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3.10 LE CERAMICHE ATTICE: IL TRINOFO DEL MITO E DEGLI ERO.
3.10 .1 i precursori delle fig. nere ( prima metà del VI secolo a.C.)
Tra gli ultimi decenni del VII secolo e il principio del secolo successivo i ceramografi ateniesi
acquistano progressivamente familiarità con la tecnica pittorica a figure nere, mostrandosi in ciò
molto sensibili alla moda corinzia. La produzione protoattica della fase tarda( 630-600a.C), è ben
rappresentata dal Pittore di Nesso, attivo nel ventennio 620-600a.C. La celebre ANFORA DI ATENE
(fig.3.105 a.b), è esempio do monumentalità sia nelle dimensioni e nella tettonica del vaso, sia
nella composizione figurata. I cigni e le civette che il Pittore di Nesso traccia sulle anse plastiche e
sull’orlo dell’anfora sono infatti di esplicita derivazione corinzia, così pure il fregio di loti e
palmette sulla spalla del vaso; le rosette a punti distribuite uniformemente sulla superficie sono
invece riempiti di tradizione protocorinzia. Il fregio statuario di terribili gorgoni in corsa sulla
pancia dell’anfora: riprende il tema dell’uccisione da parte di Perseo di Medusa, di cui è dipinto il
corpo agonizzante decapitato: le gorgoni hanno qui assunto la loro iconografia canonica, di mostri
alati raffigurati nello schema della corsa in ginocchio. Sul collo Eracle, ancora distinguibile solo
dalla scritta, perché privo di attributi specifici, assale il centauro Nesso: la scena, non priva di cera
goffaggine, è tuttavia di grande potenza. Una o due generazioni dopo, SOPHILOS, è il primo
maestro attico di cui si abbia la firma. Egli lavora tra il 580 e il 570 a.C. e delle firme, sappiamo che
fu sia ceramista che pittore; i casi che plasma sono, di grandi dimensioni, per lo più anfore e
deinoi; le decorazioni risentono ancora del gusto corinzieggiante per i fregi animalistici
sovrapposti, ma il pittore mostra grande abilità narrativa nel tracciare con vivace bozzettismo la
folla che gremisce gli spalti di uno stadio di legno per assistere ai GIOCHI FUNEBRI DI PATROCLO(
fig.3.106). Appartiene agli anni 585-570 a.C. anche la produzione di coppe attiche con comasti(
fig.3.107), danzatori nudi o vestiti di tuniche rosse che si percuotono i glutei e si agitano, in
maniera non dissimile dalla tradizionale iconografia corinzia. Compare ora anche la forma della
kylix (coppa) con orlo distinto, vasca larga e piatta, alto piede a fusto. Pittore e vasaio fu anche
NEARHOS, di cui pare si conservano le firme: fu attivo nel secondo quarto del VI secolo. È maestro
di forme vascolari nuove, come i kantharoi, ma suo è anche un aryballos globulare di chiara
imitazione corinzia. Su un frammento di KANTHAROS DELL’ACROPOLI ( fig.3.109) si assiste forse al
primo esempio di espressione di sentimenti individuali nella figura penosa di Achille che accarezza
i suoi cavalli, consapevole del triste destino di morto che lo attende. Entro la prima metà del VI
secolo, la tecnica a figura nere viene pienamente acquisita: ma regna ancora una certa capacità
nella composizione delle scene figurate. La vivace vocazione narrativa spinge le maestranze e
prendere progressivamente le distanze degli insegnamenti della ceramica corinzia. Poco a poco le
decorazioni zoomorfie e fitomorfe vengono relegate alle parti secondarie del vaso e sempre meno
numerosi sono i pittori attici disposti a dedicare attenzione a queste temi.
