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La prima caratteristica da sottolineare in queste due facciate è l'assenza di colonne,
fino al 1450 giudicate indispensabili.
Alberti decide di dedicarsi completamente a un'architettura di tipo murario. Questa
mutazione avviene perché l'architetto crede in una miglior risposta dell'architettura
muraria alle esigenze della modernità. La cella viene protratta in avanti, le colonne
schiacciate e adattate a lesene ripercorrendo strade già intraprese dal mondo romano.
Un'altra licenza tratta dalla classicità latina è l'adattamento del frontone del tempio
greco alla struttura retrostante. La facciata risulta qui sopraelevata al di sopra di un
vestibolo e la sua altezza, dal suolo al vertice, è uguale alla sua lunghezza. Alcune
differenze oppongono San Sebastiano a Sant'Andrea. In San Sebastiano si può Figura 8: Leon Battista Alberti, Facciata di Santa Maria Novella a Firenze
osservare una superficie quasi completamente murata; una pesante trabeazione
sormonta sottili lesene; una relativamente poco ampia navata centrale 8
si contrappone a larghe navate laterali. In Sant'Andrea questi rapporti vengono
invertiti.
I templi costituiscono due esempi diversi architettati sullo stesso modello. Il numero
di pilastri del vestibolo di San Sebastiano venne ridotto rispetto a quanto previsto dal
progetto iniziale (1470). La campata centrale ha, attualmente, larghezza uguale a metà
dello spessore del muro delle campate laterali, più un pilastro. Il pilastro si adatta
perfettamente allo spazio dell'arco soprastante e a quello del rettangolo adiacente. La
facciata risulta così ripartita in sei campate regolari. Da tre arcate al livello del suolo
si accedeva un tempo a una cripta estesa a tutta la facciata. Due arcate murate stavano
dove ora si trovano le scalinate d'accesso alla loggia del primo piano, erette dopo il
restauro del 1925. Fino a questa data l'accesso era dato da una rampa laterale non
compresa nel progetto originale. Vi è da precisare che anche le arcate del piano
inferiore non sono da attribuire ad Alberti poiché i pilastri che le definiscono non
rispettano le giuste proporzioni, essendo più piccole di quelle della loggia superiore.
Le vicende storiche tra le quali la morte di Alberti stesso, di Lodovico Gonzaga, colui
che aveva commissionato l'opera e l'abbandono del fabbricato portarono
all'affidamento dei lavori di ultimazione a Pellegrino Ardizoni (1499) che aveva
certamente mezzi artistici inferiori: aggiunse la rampa laterale, diede vita alla pesante
trabeazione sul portale, chiuse con una trabeazione la finestra centrale. Il restauro del
l’effetto iniziale della fabbrica.
1925 indebolì ulteriormente Probabilmente il primo
progetto prevedeva una scalinata lungo tutta la facciata (sul modello greco). La
conferma ci viene da Sant'Andrea. L'arco centrale, inserito nella trabeazione, pare
rompere l'armonia generale. Esso non può essere stato desunto dall'osservazione di
precedenti ellenistici (troppo remoti per Alberti); più probabilmente dall'arco di Figura 9: Leon Battista Alberti, Facciata di San Sebastiano a Mantova (dopo il restauro)
Orange. La modifica di questo elemento inconsueto dà vita a un nuovo atteggiamento
verso l'architettura classica; l'intento è di liberarsi dai dogmi precettistici della
classicità, un intento che impegnerà Alberti nei suoi ultimi lavori.
La facciata di Sant'Andrea è il risultato del nuovo atteggiamento Albertiano di fronte
al classico. Questo edificio è strutturato similmente a un arco trionfale. Il modello è
tratto dall'arco di Tito, consistente in una fornice, ossia l'apertura monumentale
dell'arco trionfale. La cornice che parte dall'imposta dell'arco dell'apertura centrale
prosegue a lato, spezzettandosi in corrispondenza delle monumentali lesene. Per la
prima volta viene messa in pratica un originale fusione tra il tempio e l'arco trionfale
che si oppone al classicismo e che vedrà largo uso nel manierismo cinquecentesco: le
dentellature, più propriamente templari, si ripetono sulla trabeazione dell'arco
trionfale; i capitelli delle lesene esterne non sono identici a quelli delle lesene interne;
corrispondono invece ai capitelli dell'ordine minore; l'esterno tripartito viene ripreso
all'interno nelle tre navate, dove si aprono cappelle simili a quelle della basilica di
Costantino e delle strutture termali romane. La disposizione ritmica delle strette
superfici murarie e delle aperture, unita al rapporto tra di esse (3:4), verrà largamente
utilizzato da Bramante. 9
Da segnalare è la stretta corrispondenza tra interni ed esterni; una soluzione nuova e
che non ha precedenti nella classicità romana.
Si può ancora notare la minor altezza della facciata rispetto alla copertura che è
intenzionalmente evidenziata (nonostante si potesse coprire con la nuova facciata) e
mette in risalto l'unione dei due elementi.
L’esame di questi lavori permette di individuare il mutato pensiero di Leon Battista
Alberti e il progressivo sviluppo delle sue concezioni a proposito degli elementi
classici. Alcuni particolari sottolineano un'inclinazione verso motivi fantastici e
romantici, frutto di un'azione emotiva nuova.
Parte terza
3.1 Palladio e Trissino
Nel 1547 Giangiorgio Trissino pubblica la sua L'Italia liberata dai Goti, dedicata a
Carlo V, il nuovo Giustiniano dell'epoca moderna. Si tratta di un'opera compendiaria,
di carattere enciclopedico.
