondo cui il carattere è un elemento di disturbo nella comprensione
dell’architettura, aggiunge che esso è allo stesso tempo imprescindibile e ineliminabile perché fa riferimento al modo in cui
percepiamo l’architettura. Bisogna perciò accettare l’ambiguità di fondo tra aspetto immanente e percettivo perché non si
può sfuggire da questa trappola concettuale.
Forty dice che il concetto di carattere è un concetto insorgente e spunta nel dibattito architettonico ad un certo punto
mentre prima sta sotto altre spoglie o non è importante sapere se sta sotto altre spoglie perché è chiaro il momento in cui
quel concetto emerge. Questo momento lo fa risalire all’opera di due trattatisti che scrivono “tratè de la decoration,
distribution e constructiones des batiments”. In questo trattato si descrivono un certo numero di generi e un certo numero
di caratteri che si adattano all’architettura e dice che l’architettura può essere interpretata come maschile o femminile che
sono due caratteri distintivi che occupano il mondo del progetto secondo un tratto psicologico e psicosomatico. Viene
usato il disegno in modo fortemente simbolico cercando di far sposare, in modo fisiognomico, le modanature con visi
differenti.
Tra i campioni di questa stagione definita “dell’architettura che parla” vi è Claude Nicolas Ledoux che produce progetti
visionari quali la casa del guardiano delle acque. Vi è una relazione diretta tra tipo e carattere e ne riconosce i limiti. La si
potrebbe confrontare con la casa sulla cascata di Wright con la differenza, entrando nella questione di carattere, che nel
primo caso il guardiano delle acque ce lo possiamo immaginare mentre non riusciremmo mai a personificare il committente
della casa sulla cascata. Per l’architettura parlante è fondamentale rappresentare la funzione ed è proprio questo che fa
capire che non si può sfuggire al concetto di carattere perché se sfuggissimo perderemmo tutte le opportunità che la
rappresentazione ci da e queste opportunità possono essere ambigue. L’architettura è una pratica e in quanto tale può
essere sia artistica che scientifica.
Il cenotafio di Newton di Boullè rappresenta e monumentalizza invece il carattere di un’epoca storica, ossia l’illuminismo,
dove fondamentale è la scienza. Questo edificio è un mausoleo e un monumento.
È subentrata poi la questione del luogo, e se non fosse per ciò il dibattito sul carattere si sarebbe arenato, e spopola in
paesaggismo anglosassone ovvero quegli architetti che, pur riferendosi alla costruzione di edifici, intendono fondamentale il
rapporto col paesaggio. Un esempio di questi è l’autore di libri senza titolo detti “red book”. Questi sono illustrati con grande
abilità rappresentativa e sono libri destinati alla committenza e a creare lavoro agli architetti. Troviamo la rappresentazione
dello stato di fatto dei luoghi e poi la loro trasformazione dopo l’intervento progettuale. I luogo/paesaggio subentra così nel
dibattito architettonico portando con sé il carattere che lo contraddistingue.
Questa questione legata al paesaggio ha un grande esponente secondo Forty che fa un’unione tra l’architettura parlante
francese e l’architettura paesaggista britannica, e lo fa progettando la propria casa. Riprende l’architettura francese facendo
trasparire l’abitante della casa che è un archeologo facendo trasparire un linguaggio classico e riprende l’architettura
britannica usando la luce che è un fattore ambientale per scolpire gli spazi creando chiaroscuri.
Il passo successivo che compie Forty per narrarci l’apoteosi del termine carattere è introdurre il pensiero di Goethe che
afferma che l’architettura por