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Estratto del documento

La definizione degli ordini architettonici. È nel corso del VI a.C. che il tempio greco

trova la sua espressione armonica e matura. L’edificio periptero s’impone

definitivamente come soluzione efficace a esprimere le tensioni tra le componenti

tettoniche chiuse dalla cella e la loggia aperta, a rendere quindi dinamicamente con un

gioco plastico il fecondo contrasto tra le pareti, i sostegni e gli spazi. Il solido chiuso del

naos e il recinto aperto della peristasi andranno poco a poco collegandosi in una

perfetta connessione di disposizioni assiali e di rapporti modulari, fino alla definizione

di un canone proporzionale di lunghezza, larghezza e altezza dell’edificio.

Le correzioni ottiche atte a modificare mediante alcuni accorgimenti gli errori visuali

o gli effetti deformati che si producono nella visione dell’edificio.

Gli elementi distintivi dell’ordine dorico e ionico prendono progressivamente forma

dalla pietrificazione delle commessure e dagli snodi lignei delle componenti edilizie;

assumono forme severe nell’ordine dorico, più esuberanti e fantasiosi nell’ordine

ionico.

L’ordine dorico e “i colonnati, opere belle”. Risale al principio del secolo VI a.C. la

costruzione dell’Apollonion di Siracusa (nell’acropoli): il volume del tempio ha

proporzioni allungate, conseguenza di una fronte fastosa che si contraddistingue per

l’inserimento di un doppio colonnato in facciata. È un tempio periptero esastilo, con

uno dei più antichi colonnati in pietra. La cella è accessibile da un pronao distilo in

antis. Lo spazio intero del naos accoglie la felice soluzione del duplice colonnato:

accompagna il visitatore, guidandolo fino all’ambiente più remoto, l’adyton, che chiude

la cella al posto dell’opistodomo.

(la successione canonica pronao-naos-opistodomo cambia a seconda delle esigenze di

culto)

Tutto intorno corre una selva di colonne monolitiche, alte quasi 8m, sullo stilobate del

lato orientale corre un’iscrizione “Kleomenes, figlio di Knidieidas, fece il tempio per

Apollo e alzò i colonnati, opere belle”.

Nell’elevato si colgono le caratteristiche dell’ordine dorico nelle sue precoci forme

litiche. Le colonne sono prova di un’elevata perizia tecnica e meccanica, l’architetto le

dispone sullo stilobate in ritmo così serrato che i pieni predominano sui vuoti,

nonostante l’accorgimento di spaziare gli intercolunni dei lati brevi. Le colonne hanno

scanalature e si rastremano verso l’alto, ma ancora con un assottigliamento

matematico e rigido, quindi, senza entasi.

Il capitello si origina dal peso della trabeazione ed esprime “il conflitto tra forza

portante e gravante”, si compone di un abaco quadrangolare, sul quale poggia

l’architrave, e di un echino a sezione circolare, che segna il raccordo con la parte

sommitale della colonna. Nell’echino si esprimono le caratteristiche fortemente

arcaiche dei capitelli dorici dell’Apollonion siracusano.

Artemision eretto a Corcira attorno al 580 a.C.: la scelta di un peristilio molto largo,

dipende dalla necessità di disporre di un porticato un cui svolgere feste e processioni;

esso provoca l’allargamento della fronte, che si presenta ottastila con 17 colonne sul

lato lungo. La scansione della peristasi in 8x17 colonne rispetta le proporzioni che

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diventeranno canoniche e detta anche il modulo delle relazioni proporzionali tra

lunghezza e larghezza dello stilobate. La tipologia dell’ampio peristilio anticipa

l’edificio pseudo diptero di età ellenistica. La cella ha l’aspetto di un solido lungo e

stretto, con lo spazio interno suddiviso da un doppio ordine di colonne. Il ritmo

avvicinato delle colonne determina un intercolunnio poco più largo dello spessore della

colonna; sulla superficie della colonna sono intagliate 24 scanalature. Sulla colonna

poggia un capitello di forme meno secche di quello siracusano. Lo spazio triangolare

dei frontoni sollecita qui per la prima volta composizioni plastiche lapidee complesse.

Meglio conservata è la composizione del timpano occidentale. Una gigantesca gorgone

Medusa, nel tipico schema arcaico della corsa inginocchiata, domina il centro del

frontone; ai lati ci sono i figli dell’orrendo mostro, Pegaso e Crisore, che si pretendeva

fossero nati dal cadavere della gorgone decapitata, quindi, sono due pantere araldiche.

Nello spazio discendente del triangolo trovano posto narrazioni mitiche in scala

minore, nelle quali si riconoscono l’uccisione di Priamo e la lotta di Zeus contro i

giganti; giganti atterrati occupano infine i vertici opposti del triangolo. È poco

immediato il collegamento dei temi raffigurati nel frontone con la dea titolare del

tempio.

La decorazione frontonale del tempio conserva un forte significato apotropaico. Si nota

la lavorazione dei rilievi per piani staccati e sovrapposti, mentre va accentuandosi il

sorriso arcaico (modo per dare una dimensione ai volti).

