Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 48
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 1 Biotecnologie genetico molecolari Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Biotecnologie genetico molecolari Pag. 41
1 su 48
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

REPLICAZIONE DEL DNA

Per compiere il ciclo vitale, una cellula deve assicurarsi che le cellule figlie acquisiscano lo stesso

patrimonio genetico, quindi deve attuare innanzitutto la replicazione del DNA. Questo processo ha

permesso di mettere a punto l’amplificazione di specifiche regioni di DNA in vitro, cercando di copiare i

meccanismi adottati dalla cellula in vivo.

I due filamenti del DNA fungono entrambi da stampo per la sintesi di nuovi filamenti, quindi si tratta di una

replicazione semiconservativa, dove i due duplex generati possiedono un filamento parentale e un

filamento neosintetizzato. Affinchè ciò avvenga, il doppio filamento nativo superavvolto si deve aprire

per consentire l’accesso agli enzimi specifici della replicazione. Tuttavia, date le sue dimensioni (circa 1mm

di lunghezza), l’apertura (denaturazione) del doppio filamento non può avvenire contemporaneamente

lungo tutta la molecola: quindi, in un punto specifico del cromosoma (origine di replicazione), si apre una

forcella replicativa (OriT) grazie all’attività della DNA-elicasi (catalizza la separazione dei due filamenti)

e di proteine SSB (single strand binding) che impediscono l’appaiamento.

A questo punto, la DNA-polimerasi può iniziare a svolgere la replicazione in direzione 5’à3’, eliminando

anche i nucleotidi non corretti non appena vengono incorporati (attività esonucleasica). Inoltre, per

consentire l’azione della DNA-polimerasi, prima che abbia inizio la replicazione le primasi sintetizzano degli

oligonucleotidi complementari alla sequenza della forcella (inneschi o primer che si legano al filamento

complementare anti-parallelo), a partire dai quali la DNA-polimerasi può iniziare a lavorare.

Se sul filamento 5’à3’ la replicazione è continua, sul filamento 3’à5’ la sintesi è discontinua:

man mano che la forcella si apre, diversi primer si legano al filamento complementare, consentendo l’azione

della polimerasi fino all’innesco successivo, producendo i cosiddetti frammenti di Okazaki. Al termine di

questa replicazione discontinua i frammenti sono uniti da una DNA-ligasi.

Poiché la replicazione è bidirezionale, dall’origine di replicazione nascono due forche che si muovono in

direzioni opposte intorno al DNA circolare fino ad incontrarsi nella parte opposta, corrispondente alla

terminazione della replicazione. A questo punto è necessario dividere le due molecole neosintetizzate,

prima che avvenga la divisione cellulare: esse infatti sono concatenate ed è necessario l’intervento di una

topoisomerasi in grado di creare la rottura di un doppio filamento.

Elena Dossi © 15

TRASCRIZIONE

Con questo processo il messaggio contenuto a livello di DNA viene trascritto nell’m-RNA che andrà ai

ribosomi e non riguarda tutta la molecola, ma a seconda delle necessità la cellula trascriverà soltanto alcuni

geni specifici.

La trascrizione è catalizzata dall’RNA-polimerasi che riconosce una regione specifica e non codificante a

monte del gene (sito promotore), per legarvisi in modo

specifico e indurre la denaturazione localizzata della

doppia elica del DNA. Il processo si conclude in

corrispondenza di una sequenza specifica (ripetuta e

invertita) a valle del gene (codone di stop), dove il

filamento aperto di DNA si richiude a formare un’ansa

(forcina) che impedisce all’RNA-polimerasi di proseguire.

In questo modo, l’enzima può muoversi a partire dal sito

promotore lungo il filamento stampo per copiarlo in

direzione 5’à3’ fino al sito terminatore presente a valle

del gene di interesse. Durante la copiatura del gene, man

mano che la RNA-polimerasi trascrive l’informazione, la

denaturazione della doppia elica procede, mentre a monte

del gene il DNA si riavvolge. La funzione del sito

terminatore è indebolire l’associazione tra l’m-RNA

sintetizzato dalla RNA-polimerasi e il filamento stampo di

DNA. b, s, s w) s

L’enzima RNA-polimerasi è costituito da diverse subunità (b’, , tra le quali è deputata al

2

riconoscimento del sito promotore. Questo consta di una prima sequenza nucleotidica di sei basi,

localizzata a circa 10 bp dell’ATG iniziale e nota come box -10, e di una seconda sequenza a circa 35 bp

prima dell’ATG, nota come box -35. Dagli studi effettuati, è emerso che la giusta distanza dei due box

dall’ATG iniziale è importante per promuovere la trascrizione. Inoltre, anche la sequenza di queste zone

deve essere tale da consentire il legame più forte con l’RNA-polimerasi:

• il box -10 è costituito da una sequenza specifica di bp che nelle condizioni migliori è data da TA-

TA-AT (tata box)

• il box -35 è TT-GA-CA.

Se i box -10 e -35 si trovano alla giusta distanza e

possiedono le due sequenze consensus, la trascrizione

avviene nel modo più efficiente possibile e il sito

promotore è detto promotore forte.

Tuttavia, spesso il sito promotore presenta diversità di

basi a livello dei due box e si trova ad una distanza

molto maggiore. In questo caso, la cellula può aver

subito qualche modificazione che ha modificato e

allontanato il sito promotore, causando una più lenta

trascrizione del gene a valle, oppure la cellula stessa ha

messo quel gene sotto promotore debole.

