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Estratto del documento

La cromatografia ad esclusione dimensionale (o molecolare) separa le proteine in base alla loro

dimensione, le particelle di fase stazionaria hanno dei pori entro cui possono essere adsorbite le

molecole che hanno un diametro inferiore. Le proteine più grandi infatti eluiscono per prime dalla

colonna (occorre tenere conto del volume morto). Le fasi stazionarie più utilizzate sono sephadex

(destrano cioè polisaccaride ramificato del glucosio prodotto da batteri fermentati) e agarosio

(polisaccaride estratto dall’agar agar delle alghe rosse).

La cromatografia a scambio ionico utilizza 4 tipi principali di resine a scambio ionico che differiscono

per i loro gruppi funzionali: fortemente acido (gruppi di acido solforico), fortemente basico (gruppi

amminici quaternari), debolmente acido (gruppi di acido carbossilico) o debolmente basico

(gr.amminici primari, secondari o terziari). L’analita si lega in modo non covalente alla matrice della fase

stazionaria. Alcuni esempi di resine scambiatrici: polistirene solforato, polistirene trimetilammina,

cellulosa, polietilendiammina.

La cromatografia di affinità: supponiamo di avere una fase stazionaria legata covalentemente grazie a

una sostanza bifunzionale a un pezzo di anticorpo, e una fase mobile contenente l’antigene (sostanza

che vogliamo purificare). Quindi l’antigene interagisce per affinità con l’anticorpo mentre tutto il resto

eluisce. È importante ricordate che l’interazione antigene-anticorpo sono tra le più stabili in natura, per

vincere tale interazione mettiamo nella colonna qualcosa che permette di spostare l’equilibrio di

reazione oppure di cambiare la T, pH, forza ionica o un agente denaturante.

Focalizzazione isoelettrica: separazione mediante pI. Con questa tecnica le proteine restano nello stato

nativo. Una soluzione di anfoliti è incorporata in un gel (costituito da acqua e policrilammide) e si

applica un campo elettrico per stabilire un gradiente di pH stabile. Le proteine migrano e si fermano

quando il valore di pH raggiunge quello del pI.

Elettroforesi bidimensionale: nella prima dimensione le proteine vengono separate per focalizzazione

isoelettrica (IEF) poi questo gel viene fuso con SDS-PAGE e sottoposto a campo elettrico che separa

secondo il peso molecolare. (prima si usa la focalizzazione isoelettrica e le separo in base al pI, poi

faccio sds-page con cui le separano per m/z e infine determino il peso)

BIOCRISTALLOGRAFIA a raggi x

La biocristallografia è una metodologia sperimentale in grado di determinare la disposizione degli atomi

di una macromolecola biologica presenti in un cristallo analizzando come i raggi x sono diffratti dal

cristallo (tecnica indiretta). Lo scopo è la determinazione della struttura 3D di macromolecole

biologiche. L’oggetto è DNA, RNA, proteine e i loro complessi (virus, ribosoma…)

Storicamente la biocristallografia è nata circa un secondo fa e la prima struttura proteica determinata

con questa metodologia è stata la mioglobina di capodoglio (1958). L’anno in cui questa metodologia e

diventata di pubblico dominio nella ricerca scientifica è il 1962, poichè ben due premi Nobel furono dati

a cristallografi: uno per la chimica a Perutz e Kendrew per lo studio delle prime proteine (risolvendo il

primo la struttura dell’emoglobina, il secondo quella della mioglobina), un altro per la medicina a

Watson, Crick e Wilkins per la struttura a doppia elica del DNA (anche se in realtà già nel 1953 Franklin

aveva scoperto con la diffrattografia la forma a doppia elica del DNA).

Attualmente la biocristallografia è la tecnica preferita dalla biologia strutturale. Uno tra i maggiori

successi dell’applicazione è quello per la determinazione del ribosoma, fatto da 3 scienziati che

lavorarono in modo indipendente.

L’uso di radiazione elettromagnetica per visualizzare oggetti richiede che questa abbia lunghezze

d’onda paragonabili ai più piccoli dettagli che vogliamo risolvere. Per poter visualizzare oggetti come

entità separate la lunghezza d’onda dellla r.e.m. dev’essere dello stesso ordine di grandezza della

distanza fra gli oggetti.

Un cristallo è formato da un enorme numero di molecole (10^13-10^15) nella stessa orientazione,

perciò le onde diffratte saranno in fase e rendono il segnale di diffrazione totale di intensità misurabile

rispetto al rumore di fondo. Non esistono lenti in grado di focalizzare i raggi x quindi si usano in parte i

cristalli e un analizzatore dati che sfrutta principi matematici.

Le strutture 3D delle molecole biologiche permettono di capire come avvengono i processi biologici e le

interazioni a livello atomico (cioè come una particolare macromolecola esegue la sua funzione).

Le principali applicazioni dunque sono:

− Determinazione di strutture non ancora note

− Analisi della mobilità e delle variazioni conformazionali

− Interazioni proteina-ligando e proteina-proteina (con formazione di legami biologicamente

rilevanti)

− Studiare i meccanismi di reazione

− Applicazioni biotecnologie

Gli svantaggi: occorrono cristalli singoli altamente ordinati e ragionevolmente grandi.