Un ritorno in patria delle forme e degli equilibri architettonici sperimentati nelle colonie

si verifica attorno alla metà del secolo VII a.C., quando a Corinto viene riedificato

l’antico tempio di Apollo, sulla collina sopra l’agorà. Del tempio si conservano ancora

sette colonne monolitiche. Le fondazioni dell’edificio furono scavate direttamente nel

banco di poros e le colonne issate su un crepidoma di quattro gradini che conferiva

slancio alla struttura grave e possente del tempio. Pianta periptera esastila di 6x15, al

solito molto allungata, per la presenza di due celle contrapposte con pronao distilo in

antis. Le colonne non presentano ancora l’entasi: troviamo una prima applicazione

delle correzioni ottiche nella curvatura dello stilobate, il cui piano, è interessato a un

rigonfiamento di qualche centimetro. I capitelli mostrano un echino poco rigonfio, di

altezza quasi pari a quella dell’abaco. Con questi edifici di forza dirompente l’ordine

dorico può dirsi codificato: siamo cioè di fronte a un canone che è già un sistema

costruttivo ed estetico di caratteristiche severe ed equilibrate.

Il genio di Rhoikos e i grandi dipteri ionici. Un forte impatto ebbe sulla cultura ionica il

genio architettonico di Rhoikos che progettò a Samo, attorno al 570 a.C., il primo

grande tempio diptero della Ionia. Un edificio enorme di 52,5x105m, orientato come al

solito verso est. La doppia peristasi di 8/10x21 colonne si erge a protezione di una

cella in poros locale che non si discosta molto dal concetto iniziale del sekos, tanto che

la statua di culto continua ad essere esposta in un monoptero appositamente costruito

al centro dell’edificio e non sul fondo. L’allargamento in facciata dell’interasse centrale

del duplice colonnato conferisce enfasi all’ingresso, con totale sacrificio

dell’opistodomo che non trova reale espressione nemmeno nei precedenti episodi

architettonici di area ionica. Le 132 colonne ioniche in poros locale (18m), formano

quasi un labirinto, ma sono disposte secondo un rigido sistema assiale che lega la

successione delle colonne in facciata con i duplici colonnati del pronao e della cella. Il

fusto della colonna con ben 40 scanalature ha una vibrazione luministica, che le

conferisce l’aspetto di una lunga tunica con pieghe sottili; è interessante notare che le

scanalature sono ancora unite l’una l’altra per lo spigolo, mentre nella successiva

ricostruzione avranno già listelli di separazione.

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Le colonne ioniche poggiano su una base in pietra, articolata in un profilo concavo e in

una modanatura a profilo convesso (toro) con scanalature separate da listelli; la

colonna ionica ha, quindi, una base articolata. I capitelli, che dovevano essere in legno,

non ci sono giunti.

Intorno al 560 a.C. di fronte al monumentale diptero viene eretto un altare di forme

altrettanto colossali; guance frangivento erano decorate con elementi vegetali di

doppio kyma ionico e cespi di lato di derivazione orientale, mentre un fregio zoomorfo

correva lungo i lati dell’altare.

La costruzione di un nuovo gigantesco tempio si colloca a partire dal 560 a.C., opera di

due architetti cretesi: Chersiphron e suo figlio Metaghenes. I due furono affiancati da

Theodoros, a cui la tradizione attribuisce la realizzazione delle fondazioni dell’edificio in

grandi lastre di scisto spalmate di argilla, con l’ausilio di carbone pestato, cenere e

pelle di pecora per fare fronte al problema della risalita di umidità dal suolo paludoso.

Si tratta, quindi, di un diptero di 59x115m, con triplice colonnato in fronte; gli assi dei

muri della cella e delle colonne sono inseriti in una maglia ortogonale. Discusso è il

numero delle colonne sul retro del tempio, è ipotetica anche la presenza a est di un

adyton. L’ingresso è scandito da un profondo pronao e la cella resta priva di copertura,

con un naiskos all’interno, per la protezione della statua di culto in legno, realizzata da

Endoios. L’intero alzato è in marmo cavato dalla vicina Belevi. La decorazione è fastosa

nei rilievi sui plinti delle colonne dal lato ovest, nelle cornici ricche di kymatia e di ovuli

e nel lunghissimo fregio che decorava la trabeazione. I capitelli sono formati da un toro

con fascia a ovuli e palmette laterali, sul quale poggia il cuscino a volute con rosetta a

otto petali. Nel timpano vennero aperte delle finestre che dovevano alleggerire

l’enorme peso dell’architrave, calcolato attorno alle 25 tonnellate. L’ordine ionico trova

qui il suo punto di espressione più alto in età arcaica.

A Mileto si fa altrettanto per Apollo nel suo santuario extraurbano di Didyma, un

santuario oracolare veneratissimo da tutti gli Ioni. Una via sacra collegava il tempio

cittadino di Apollo Delphinos all’area di Didyma; la via era costeggiata dalle statue dei

sacerdoti Branchidi e da altri monumenti. Il diptero del Didymaion ingloba un

precedente recinto di Apollo, configurandosi come una profonda area ipetrale con due

file di otto pilastri alle pareti, sul fondo della quale, in un naiskos, era custodita la

statua bronzea del dio.

Il piano del sekos è a una quota più bassa rispetto al pronao, con un dislivello che

viene superato mediante una scalinata; la successiva imponente ricostruzione di età

ellenistica impedisce di chiarire meglio quale fosse l’ulteriore articolazione degli spazi,

cioè se già nel monumentale diptero arcaico tra pronao e recinto del dio fosse inserito

uno spazio per la comunicazione degli oracoli da parte dei sacerdoti. È noto invece che

la decorazione architettonica era rigogliosa, con sculture di fanciulle attorno al rocchio

inferiore delle colonne ioniche e rilievi di leoni e gorgoni su alcune parti dell’architrave.

Intorno al 530 a.C. Policrate promuove la

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
56 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mortimero50 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Arte e archeologia greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof De Tommaso Giandomenico.