- Un capolavoro di pittura: il Cratere Françios
Il Cratere Françios (Figg.3.110,3.111) fu rinvenuto a Chiusi ( Etruria) nel 1845 e battezzato dal
nome del suo scopritore: nel 1900 un custode del Museo Archeologico Firenze, dove il vaso è
tutt’ora esposto, lo fece a pezzi, riducendolo in oltre seicento frammenti, dai quali il cratere venne
parzialmente ricomposto. Tra le decine di iscrizioni dipinte sul vaso vi sono anche quelle , ripetute
ben due volte, che ci rivelano che il cratere è frutto della fortunata collaborazione tra due maestri,
Ergotimos vasaio e Kleitias pittore. Il cratere, che si data intorno al 570-560 a.C. è il primo esempio
monumentale e maestoso di cratere a volute. Kleitias ne decora l’intera superficie con scene
figurate che, se nella disposizione per fregi sovrapposti ancora mostrano un legame con la
concezione corinzia, se ne affiancano completamente e sorprendentemente per la vivacità
narrativa e l’ispirazione tutta mitologica dei contenuti: il fregio animalistico di tradizione corinzia è
relegato a una posizione assolutamente secondaria, nel punto più basso, quindi meno visibile,
della vasca. Sul labbro sono raffigurati da un lato la caccia al cinghiale calidonio contro cui si
schierano tra i primi Meleagro, Atalanta e Peleo, dall’altro lo sbarco di Teseo a Delo e la danza
gioiosa dei giovani ateniesi; sul collo sotto la caccia è la corsa dei carri per i funerali di Patroclo,
dall’altro lato una scena di centauromachia. Il primo fregio della vasca, nel punto di massima
espansione del vaso, è l’unico a ospitare una narrazione continua, tutto intorno alla superficie del
cratere; essa mette in scena le nozze di Peleo e Teti, da cui nascerà Achille. Nel fregio seguente da
una parte osserviamo una vivida raffigurazione del ritorno di Efesto sull’Olimpo, dall’altra fuori
dalle mura di Troia Achille insegue Troilo che ucciderà. Chiude il fregio animalistico di tradizione
orientalizzante, mentre sul piede, con la battaglia di pigmei e gru. Sulle anse sono dipinti Artemide,
la gorgone, in omaggio alla vecchia tradizione corinzia: e Aiace che trasporta il cadavere di
Achille.(fig.3.27). il programma figurativo di Kleitias si rivela, tutt’altro che slegato e disomogeneo:
ma risponde a un progetto unitario che tramite la vicenda esemplare di due eroi, Achille e Teseo,
diviene veicolo di richiami religiosi e insegnamenti etici, che facilmente sarebbero stato colti dagli
aristocratici dell’ Atene. Il cratere è uno dei massimi capolavori della ceramica antica per la perizia
tecnica e la straordinaria complessità del programma iconografico.
3.10.2 Pittori e vasai all’ombra dei Pisistratidi( seconda metà del VI secolo)
La presenza di coscienza dell’importanza del prestigio connesso con le abilità artigianali coincide di
fatto co la comparsa, dal 540 a.C. circa fino almeno ai primi decenni del V secolo, di immagini di
lavoro artigianale, ceramico e non, dipinte sui vasi. La seconda metà del VI secolo è anche fase di
grande sperimentazione. Mossi dalla ricerca di effetti di colorismo e di più efficace resa pittorica, i
maestri del Ceramico di Atene si misurano in vari esperimenti tecnici: tra questi è l’applicazione di
una vernice che conferisce alla superficie ceramica una brillante tonalità corallo. Usata dose per la
prima volta da Exechias nella coppa con navigazione di Dioniso(fig.3.113): oppure la campitura di
figure interamente in bianco su vernice nera con graffiti che lascino intravedere il fondo nero e
non quello dell’argilla ( tecnica di Six). Grande è la ricchezza iconografica delle ceramiche figurate
di questo periodo che ai soggetti divini ed eroici uniscono l’attenzione per la sfera umana,
