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PELLE?
Il Blackberry ovvero l’ “ufficio in tasca” ha modificato la relazione tra spazio e tempo di lavoro per
tutti. La velocizzazione degli scambi comunicativi tra fonti di informazione e giornalisti è andata di
pari passo con la velocizzazione del ciclo di produzione delle notizie imposta prima dalle televisioni
all news e poi da internet.
Le nuove tecnologie hanno portato all’esasperazione il conflitto tra la cultura giornalistica del “tutto
e subito” e quella del diplomatico “poco e con cautela”.
L’attuale sistema dell’informazione giornalistica ha imposto nuovi ritmi anche alle negoziazioni
politiche internazionali. L’imposizione della live culture ha aumentato l’importanza di quella che è
stata definita la “dimensione pubblica” dell’azione politica internazionale. Quando una vicenda che
prevede il coinvolgimento di attori politici nazionali o sovranazionali nell’arena politica
internazionale diviene pubblica, come nel caso di un’azione di guerra, un colpo di Stato o una
calamità naturale, allora i media iniziano il loro pressing senza sosta.
Ormai già da tempo quasi tutte le agenzie governative hanno creato al loro interno unità
responsabili della realizzazione quotidiana di monitoraggi dei media e della preparazione di
rapporti stampa.
L’elemento che rende complicata la definizione di strategie comunicative coerenti è collegato alla
necessità di coordinare messaggi tra realtà molto diverse per cultura professionale, obiettivi e
approccio ai media.
In Usa questo significa che presidente, Dipartimento di Stato e Dipartimento della Difesa, che
guidano l politica estera in maniera differente e hanno differenti relazioni con i media, hanno visto n
guerra i giornali come nemici. La Casa Bianca vuole promuovere l’immagine del presidente,
mentre il Dipartimento di Stato è più incentrato nei rapporti con gli altri paesi. Spesso le tre “teste”
non riescono ad accordarsi, anche nei rapporti con enti quali NATO, ONU,UE.
L’ambiente internet ha significato per gli attori statuali una moltiplicazione dei canali attraverso cui
comunicare le proprie posizioni; la cultura diplomatica è stata messa ulteriormente sotto pressione
con la realtà dei blog. Il Dipartimento di Stato nel settembre 2007 ha creato il suo blog, Dipnote. Gli
addetti stampa facenti funzione di blogger si affiancano ai giornalisti delle testate americane e
internazionali che accompagnano ministri e presidenti nei viaggi all’estero.
Dipnote si configura come uno strumento della diplomazia USA per scavalcare la mediazione
giornalistica nella relazione con il pubblico nazionale ed internazionale.
Diverso è l’approccio adottato dal ministero degli esteri inglese (FCO) che ha creato diari online
personali e non un unico aggregatore.
La maggior parte dei ministeri degli Esteri dei governi europei ha creato canali Youtube che
funzionano da contenitori per contenuti autoprodotti o segmenti di interviste a ministri e diplomatici.
Un esperimento interessante su questo fronte viene dall’Italia e si chiama “Esteri News”, progetto
realizzato dall’ufficio stampa della Farnesina con il canale televisivo satellitare specializzato in
notizie economiche CLASS\CNBC.
La definizione di una linea editoriale chiara è per gli International broadcaster cosa piuttosto
complessa: si tratta di promuovere gli interessi internazionali di un paese pur guadagnando
credibilità presso le opinioni pubbliche estere dando prova di indipendenza e obiettività.
Gli International broadcasters faticano moltissimo a trovare credibilità e dunque pubblico.
Le operazioni dei principali players politici internazionali in materia di International broadcasting
durante gli anni della guerra al terrorismo sono andate tutt’altro che spegnendosi. Questo è
avvenuto soprattutto nel mondo arabo anche in seguito al terremoto che l’arrivo di AL Jazeera, la
prima organizzazione giornalistica transnazionale a guardare le vicende del mondo da una
prospettiva araba, ha procurato in un sistema dei global media fino a quel momento rigidamente
atlantico. Al Jazeera ha un peso determinante nella scelta da parte di governi non arbai di lanciare
canali satellitari all news in arabo.
Nella definizione di una strategia Facebook e Twitter unitaria i paesi europei sono indietro.
Molto raffinata è la strategia di comunicazione attraverso Twitter del Foreign Office inglese che
sfrutta tutte le potenzialità del servizio di microblogging.
Il going public, ovvero la scelta di affrontare una questione attraverso una dichiarazione pubblica,
diventa un’opzione sempre possibile per la politica internazionale.
La guerra del golfo avrebbe dato il via ad una stagione nella quale la politica internazionale
avrebbe costantemente cercato di risolvere il caos delle “crisis oriented”.
I media possono funzionare come piattaforma per azioni, quasi-azioni o pseud-azioni diplomatiche
e questo sembra averlo ben capito Hugo Chavez, estremamente attento agli aspetti comunicativi
della sua attività politica nazionale e internazionale. Uno dei punti cardine della sua strategia è
sicuramente rappresentato dall’ormai decennale programma Alò Presidente.
Il programma prevede la partecipazione di ministri e alti funzionari governativi a disposizione di
Chavez, il quali li “interroga” o impartisce loro direttive d’azione in diretta.
