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SANTA MARIA DEI SETTE DOLORI

Fu iniziata nel 1642-43 e lasciata incompiuta nel 1646. L’esterno è una massa imponente di

mattoni crudi e solo il portale fu eseguito in pietra, ma non su disegno del Borromini. L’interno

è articolato da una imponente sequenza di colonne sistemate tra intervalli piú grandi delle

due assi principali. Nonostante la differenza nella pianta, Santa Maria dei Sette Dolori è in un

certo senso una versione semplificata di San Carlo alle Quattro Fontane. Qui c’è una bassa

fila di finestre nella navata principale e una volta ad arco divisa da costoloni.

COLLEGIO DI PROPAGANDA FIDE

Nel 1646 Borromini fu nominato architetto. Dapprima Borromini progettò di conservare la

chiesa ovale costruita dal Bernini nel 1634. Quando fu deciso d’ingrandirla egli preferí il tipo di

locale semplice, analogo a Santa Maria dei Sette Dolori e l’ancora precedente Oratorio di San

Filippo Neri. La chiesa della Propaganda Fide rappresenta una radicale revisione di quelle piú

antiche strutture. L’articolazione consiste qui in un ordine grande e piccolo derivato dai

palazzi capitolini.A differenza di Santa Maria dei Sette Dolori, il verticalismo dell’ordine grande

è continuato mediante i pezzi isolati della trabeazione nella volta ad arco ed è ripreso dai

costoloni che collegano i centri delle pareti lunghe con i quattro angoli diagonalmente

attraverso il soffitto.

L'ORATORIO DI SAN FILIPPO NERI

I confratelli della Congregazione di San Filippo Neri, avevano progettato per molto tempo di

costruire un oratorio vicino alla loro chiesa di Santa Maria in Vallicella. In concomitanza con

questa idea maturarono i piani per includere nel programma edilizio un refettorio, una

sacrestia, quartieri d’abitazione per i membri della Congregazione ed una grande biblioteca.

Questo programma considerevole non era, in pratica, molto diverso da quello di un grande

monastero. La Congregazione infine bandí un concorso che il Borromini vinse nel maggio

1637 contro, fra gli altri, Paolo Maruscelli, l’architetto della Congregazione. L’attività

costruttiva fu rapida; nel 1640 l’oratorio era in funzione; nel 1641 il refettorio era pronto; fra il

1642 e il 1643 la biblioteca sopra l’oratorio era

costruita e fra il 1644 e il 1650 la facciata nordoccidentale col campanile che guarda la Piazza

dell’Orologio. Cosí la costruzione dell’oratorio coincise con quella

di San Carlo alle Quattro Fontane. Maruscelli, prima del Borromini, aveva già risolto un

intricato problema: egli aveva progettato una coerente sistemazione per tutta l’area con

lunghe assi e una chiarae logica disposizione della sacristia e dei cortili. Borromini accettò

l’essenziale di questo piano che comprendeva anche la collocazione dell’oratorio stesso nella

metà occidentale (sinistra) dell’ala principale. Perfezionamenti furono introdotti dal Borromini,

ma basterà ricordare che, contrariamente alle intenzioni del Maruscelli, egli creò, piú

visualmente che praticamente, un asse centrale per l’intera facciata fra Santa Maria in

Vallicella e la Via de’ Filippini. Su richiesta della congregazione, la facciata non fu rivestita in

pietra, in modo che non fosse in concorrenza con la vicina chiesa di Santa Maria in Vallicella.

Borromini perciò elaborò una nuova ed estremamentesottile tecnica in mattone, di

discendenza classica. L’interno dell’oratorio, accuratamente adattato alle necessità della

congregazione, è articolato da semicolonne sulla parete dell’altare e un complicato ritmo di

pilastri lungo le altre tre pareti.

CORTONA

Il genio di Pietro Berrettini, chiamato di solito Pietro da Cortona, fu secondo solo a quello del

Bernini. Come lui fu architetto, pittore e decoratore e disegnatore di tombe e sculture (XVII

secolo). Egli nacque a Cortona il 1 novembre del 1596 da una famiglia di artigiani.

Probabilmente studiò sotto il padre, un tagliapietra prima di diventare apprendista sotto il

poco noto pittore fiorentino Andrea Commodi, con il quale andò a Roma nel 1612-1613. Vi

rimase dopo il ritorno del Commodi a Firenze nel 1614 e cambiò studio sotto l'altrettanto poco

importante pittore fiorentino Baccio Ciarpi. Secondo il suo biografo Passeri egli studiò

Raffaello e gli antichi con grande passione durante quegli anni. Determinanti furono per la

sua formazione le esperienze vissute nell'ambiente artistico romano del primo Seicento. In un

primo tempo protetto dalla famiglia Sacchetti, per la quale progettò la VILLA DEL PIGNETO

1626-1636, oggi distrutta, fu poi accolto dal Cardinale Francesco Barberini. L'artista svolse

tuttavia un ruolo di primo piano anche in architettura, che indirizzò verso un nuovo

classicismo, ispirato verso un linguaggio bramantesco e palladiano e insieme alla vigorosa

plasticità michelangiolesca. Contemporaneamente egli fu assunto da Cassiano dal Pozzo, il

dotto segretario del cardinale Francesco Barberini che si valeva in quegli anni di numerosi

artisti giovani e promettenti per la sua collezione di copie di tutti i ruderi di antichità. Da circa il

1625 la sua carriera può essere valutata in pieno. Da allora fino alla morte egli ebbe

simultaneamente in mano grandi commissioni architettoniche e pittoriche, poichè egli era

l'unico artista del XVII secolo capace di un simile tour de force.

