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Mosè. Il sacrificio di Abramo (VI)

La storia del sacrificio di Abramo è un capolavoro di tensione narrativa, tutto è misterioso: il luogo, il segno dal quale Abramo deve riconoscerlo, l'ariete che spunta come dal niente al momento giusto per sostituirsi ad Isacco, il motivo dell'ordine divino che contraddice apertamente il fuoco. A questo episodio i primi cristiani attribuivano il significato simbolico della liberazione, Dio ha liberato "Isacco dalla spada sospesa sul suo capo" (Agostino), un esempio insigne di liberazione, ma l'ariete, vittima quindi si vedeva soprattutto sostitutiva, reintroduce l'idea sacrificale. I due temi, liberazione e sacrificio, sono indissolubilmente legati fin dalle origini e concorrono a esprimere il mistero fondamentale del cristianesimo.

Genesi 22 e la passione di Cristo

Il sacrificio di Abramo è l'esempio stesso del sacrificio per eccellenza.

I testi ebraici saltano l'obbedienza piena di fede del patriarca che accetta senza discussione di immolare suo figlio, ma anche il consenso di Isacco la vittima. I primi cristiani, già nel nuovo testamento, vedono in Isacco la figura profetica di Cristo, come attestano la lettera ai romani ed il Vangelo di Giovanni. Nella letteratura patristica, l'offerta del figlio amato accettata da Abramo annuncia il dono del Figlio unico da parte del Padre. Isacco portatore del legno La passione di Cristo anzitutto evocata da Isacco che porta sulle spalle la legna del sacrificio e anche dall'immolazione dell'agnello sostitutivo. Isacco che si carica sulle spalle il legno sul quale dovrà essere immolato suggerisce il trasporto della croce. L'ariete impigliato nel cespuglio Anche il legno del cespuglio ricorda la croce. Per Tertulliano, l'ariete con il capo imprigionato nelle spine evoca Gesù coronato di spine durante la passione. Non sembra che

L'arte paleocristiana ha molto insistito su queste corna impigliate nel cespuglio, più sovente l'ariete viene raffigurato accanto all'albero con una corda. L'ariete immolato è l'immolazione dell'ariete, per molti Padri che viene considerata figura della passione. L'ariete di Abramo e l'agnello pasquale si confondono. Questo spiega perché in epoca paleocristiana Genesi 22 venisse letto durante la veglia pasquale in moltissime chiese. L'ariete e Isacco sono quindi 2 figure del Cristo: l'ariete figura la natura umana passibile, nella quale fu messo a morte, Isacco la natura divina immortale. Origene è il primo ad affermare chiaramente questa accezione, riprendendola da Clemente Alessandrino. Anche in Occidente troviamo la stessa dottrina in Agostino, Procopio di Gaza scrisse: "L'ariete subisce l'immolazione; il corpo soffre al posto della natura divina che non può soffrire".

risurrezione. Nel capitolo 11, versetto 19, si legge: "Ritenne infatti che Dio fosse capace di risuscitare anche dai morti". Questo dimostra la profonda fede di Abramo nella potenza di Dio e nella sua capacità di portare la vita dalla morte. La risurrezione di Cristo come liberazione La risurrezione di Cristo è vista come la liberazione definitiva dall'oppressione del peccato e della morte. Come Isacco liberato dai suoi legami, Cristo è risorto dalla tomba, dimostrando così la sua vittoria sulla morte e aprendo la strada alla salvezza per tutta l'umanità. La salvezza dell'uomo attraverso la risurrezione di Cristo La risurrezione di Cristo non è solo un evento storico, ma ha un significato profondo per ogni individuo. Attraverso la sua morte e risurrezione, Cristo ha offerto la salvezza a tutti coloro che credono in lui. Come Isacco rappresenta l'umanità intera, così la risurrezione di Cristo rappresenta la salvezza di ogni persona che accoglie la sua grazia. In conclusione, Genesi 22 e la liberazione di Isacco sono visti come simboli della risurrezione di Cristo e della salvezza dell'uomo. La fede di Abramo nella risurrezione dimostra la sua fiducia nella potenza di Dio, mentre la risurrezione di Cristo rappresenta la liberazione definitiva dall'oppressione del peccato e della morte. La salvezza dell'uomo è resa possibile attraverso la morte e la risurrezione di Cristo, che offre la grazia a tutti coloro che credono in lui.

resurrezioni di Cristo: “per la fede Abramo ha offerto Isacco, quando fu provato. E stava per offrire l’unico figlio, quello che aveva ricevuto le promesse: in Isacco tu avrai una discendenza, perché aveva ritenuto che Dio è potente anche per risuscitare da morte”. Origene sviluppa questo tema: “Abramo aveva creduto che Dio potesse risuscitare anche tra i morti.. per questo offriva con gioia il suo unico figlio, perché in lui aveva vista non l’annientamento della sua discendenza, ma la restaurazione del mondo e il rinnovamento dell’intero creato, che è stata realizzata attraverso la risurrezione del Signore”. A Gerusalemme questa dottrina veniva dispensata ai catecumeni, e la ritroviamo anche presso Agostino. Quindi Abramo figura emblematica della fede credette per anticipazione nella risurrezione di Cristo.