Trissino fu un importante umanista a cui si deve il rifiorire della tragedia ellenica nella
penisola. Egli si dedicò al problema della lingua italiana, rifiutando la toscanizzazione
della cultura e mettendosi in contrasto con la maggior parte degli intellettuali italiani
dell'epoca.
Nel quinto libro della sua L’Italia liberata, procede alla descrizione di un edificio
chiamato Acrazio, di struttura modulare, all'interno del quale sono contenute
sgradevoli sorprese. Solo Palladio, angelo custode di Belisario inviato da Dio, può
riuscire a coglierne le particolarità. In questo passo viene ripresa una sezione dei testi
di Vitruvio.
Tentò di articolare un'opera sull'architettura definendo, in alcuni commenti ad essa, gli
studi di Alberti come sostanzialmente superflui. Edificò villa Cricoli per farne la sede
dell'Accademia Trissiniana, in cui gli studiosi vivevano seguendo una sorta di regola Sant’Andrea a Mantova,
Figura 10: Leon Battista Alberti, 1470
monastica, votando la propria vita allo studio di diverse discipline umanistiche e
scientifiche.
Quando il giovane Andrea di Pietro da Padova entra nel suo circolo, Trissino gli
conferisce il soprannome di Palladio, alludendo chiaramente all'angelo di cui sopra.
Palladio nasce nel 1508 e nel 1524 si iscrive alla fraglia dei muratori e scalpellini di
Vicenza. Già nel 1536 o 1537 Trissino nota il suo talento mentre il giovane lavora 10
come garzone nel cantiere di villa Cricoli. Fu molto devoto al suo maestro, che lo
iniziò all'arte architettonica, rendendosi conto delle grandi potenzialità del giovane e
che lo condusse a Roma in due diversi viaggi dove insieme studiarono le architetture
romane.
Il bagaglio culturale acquisito da Palladio nell'apprendistato con Trissino spiega a
fondo la sua architettura, diversamente incomprensibile nella sua completezza.
Concepì diverse teorie importanti in differenti campi disciplinari. I suoi studi giovanili
gli permisero di scrivere alcuni testi sulle rovine romane, utilizzati per diversi decenni
come guide turistiche alla città e sostituenti i più antichi Mirabilia Urbis Romae
(1554); scrisse i Commentarii di Cesare (1575) e li arricchì con illustrazioni; studiò
l'architettura militare e si propose di esaurire nei suoi Quattro Libri dell'Architettura
l'intero campo architettonico. Nel primo libro affrontò l'argomento degli ordini
insieme ad alcune questioni fondamentali; nel secondo trattò del tema degli edifici
domestici; nel terzo libro analizzò gli edifici pubblici e si occupò di urbanistica;
nell'ultimo libro si dedicò all'architettura religiosa.
La virtù e la grandezza dei monumenti romani giustificano, a suo modo di vedere,
l'importanza della civiltà latina. Da ciò desume che l'architettura è un obbligo morale
per colui che la esercita. Purtroppo la sua morte pose fine ai suoi progetti editoriali e
molti abbozzi vennero pubblicati postumi. Figura 11: Palladio, Villa Godi.Porto a Lonedo, 1540
3.2 Palladio e il Barbaro concentrandosi sull’opera di
Durante la sua vita Palladio studiò i suoi predecessori,
Alberti e, in particolar modo, su quella di Vitruvio. L'assiduo studio di quest'ultimo
emerge dai lavori svolti per l'amico Daniele Barbaro, per il quale illustrò l'edizione
vitruviana.
Barbaro, architetto degli interni, filosofo, poeta, teologo e storico fu un'intellettuale
anch’egli
cinquecentesco, legato alla cerchia di Trissino.
Nell'introduzione alla sua opera su Vitruvio conduce un ragionamento di carattere
filosofico sull'arte e sull'architettura. Qui egli afferma che l'arte ha per oggetto il vero
contingente; la scienza e l'intelletto hanno come oggetto di studio il vero necessario;
l'intelletto è innato, la scienza si acquista con l'esperienza. Esiste un legame tra vero
contingente e vero necessario che si esplica in tutte quelle discipline che hanno
origine nell'intelletto ma che sono contingenti come la matematica, la geometria; la
stessa architettura possiede la stessa dignità delle discipline che indagano il vero
necessario.
Essa viene considerata arte per eccellenza perché nel processo creativo che conduce al
disegno, l’architetto compie un atto che è insieme intellettuale (prima) e contingente
(dopo). 11
Barbaro e Trissino ebbero una parte importante nello sviluppo delle concezioni
architettoniche di Palladio.
I rapporti con questi due intellettuali permetteranno al progettista padovano di
acquisire le basi teoriche e pratiche che fondano la sua opera come architetto.
Nel 1555 viene fondata l'Accademia Olimpica, di cui Palladio è uno dei principali
promotori.
3.3 Palladio: realizzazioni
3.3.1 Le ville
Le idee espresse dal circolo di Trissino risultarono bene accette nel panorama
intellettuale dell’epoca. Alcune riserve invece furono espresse nei confronti dei valori
universali dell'arte propugnati da Barbaro. In Palladio tuttavia, queste leggi servirono
da base teorica per le sue ville.
Tutte si sviluppano a partire da una ambiente centrale lungo l'asse di simmetria;
tutt'attorno si innesta