raffigurata non nella banalità quotidiana, bensì nei suoi episodi più altamente qualificanti il profilo
etico e morale del cittadino e della città ateniese. Dal 530 a.C. in poi, si segnalano i vasi per più
hydrai, con scene di donne che attingono acqua alla fontana (fig.3.59): il probabile collegamento
con la regolamentazione idrica promessa dai Pisistratidi, intervento che fece delle fontanenun
polo di aggregazione femminile. Questi vasi hanno acceso un dibattito intenso, se cioè nelle
figurine che attingono acqua si debbano riconoscere delle schiave, oppure se non sia il caso di
ammettere he le donne dell’Atene di Pisistrato conducevano una vita più libera di quanto le fonti
letterarie spesso lasciano intendere. Si osservino, la vivace scena di fanciulle al bagno dipinta dal
Pittore di Priamo su un’anfora ( fig.3.115), e lo straordinario gruppo di donne che nuotano e
tuffano in mare, del Pittore di Andokines, già nella tecnica a fig.rosse (fig.3.114). Quanto ai
soggetti eroici: con particolare frequenza vengono raffigurati episodi legati ai poemi omerici,
soprattutto in riferimento all’Iliade e ai due eroi greci più valorosi, Achille e Aiace.
- Lydos, la grazia di Amasis e la grandezza di Exechias
Il culmine della pittura vascolare attica a figure nere di età Pisistratidi è rappresentato da tre
personalità, attive tra il 560 e il 525 a.C.: sono maestri che giungono quindi fino alle soglie del
periodo delle figure rosse, senza mai lasciarsi tentare dalla nuova tecnica. I loro nomi sono Lydos,
Amasis ed Exchias, e li conosciamo dalle firme. Il primo è più che altro un nomignolo, “il Lidio”, in
allusione alla condizione di immigrato o di figlio di una fam. Immigrata dalla Lidia, non possiamo
sapere se l’artigiano fosse nato ad Atene, o vi fosse trasferito in giovane età, ma per le qualità
tecniche e per la cultura delle sue immagini è certo he si formò nelle officine ateniesi del
Ceramico. Gli sono attribuiti almeno un centinaio di vasi, che non scendono oltre il 540
a.C.:accanto a prodotti correnti si collocano opere di grande drammaticità ( fig.3.116). Una delle
personalità più complesse e originali nelle officine ceramiche dell’età di Pisistrato è Amasis Egli è
certamente vasaio, dato che come tale si firma, ma potrebbe anche aver lavorato come
ceramografo: in ogni caso la maggior parte dei vasi da lui plasmati è dipinta da una stessa mano,
cui per convenzione è stato dato il nome di Pittore di Amasis, nome egizio. Con lui s’introduce
l’alabastron, forma di unguentario tipica egizia, da lui riproposta ad Atene in argilla. Il pittore è
spirito antieroico, ama le rappresentazioni di tono famigliare e inclina per un disegno di modeste
dimensioni, di figure eseguite con minuzia con corpi slanciati e gesti pensati. Ne sono chiaro
esempio le DUE LEKYTHOS DI NEW YORK, forse da leggere in coppia, perché molto simili sia nella
forma sia nella composizione. Sulla prima ( fig.3.118 a,b) è dipinta una briosa processione nuziale.
La seconda ( fig.3.119), all’interno della casa alcune fanciulle sono intente a filare, altre a tessere. Il
pittore di Amasis scopre i temi dionisiaci. Nell’anfora di Parigi, il dio, con lunga barba e kantharos
in mano, compare protagonista accanto alle mendai ( fig.3.120 a,b), altrove si compiace invece di
unirsi ai tiasi dei suoi satiri, conquistando da questo momento in poi un posto di primo piano nei
repertori vascolari. Il pittore di Amasis è attivo molto a lungo, dalla metà del VI secolo fino al 520
a.C, ma non mostra alcun interesse per la nuova tecnica a figure rosse. All’intima grazia delle scene
dipinte del Pittore di Amasis si contrap