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V

Coms fo de Róma e ac ta gran valór Conte fu di Roma ed ebbe grande

aprob [leggi aprò] Mallió lo rei emperadór considerazione

el era·l méler [leggi mejer] de tota la onór, da parte di Manlio, il re imperatore

de tot l’empèri·l teníen per senór [leggi egli era il migliore di tutto il principato,

segnor]. di tutto l’impero, lo ritenevano un signore.

Mas [leggi ma] d’una cáusa nom avia Ma per una cosa aveva rinomanza più

genzór: nobile:

de sapiència [leggi sapiensia] l’apellavan di sapienza lo chiamavano dottore.

doctór

Già a una prima lettura vengono fuori diversi elementi che diversificano la lingua di testo, cioè

l’occitanico-provenzale, dal francese. Nell’ambito gallo-romanzo, cioè nell’area che i Romani

chiamavano Gallia, si sono venute a creare tre lingue romanze diverse dal latino: il francese, il

provenzale e il franco-provenzale, che ha alcuni elementi dell’una e dell’altra, che si è sviluppata in

un’area più ristretta corrispondente all’attuale Borgogna, a ridosso delle Alpi e della Svizzera.

Le due lingue principali sono il francese, di cui abbiamo letto i Giuramenti di Strasburgo, e che ha

avuto poi una fioritura letteraria grandissima, con gli autori e i testi più importanti della letteratura

europea, prima dei grandi autori fra i quali menzioniamo anche Dante e Petrarca.

A sud, abbiamo la lingua provenzale e il Boecis è il primo testo in questa lingua, ma la fama

della letteratura in lingua provenzale è più legata alla grande fioritura della poesia lirica, quella dei

trovatori provenzali.

« fo » : dal lat. fuit, ‘fu’.

« Roma » : il mantenimento della A finale è un elemento di differenza del provenzale dal francese.

In francese, infatti, sarebbe Rome, con la E evanescente.

« ac » : dal lat. habuit, ‘ebbe’, perfetto forte, così detto perché ha l’accento tema. La sequenza che

porta a questa forma da habuit è spiegabile in termini fonetici.

HABUIT > AVU > AW : la H iniziale, che nel latino classico aveva un valore di aspirata, si perde

molto presto; la vocale finale I cade, così come la consonante sonora T; la consonante labiale

sonora intervocalica B subisce un processo di lenizione e passa a consonante labio-dentale

sonora V. La V unita alla U viene trattata come una doppia V germanica, che per esempio da

werra ha dato guerra. La W si risolve in una velare sonora, che si pronuncia prima /ag/ e poi /ac/.

Per questa forma abbiamo quindi un’evoluzione fonetica che è comprensibile e spiegabile grado

per grado. In questo testo troveremo altri perfetti forti con la desinenza in –C, in velare; ebbene,

questi altri perfetti non avranno una sequenza fonetica logica come nel caso di habuit > ac, ma —

ed è una classe numerosa nell’ambito del provenzale — saranno dei perfetti forti analogici, basati

cioè sui perfetti forti che hanno un’evoluzione fonetica regolare.

« ta » : dal lat. tantum, ‘tanto’. Da registrare la caduta della N.

« aprob » [pron. aprò] : dal lat. ab probe, ‘da parte di’, regge l’accusativo.

« Mallio » [pron. Mallió] : dal lat. Manlium, ‘Manlio’. Gran parte dei nomi classici vengono accentati

sull’ultima vocale. In Manlium cade la M finale, la U passa a O; e il nesso NL seguito da I

semiconsonantica dà l’esito palatale GL che qui è reso graficamente con LL. Questi esiti palatali,

che in latino non esistevano, hanno avuto per la loro resa grafica una gestazione che per lungo

tempo è stata oscillante, per cui — per il suono GL palatale, come figlio, coniglio ecc. — abbiamo

tutta una serie di possibili soluzioni grafiche come LH, ILL, ILH.

« rei » : dal lat. rex, rei (gen.), regem (acc.).

« emperador » : dal lat. imperátor, imperatórem (acc.), ‘imperatore’. Questa parola ci dà modo di

vedere come sono trattati nella declinazione bicasuale anche altri sostantivi, oltra alle parole che

hanno la S al nom. sing. e all’acc. pl. IMPERATOREM (accusativo) : la I iniziale, in presenza di

una nasale, passa a E; la T, che è intervocalica, passa a D; cade la M finale, e cade la E finale >

EMPERADOR. Il nominativo, dal latino imperátor, è invece emperaire: la I iniziale, in presenza di

una nasale, passa a E; le toniche sono mantenute; la O postonica cade, e il nesso dentale +

vibrante TR passa a IR, come patrem > paire o petrum > peire, e si aggiunge una A come vocale

di appoggio. « el era·l meler » : ‘egli era il migliore’. La frase presenta una forma enclitica: « era·l »,

cioè « era lo », dove lo articolo perde l’elemento vocalico, in quanto il verso deve avere una sua

regolarità sillabica, appoggiandosi alla parola precedente e questo fenomeno viene segnalato nella

grafia moderna con un punto in alto.

« meler » [pron. mejer] : dal lat. melior, ‘migliore’. Altro termine imparisillabo (imparisillabi sono

quelle parole che hanno un numero diverso di sillabe tra nominativo e gli altri casi, come ad es.

imperator, imperatorem): melior, meliorem. La consonante L più J ha prodotto la palatizzazione

del suono L. Da meliorem abbiamo melior, ma anche in questo caso dobbiamo supporre un

suono della L palatale.