Una visione globale dell’evento redentore. Nei primi tempi l’accento era posto soprattutto sulla risurrezione,

Come conferma l'insistenza dei Padri nel sottolineare che Isacco era stato sottratto alla morte e non era stato immolato, al suo posto viene sacrificato l'ariete, ciò contro la tendenza ebrea a conferire un valore salvifico al sacrificio di Isacco ritenuto da loro realmente compiuto. Isacco è figura di Cristo ma la figura è imperfetta, perché Isacco non fu messo a morte, l'evento cristologico è assolutamente unico.

Uno sguardo all'iconografia

Questa visione globale dell'insieme del mistero è percepibile anche nell'iconografia. I padri antichi non vedono in Isacco sull'altare del sacrificio la figura del Cristo in croce. In Occidente Isacco non è mai rappresentato sull'altare prima della fine del IV secolo. Isacco che sfugge alla morte è piuttosto figura di Cristo che torna alla vita.

La rappresentazione più antica di Genesi 22, che si trova nel cubiculum A3 delle Cappelle dei sacramenti

nelle catacombe di Callisto (III secolo) mostra chiaramente che l'elemento sacrificale non è essenziale per la rappresentazione. Non ci sono né altare né coltello, a dx c'è la fascina di legna di Isacco, posata accanto all'albero; l'ariete libero, Isacco e Abramo entrambi in atteggiamenti oranti, rendono grazie a Dio. In breve non c'è niente che ricorda la morte. L'affresco ritrae il ringraziamento per la salvezza di Isacco, così come il primo commento, nella lettera agli Ebrei, vi vede la risurrezione di Cristo. L'elemento che domina generalmente le rappresentazioni del sacrificio di Abramo, sono la mano di Dio (dextera dei) e il coltello impugnato da Abramo. La mano, talvolta completa di braccio raffigura la presenza operante del Signore, e in questo episodio biblico indica quindi la voce celeste che proibisce di compiere il sacrificio ad l'arresto della morte incombente e la Abramo. Il coltello branditorappresenta la liberazione di Isacco. Alla fine del IV secolo, forse per influsso della liturgia, vediamo apparire rappresentazioni di Isacco seduto o inginocchiato sull'altare, soprattutto nelle basiliche, dove l'immagine è situata presso l'altare, in relazione all'offerta eucaristica, come nelle antiche basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura a Roma o anche in San Vitale a Ravenna. Dal V secolo in poi, l'immagine della passione prende progressivamente il sopravvento su quella della resurrezione, oppure accostano Isacco legato sulla legna a Cristo inchiodato sulla croce. Quindi, il sacrificio di Isacco è stato anzitutto rappresentato nell'arte funeraria per evocare la grazia fatta da Dio all'umanità con il dono del suo Figlio Unico, il quale si identificava implicitamente con Isacco, sottratto alla morte dalla parola di Dio, e quindi si sperava nella risurrezione dopo la morte. Isacco sotto il coltello di Abramo rappresenta l'uomo.fossa dei leoni è una delle immagini più diffuse dell'arte funeraria ispirata al libro di Daniele. Questa rappresenta la persecuzione dei fedeli del Dio unico da parte dei Babilonesi, la condanna di Daniele e il suo miracoloso salvataggio per intervento di un angelo. Altri temi iconografici tratti dal libro di Daniele includono l'uccisione del serpente Bel ad opera di Daniele, il rifiuto dei tre giovani ebrei di adorare la statua di Nabucodonosor e il racconto di Susanna e i vecchi.

Fossa dei leoni

Del racconto riguardante Daniele la Bibbia contiene 2 versioni diverse tra loro, gli autori antichi usano prevalentemente i particolari del capitolo 14 perché più pittoresco del capitolo 6.

Daniele passa 7 giorni nella fossa (anziché 1 notte nel cap.6), al termine di questo tempo il profeta Abacuc gli porta il cibo. Daniele già nella tradizione ebraica è un modello di preghiera, insegna ad invocare Dio in ogni luogo anche nelle avversità e la sua vicenda mostra la forza della preghiera. Anche per molti padri cristiani la preghiera di Daniele ha fermato la gola dei leoni e nell'iconografia paleocristiana Daniele è universalmente raffigurato nella posizione dell'orante.

Daniele viene considerato anche un esempio come digiunatore, e alcuni padri addirittura giungono a farlo digiunare per 3 settimane, dilatazione intenzionale ad incoraggiare i fedeli all'astinenza della quaresima.

Infatti il digiuno finalizzato pasquale del neofita si conclude con l'eucarestia, per questo il pasto portato da Abacuc è stato ricordato come solo pane, pane venuto dal cielo, cioè il pane eucaristico. Le testimonianza figurative mostrano che questa esegesi era molto diffusa, vi si vede Abacuc che porta a Daniele un pane segnato con una croce. Per alcuni padri Daniele raffigura anche il battesimo, i leoni rappresentano le tentazioni. Preghiera, digiuno, eucarestia, battesimo: Daniele nella fossa dei leoni evocava la pratica religiosa dei cristiani e in particolare la quaresima, con la quale la comunità e i battezzandi si preparavano a festeggiare la resurrezione del Signore. Daniele nella fossa dei leoni, simbolo della resurrezione. Il leone nel mondo romano negli anfiteatri, passava per l'esecutore delle pene capitali, perché gli si facevano divorare i condannati a morte. La fossa era l'immagine dell'inferno, della morte. In Daniele è s
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A.A. 2010-2011
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/06 Letteratura cristiana antica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Bibbia e immagini nel cristianesimo primitivo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Pennacchio Cristina.