Alò Presidente è un programma pensato soprattutto per creare un contatto diretto tra il presidente
e il pubblico venezuelano e per sostenere l’immagine di Chavez come leader popolare.
I media dunque offrono un nuovo spazio alla scena internazionale però spesso si crea un’illusione
di “onniscienza” ovvero ministri, presidenti e staff s i convincono di poter prendere decisioni
rispetto a un contesto geopolitico solo con queste informazioni.
Il web 2.0 imprime anche una personalizzazione per cui molti esponenti politici hanno profili sui
social; blogger eccellente è stato ad esempio Ahmadinejad o il presidente russo Medvedev.
Rania di Giordani attraverso Twitter diffonde la sua immagine e del suo paese ed è seguitissima
dai followers.
La diplomazia pubblica è l’insieme di iniziative che un governo intraprende nel tentativo di
sviluppare relazioni positive con le opinioni pubbliche di altri paesi, al fine di migliorare la propria
immagine e la propria reputazione internazionale. L’idea di fondo è quella che attraverso attività di
informazione e scambio culturale sia possibile influenzare l’attitudine della popolazione di un altro
Stato a vantaggio del proprio interesse nazionale.
Furono Francia e Gran Bretagna i primi paesi ad avviare iniziative di promozione della propria
cultura nelle aree di influenza: nacquero cos’ l’Alliance Francaise e il British Council, che attraverso
l’insegnamento della lingua, la diffusione di informazioni sulla storia, la cultura e le politiche della
madrepatria, avevano il compito di migliorare l’opinione delle popolazioni colonizzate.
A partire dal secondo dopoguerra gli Stati Uniti iniziarono ad investire massicciamente nella
promozione della propria immagine a livello internazionale: scambi culturali e borse di studio come
il programma Fulbright, servizi radio, iniziative ed eventi di promozione della cultura statunitense.
Dopo l’11 settembre però gli Usa hanno compreso che non avevano consenso e cominciarono a
trasformare la PD in marketing.
Il maggior peso geopolitico della Cina ha portato nell’ultimo decennio il paese a promuoversi con
una PD europea: promozione dell’insegnamento della lingua cinese, diffusione di informazioni
rispetto alla”cultura alta” cinese, creazione degli Istituti Confucio; soprattutto in Africa, Pechino sta
investendo in edifici pubblici, strade, ferrovie, servizi radio e tv per mostrarsi in maniera positiva.
La diplomazia pubblica rimane in questo modo soltanto una tecnica utilizzata da uno Stato per
raggiungere un obiettivo politico e bisogna dunque ridefinirla in questo contesto; la PD 2.0 vede i
singoli individui come “nodi” importanti nel processo.
Per sfruttare appieno le potenzialità dell’ambiente comunicative del web 2.0, gli attori governativi
devono imparare a dialogare non solo con le ONG ma anche con quella miriade di soggetti che
popolano la rete.
Negli Usa Second Life è diventato un ambiente quasi reale dove gli individui si incontrano per
“fare” cose assieme. L’importanza di Twitter arriva a far prendere decisioni di politica
internazionale. Il progetto “internet in valigia” di Hilary Clinton ha l’obiettivo di mettere rapidamente
in piedi reti web alternative in grado di far sopravvivere questi flussi transnazionali di
comunicazione a tentativi, da parte di regimi autoritari, di mettere off line i propri paesi.
Sono nati progetti come ExchangeConnect, un vero e proprio social network progettato dal
Dipartimento di Stato e incentrato sugli scambi culturali, l’obiettivo è realizzare una comunità di
teenager.
Co. Nx utilizza Facebook per una comunità transnazionale di soggetti interessati a questioni di
“politica globale”. Il cuore del progetto è infatti rappresentato da web chat periodiche che
coinvolgono personalità del mondo della politica, dell’economia, dell’educazione e delle ONG.
Opinion Space ha visto una partnership tra il Dipartimento di Stato e il Center for New Media
dell’Università di Berkley, con Craiglist, ovvero il portale di annunci di compravendite di ogni tipo.
La piattaforma è interamente dedicata alla politica estera americana. Il gioco funziona attraverso
uno strumento di analisi statistica che permette relazioni tra utenti sulla base delle nostre scelte.
Tra i chiodi fissi degli uomini della PD 2.0 c’è la volontà di sfruttare l’appeal di Obama soprattutto in
aree come l’Africa.
Il Dipartimento di Stato non ha rinunciato completamente a un engagement con le comunità online
basato anche sui contenuti, già nel 2007 Bush aveva creato il Digital Outreach Team (DOT),
ovvero una task force composta da dieci blogger madrelingua che, monitorando i principali forum e
blog in arabo,urdu e farsi, intervengono nelle discussioni introducendo in punto di vista degli Stati
Uniti. L’approccio del DOT è un esempio di quella che viene definita microstrategy: ci si concentra
su pochi luoghi e si cerca di presidiarli costruendo confidenza con chi li frequenta abitualmente.
Il ruolo dei funzionari che si trovano a contatto con le diverse comunità online è quello di lavorare
alla trasformazione del prodotto grezzo in una molteplicità di opportunità comunicative e interattive
nel corso delle quali intorno ad essa venga costruito un contesto a