L’esperimento cristallografico si articola in 5 punti:

1. Cristallizzazione: un cristallo è una molecola che si ripete sempre uguale ovvero è l’unità di cella

che si ripete in tutte le coordinate spaziali. Può accadere che all’interno dell’unità di cella siano

presenti delle simmetrie (es. un dimero) e per esempio è possibile che ci sia un asse ottico tale per

cui ogni 180° la simmetria si ripete. Caso dell’emoglobina: i cristalli sono piccoli, molto fragili e

soffrono l’esperimento raggi x. I cristalli di macromolecole biologiche hanno un’alta percentuale di

solvente (40-60%), questo li rende fragili e inoltre l’acqua sotto i raggi x diventa un radicale. La

proteina mantiene la conformazione che ha in soluzione nonostante sia solida e l’energia per

rompere il cristallo di solito è inferiore a quella per rompere la proteina. I cristalli si formano per

un’aggregazione lenta e ordinata delle macromolecole in un reticolo cristallino con contemporanea

esclusione del solvente. La Cristallizzazione è una procedura empirica in cui si riduce lentamente la

solubilità di una proteina che tende a precipitare formando una struttura cristallina (non amorfa), ci

sono 3 step:

− Nucleazione: la soluzione è portata in condizione di supersaturazione (zona

termodinamicamente instabile)

− Crescita: il grado di saturazione diminuisce (sovrasaturazione)

− Cessazione crescita: raggiungimento della curva di solubilità (equilibrio cristallo-soluzione)

Dal punto di vista termodinamico l’entropia è sfavorevole ma le interazioni molecolari che si instaurano

sono deboli ma numerose e quindi di natura entalpica. Dal punto di vista cinetico, una volta superata

l’energia di attivazione che serve per formare i primi nuclei di aggregazione, la reazione procede

spontaneamente. Il metodo più utilizzato è la diffusione in fase vapore (un altro metodo è la microdialisi): si

crea un sistema chiuso con una soluzione e un agente precipitante, il sistema torna all’equilibrio.

La cristallizzazione è influenzata da vari parametri chimico-fisici: concentrazione, temperatura, volumi,

agenti nucleanti, viscosità delle acque madri; parametri biochimici: parti flessibili, stabilità alla

degradazione proteolitica, purezza delle macromolecole, reazioni redox, metalli e ioni specifici, detergenti;

parametri biologici: necessità di substrati/inibitori, necessità o meno di modificazioni post-traduzionali.

Gli agenti precipitanti possono essere: sali, polimeri o solventi organici.

Durante l’esposizione ai raggi x i cristalli di macromolecole subiscono notevoli danni. Di routine i dati sono

raccolti mantenendo il campione a 100K in modo da ridurre notevolmente il danno da radiazione e

generalmente migliorando tanto la qualità dei dati e la risoluzione. La tecnica comunemente utilizzata è

quella del flash-cooling. Dopo aver aggiunto alle acque madri in cui il cristallo è cresciuto un agente

crioprotettore (es.glicerolo), il cristallo viene congelato o sotto flusso di azoto gassoso o azoto liquido. La

caratteristica più importante per un cristallo è che diffragga e la diffrazione dipende dalla dimensione e

dall’ordine del cristallo. La dimensione è importante perché lo scattering è proporzionale al numero di celle

elementari nel cristallo, che a sua volta è proporzionale al volume di cristallo (raddoppiando le dimensioni

di un cristallo cubico aumenta di 8 volte la sua diffrazione). Il numero di celle elementari in un cristallo

dipende dalla proteina, cristalli di sale diffraggono meglio di cristalli di proteine delle stesse dimensioni

perché le loro celle elementari sono più piccole. L’ordine è importante perché lo scattering dipende da

quanto sono uguali fra loro le celle elementari che costituiscono il cristallo, infatti i Sali diffraggono meglio

perché cristallizzano in maniera più ordinata delle proteine. In altre parole, la dimensione di un cristallo di

partenza non ci garantisce che la diffrazione avvenga correttamente.

2. Analisi di diffrazione: la lunghezza d’onda dei raggi x è paragonabile a quella degli atomi. La

diffrazione dei raggi x può essere vista come un processo fisico simile alla riflessione della luce da

parte di un piano formato dagli atomi del cristallo. Durante l’esperimento il cristallo deve ruotare

intorno al centro della macchina, al centro del fascio di raggi x. Il fascio deve poter vedere il cristallo

da tutti gli angoli. L’orientazione degli assi del cristallo dev’essere conosciuta con precisione. Il

fascio di raggi x dev’essere più ampio del cristallo in modo che tutto il cristallo sia dentro il fascio.

Attualmente si usa un sincrotrone e la legge di Bragg. Successivamente si ottiene un’immagine di

diffrazione 2D per determinare la direzione dei raggi diffratti si usa il concetto immaginario del

reticolo reciproco. I piani che riflettono il fascio di raggi x come uno specchio sono strati di un

reticolo tridimensionale che non è il reticolo cristallino ma il reticolo reciproco. Esiste

un’operazione matematica detta trasformata di Fourier che consente di convertire uno spazio

reciproco in uno spazio reale.

3. Calcolo densità elettronica: la densità elettronica di una molecola ne definisce la forma. La

risultante dell’onda diffratta da un cristallo molecolare è proporzionale al numero di elettroni

irradiati, è la sommatoria delle onde diffratte da atomi in fase tra loro, è una funzione discreta e

puntiforme che contiene informazioni sull’orientamento della molecola e sulla struttu

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Publisher
A.A. 2020-2021
66 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher pysty di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Malatesta Francesco.