VILLA DEL PIGNETO

Negli anni 1625-30 realizza per la famiglia Sacchetti il suo primo progetto architettonico,

l'ormai demolita villa del Pigneto. L'impianto assiale del piano terra sembra far riferimento al

Palladio, il dominante motivo della nicchia risale al Bramante e al cortile del Belvedere,

mentre per la progressione dei piani ci si può riferire all'antico tempio romano. Ulteriori influssi

provengono da Villa Aldobrandini per quanto concerne l'impianto delle terrazze, delle grotte e

dei ninfei e dall'opera del manierista fiorentino Buontalenti per il progetto delle scenografiche

scalinate ricurve. Un ulteriore elemento manieristico è il contrasto tra il lato quasi

ermeticamente chiuso dell'ingresso e quello fastosamente decorato sul giardino, che sembra

risalire a villa Borghese di Giovanni Vasanzio. Per Pietro da Cortona la storia è

essenzialmente l'interpretazione del visibile, tuttavia pur essendo le sue fonti molteplici, la

loro sintesi è decisiva per lo sviluppo della villa barocca.

CHIESA DEI SANTI LUCA E MARTINA

Nel 1635, appena un anno dopo l'inizio della costruzione di San Carlo, nasce progettato da

Pietro da Cortona, il secondo gioiello dell'architettura sacra del tardo barocco, la chiesa dei

Santi Luca e Martina. Il luogo su cui sorge l'edificio ha una posizione dominante almeno

quanto quella di San Carlo e si trova lungo il percorso delle processioni papali, sotto al

Campidoglio, con vista sul Foro romano. Nel 1634 l'artista riceve l'autorizzazione per costruire

a proprie spese la cripta della chiesa dell'Accademia di San Luca. Tuttavia durante i lavori di

scavo viene ritrovato il corpo di Santa Martina, per cui nel 1635 il cardinale Francesco

Barberini dispone la costruzione della nuova chiesa secondo i progetti di Pietro da Cortona.

Nel 1644 le coperture a volta sono ultimate e nel 1650 gli interni sono completati. Pietro da

Cortona propone una croce greca alle cui quattro estremità si trovano delle absidi. Egli

formula in maniera nuova il tradizionale sistema dei piani verticali, che tratta in modo

straordinariamente plastico. Si possono stabilire tre correlazioni di piani murari e di colonne.

Nelle absidi le colonne sono collocate dentro a delle nicchie, nelle campate adiacenti le

colenne sporgono dalle superfici dei muri oppure la parete retrocede rispetto a esse, e sotto

la cupola le colonne sono incastrate nei pilastri. Le colonne hanno recuperato la loro antica

autonomia, sono di nuovo plastiche e portanti. Il sistema decorativo è particolarmente

interessante. I pennacchi, il tassello della cupola e le volte sono riccamente decorati.

SANTA MARIA DELLA PACE

Santa Maria della Pace è una chiesa quattrocentesca al cui esterno il Cortona da, nel 1656

una sistemazione non solo architettonica ma urbanistica. Ci sono due ali arretrate che

formano un'esedra lontana, un fondo; c'è una parte frontale, convessa, non molto dissimile da

quella dei Santi Luca e Martina; c'è poi un pronao semicircolare, che prende tutta la

larghezza della fronte e risponde, invertendo la curvatura, all'esedra di sfondo. Questo

organismo complesso non immette soltanto alla chiesa ma alle viuzze laterali, che vengono

così inserite, come prospettive, nel complesso. Ricordo bramantesco; ricordo palladiano.

Fatto nuovo e d'importanza sensazionale: lo smembramento della facciata, il suo disimpegno

dalla parete e dalla sua tradizionale funzione di limite.

SANTA MARIA IN VIA LATA

Anche in Santa Maria in via Lata il Cortona costruisce la facciata di una chiesa gia esistente.

Lo spazio antistante non è una piazza, come nel caso di Santa Maria della Pace, ma una via

di grande traffico, l'attuale Corso. Il ricorso palladiano prevale ormai, nettamente, sul

bramantesco. La facciata è a due ordini di colonne trabeate; nel superiore l'intercolumnio

centrale sfonda in un arco che rompe il cornicione ed entra nel frontone (è ingrandito il motivo

della "serliana", tante volte ripreso dal Palladio). Ma la facciata non è un piano; ha una

profondità, è un portico con un loggiato. Il fusto delle colonne risalta sul vuoto scuro; ed

importanza determinante assumono i due corpi pieni laterali, che definiscono bensì il piano

della facciata ma, rinvoltando, la configurano come piano frontale di un parallelepipedo. Così

la costruzione si offre a più vedute: frontalmente, con lo spicco ritmato delle colonne inscritte

nel piano, lateralmente, con la profondità in scorcio del portico e della loggia.

CARLO RAINALDI

L'architetto di gran lunga più importante a Roma dopo il grande trio fu Carlo Rainaldi di poco

più giovane (1611-91). Egli esige particolare interesse non solo perchè il suo nome è

connesso con alcune delle più notevoli imprese architettoniche del secolo, ma anche perchè

egli raggiunse una eccezionale simbiosi di elementi stilistici del manierismo e del barocco. A

Roma lo troviamo come architetto della città 1602, incaricato di numerose commissioni e

anche quando Innocenzo X lo nominò architetto papale, alla tarda età di settantaquattro anni

(1644) e gli affidò il progetto del Palazzo Pamphili in Pzz Navona, egli non appariva gravato

dagli anni e immune dagli sviluppi stilistici moderni. Collaborò con il padre Girolamo,

"architetto papale" di Innocenzo X, alla realizzazione di Palazzo Nuovo, in piazza del

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
15 pagine
6 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher violet881 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'Arte Moderna a Roma e nel Lazio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Valeriani Alessandro.