Inoltre, tra il sito promotore e il gene può inserirsi

un’altra regione di DNA – per effetto dei processi di

ricombinazione genica – che allontana di molto il

promotore. Questo potrebbe inficiare la successiva

trascrizione oppure renderla molto più lenta.

Elena Dossi © 16

In altri casi, tra il sito promotore e il gene si trova una regione che regola la trascrizione del gene, in

quanto non tutti i geni necessitano di essere attivati al massimo, ma in particolari condizioni la cellula deve

essere in grado di accendere o spegnere il gene in funzione delle proprie necessità.

Tra il sito promotore e l’inizio del gene (ATG), si può trovare anche un sito RBS (Ribosomal Binding Site)

di 5-6 basi, ricco di A e G: questa regione viene riconosciuta da una sequenza complementare (sequenza di

Shine-Dalgarno) presente sull’r-RNA 16S che quindi, oltre a costituire la subunità 30S del ribosoma, si lega

al punto specifico dell’m-RNA.

Nella lettura di una sequenza, si dovranno cercare non solo le possibili ORF ma anche gli eventuali siti

promotori, per capire se rappresenta effettivamente un gene trascritto dalla cellula. Se non si trova nulla

di simile a un sito promotore, è lecito pensare che quel gene sia stato reso inattivo per qualche evento

particolare.

Non essendo una regione codificante, il sito promotore non deve essere letto a triplette ma

semplicemente si cercano le due sequenze consensus a una distanza di circa -10 o -35 dall’ATG iniziale del

gene.

TRADUZIONE

Attraverso la traduzione, i ribosomi leggono l’informazione contenuta nell’m-RNA per produrre una

proteina.

Prima che la traduzione abbia inizio, la cellula prepara una scorta di aminoacil-t-RNA (t-RNA con i

corrispondenti aminoacidi legati), nel cosiddetto processo di caricamento del t-RNA, grazie all’azione di

una aminoacil-t-RNA sintetasi (una sintetasi specifica per ogni aminoacido), e dissocia le due subunità

ribosomiali:

• la subunità 30S legherà l’m-RNA e l’anticodone del t-RNA

• la subunità 50S legherà l’estremità del t-RNA caricata con l’aminoacido.

Inoltre, questa seconda subunità possiede un’attività peptidil-transferasica, tale per cui consente la

formazione del legame peptidico tra gli aminoacidi che vengono via via legati.

Il codone di inizio nei procarioti è solitamente AUG codificante per una metionina formilata, la quale

possiede un proprio t-RNA (t-RNAMetf), ben diverso da quello per la metionina interna alla catena

polipeptidica (t-RNAMetm) e che consente proprio la formilazione della metionina dopo il suo legame.

Sul ribosoma si trovano un sito di legame peptidico (sito P) e un sito aminoacidico (sito A). Il t-RNAMetf è

legato al sito P, mentre il secondo codone è nel sito A, a cui si lega il secondo aminoacil-t-RNA ad opera

di un fattore di allungamento e una molecola di GTP. L’attività peptidil-transferasica della subunità 50S

consente poi la formazione del legame peptidico tra t-RNAMetf e il secondo aminoacil-t-RNA e il

trasferimento del dipetidil-t-RNA nel sito A. Quindi nella successiva traslocazione (che prevede la

presenza di un fattore di allungamento EF-G e una

molecola di GTP), l’m-RNA con il peptidil-t-RNA

appena formato si muove di un codone in avanti: ciò

comporta il distacco del t-RNA deacilato dal sito P,

mentre il dipeptidil si sposta dal sito A al sito P. In tal

modo, il codone successivo si trova ora al sito A,

pronto ad interagire con il corrispondente aminoacil-t-

RNA. Questo ciclo di allungamento prosegue fino

all’incontro tra il ribosoma e il codone di stop che esso

viene riconosciuto da specifiche proteine – i fattori di

rilascio (RF) – che determinano la terminazione della

traduzione.

Elena Dossi © 17

La possibilità di estrarre il DNA dalle cellule batteriche consente di identificare il MO a livello di genere

e specie in tempi più brevi rispetto alle tradizionali tecniche di microbiologia.

ESTRAZIONE DEL DNA

Nella maggior parte delle procedure analitiche, la prima operazione è l’estrazione del DNA totale dalle

cellule batteriche e la sua purificazione per separazione dagli altri componenti cellulari. Ad oggi esistono

numerosi protocolli per la lisi cellulare, per la quale è previsto l’impiego di lisozima come agente litico,

b

in grado di attaccare in modo specifico il legame -1,4 della parete cellulare. Tuttavia, alcuni batteri

possono produrre degli strati extra-parietali sottoforma di capsula e strato mucoso di polisaccaridi o

proteine che rallentano l’azione dell’agente litico. Quindi nella messa a punto un protocollo di lisi

innanzitutto si devono considerare le condizioni di crescita più idonee per la successiva estrazione di

DNA. Queste condizioni non necessariamente corrispondono al terreno che garantisce un elevato numero di

cellule: infatti, in funzione della parete cellulare, i batteri che possiedono il peptidoglicano (Gram+)

necessitano di una maggior quantità di agente litico rispetto ai Gram-.

Infine, la resa di estrazione del DNA dipende dalle caratteristiche dei batteri e dal terreno fornito.

In generale, un protocollo di lisi prevede sempre le stesse fasi:

1. aggiunta dell’agente litico

2. deprotenizzazione

3. precipitazione selettiva del DNA.

In primo luogo, le cellule – cresciute in un idone

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
48 pagine
5 download
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/15 Scienze e tecnologie alimentari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elenadossi96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie microbiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Fortina Mariagrazia.