« de tota la onor » : ‘di tutto l’impero’. Nelle Glosse di san Millán troviamo « get ena honore », ‘è

nel regno dei cieli’ (letteralmente ‘è in onore’).

« de tot l’emperi·l tenien per senor » : ‘di tutto l’impero lo ritenevano un signore’. — « l’emperi·l »

Abbiamo una proclitica e un’enclitica. — « senor » : dal lat. senior, ‘più vecchio’, però poi ha

assunto il significato di ‘signore’, ‘saggio’. È probabile che la N palatale non fosse rappresentata

ma fosse pronunciata.

« Mas d’una causa » : ‘Ma per una cosa’. — « causa », dal lat. causam, ‘cosa’. Nei Giuramenti di

Strasburgo troviamo cosa [pr. /cose/, con E evanescente] al posto di causa, perché il dittongo

latino AU in francese chiude in O, invece in provenzale si mantiene AU. Quindi abbiamo incontrato

finora un paio di casi in cui il provenzale differisce dal francese e sono tutti e due aspetti

conservativi rispetto al latino: la finale A che in provenzale si mantiene, a differenza del francese

cha passa a E evanescente; e il dittongo AU che si mantiene nel provenzale, a differenza del

francese che passa a O, cioè si chiude.

« nom avia genzor » : ‘nome aveva più nobile’. — « genzor » : dal comparativo lat. gentiorem, ‘più

nobile’. Gens, gentis, ‘la famiglia nobile’, ha dato origine a tutta una famiglia di parole pure in

italiano come, per es., gentile, che vuol dire ‘nobile’. In Dante, « tanto gentile e tanto onesta pare

», gentile non vuole dire ‘cortese’ o ‘ben educato’, vuole dire ‘nobile’.

« de sapiencia l’apellavan doctor » : ‘per la sua sapienza lo chiamano dottore’, ovvero ‘dottore di

sapienzia, filosofo’.

VI

Quan venc la fís Mallió Torquatór, Quando giunse la fine di Manlio Torquato,

donc venc Boécis ta granz dolors al cór allora a Boezio venne tanto grande dolore

ne cuid aprób altre dols li demór. al cuore

che non credo che dopo altro dolore gli

dimori.

« venc » : dal lat. venit. È un perfetto forte, ma da venit non c’è un passaggio come per habuit >

ac. Quindi è un perfetto forte, con l’accento sul tema, e con la finale in velare C [/k/] analogico.

« fis » : ‘fine’. Da notare la caduta della N davanti a S, come prima si è notata la caduta della N in

ta da tantum.

« Mallio Torquator » : lett. ‘Manlio dei Torquati’, essendo Torquator non la prosecuzione di

Torquatus, ma il residuo del genitivo plurale Torquatorum. In verità il nome corretto dell’imperatore

è Manlio Torquato e non esiste una famiglia Torquati.

« donc venc » : ‘allora venne’. Su venc cfr. supra.

« Boecis » : dativo latino senza preposizione, ‘a Boezio’.

« ta granz dolors al cor » : ‘tanto grande dolore al cuore’. — « ta » : dal lat. tantum, con caduta

della N, cfr. supra. — Boezio era consul di Manlio Torquato, lo reputava un bravo sovrano, lo

amava moltissimo, e lui era il suo protetto; per cui il suo arresto gli procurò tanto dolore.

« ne cuid » : ‘non penso’. Cuid da cogito ‘pensare, ritenere’. Con la caduta della vocale postonica

vengono a contatto i suoni G e T (velare sonora + dentale) che danno una ID. Questo, in realtà,

sarebbe un esito della Francia settentrionale, per quel nesso consonantico originario latino. L’esito

più schiettamente meridionale o provenzale sarebbe un altro tipo di palatale, non ID ma C. Infatti,

per questa forma di ‘io penso’ troviamo anche cuc. Nella lingua letteraria del provenzale, e questo

sarà più evidente nella poesia lirica, convivono delle forme che sono proprie delle varie parlate in

cui si suddivide il totale dell’occitanico provenzale. Noi diciamo provenzale perché facciamo

riferimento alla letteratura provenzale lirica, ai trovatori provenzali, ma dire provenzale vuole dire

utilizzare un aggettivo che fa riferimento soltanto a una parte di tutta l’Occitania, cioè alla

Provenza vera e propria. Le parlate occitaniche sono di più, vanno dal Delfinato fino su al

Pittavino, quella regione che è molto importante per la letteratura meridionale che sta più a

nordovest, al confine con la Francia del nord. In questa regione, e anche nell’Alvernia e in altre

regioni che confinano con la Francia del nord, si hanno degli esiti che sono affini ai risultati che si

hanno per il francese. Ora questo testo è stato probabilmente scritto nel monastero di San

Marziale di Limoges, che è appunto la capitale del Limosino, e questo monastero era stato un

centro di cultura importantissimo nel Medioevo, quindi questo può spiegare come ci possano

essere in questo testo, che si presenta abbastanza compatto dal punto di vista linguistico

occitanico, degli esiti più settentrionali che meridionali. Questo è ancora più sensibile nella poesia

lirica, che ha visto crescere

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Publisher
A.A. 2015-2016
7 pagine
14 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sensep di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia romanza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Marinetti Sabina.