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Negli anni Trenta l'esposizione era diventata una delle forme principali dell'attività surrealista e poteva rappresentare: una protesta
politica, uno spostamento estetico o promuovere la diffusione del Surrealismo. Nel 1938, pochi mesi dopo la mostra L'arte
degenerata, si inaugura la prima Esposizione internazionale del Surrealismo a Parigi, curata da Andrè Breton, Paul Eluard e
Marcel Duchamp. Con questa mostra la qualità narrativa del tipico oggetto surrealista venne estesa allo spazio espositivo reale, e lo
spettatore venne chiamato a partecipare attivamente. Tra le opere esposte c'era Oroscopo di Marcel Jean, un manichino con
decorazioni di gesso per la base e le braccia e un orologio inserito sulla sommità senza testa. Jean lo dipinse di un blu lucente con
disegni oro e grigio che si scoprono gradualmente essere una mappa e uno scheletro (le costole). Quest'oroscopo-clessidra
pronostica un mondo morto, con il suo tempo che si esaurisce; al contrario Il mondo all'epoca dei surrealisti è una rappresentazione
di una mappa del mondo immaginaria, riscritta umoristicamente secondo gli interessi surrealisti. Qui troviamo solo due capitali,
Parigi e Costantinopoli, mentre le varie nazioni sono disposte in maniera alternativa.
L'esposizione si presentava come un racconto sconcertante che seguiva le linee del gioco del “cadavere squisito”, in un ambiente
dove si confonde l'interno con l'esterno. All'ingresso troviamo il Taxi piovoso di Salvador Dalì, un vecchio taxi con all'interno due
manichini, un autista avvolto da una pianta rampicante, e una donna ricoperta di lumache (manichino: clichè surrealista, richiamo
onirico al desiderio). Il tema della prostituzione continuava nel corridoio che portava alle due gallerie e che era allestito come una
“via del Surrealismo” con segnaletica stradale e sedici manichini di donna stranamente vestiti da Dalì, Mirò, Man Ray, Duchamp e
altri. Il corridoio apriva sulla stanza principale dove il pavimento era ricoperto di foglie, muschio e sporcizia; c'era anche un
laghetto circondato da canne e felci e un letto matrimoniale con lenzuola di seta ad ogni angolo della stanza. Oroscopo era ai piedi
di un letto mentre vari quadri, tra cui La morte di Ofelia di Masson, erano appesi alle pareti. La galleria era quindi allestita come
uno spazio onirico, secondo la bizzarra logica del sonno. L'ambiente era buio, e ai visitatori furono distribuite torce elettriche per
meglio contemplare i dettagli. Appesi al soffitto c'erano 1200 sacchi di carbone vuoti e sporchi, mentre al centro del pavimento c'era
un braciere; altra confusione di spazi. Al culmine di questo mescolamento di arte e prostituzione, commercio e industria, Dalì
assunse una ballerina per eseguire la simulazione di un attacco isterico intitolata L'atto non consumato; c'erano poi risate folli da
asilo psichiatrico e musica militare tedesca trasmesse nelle stanze dell'esposizione. Possiamo dire che la mostra ruppe le
opposizioni interno-esterno, privato-pubblico, soggettivo-sociale.
Con la resa della Francia al nazismo, nel 1939, molti artisti furono costretti alla fuga e all'emigrazione: l'esposizione rimase uno
strumento primario dell'attività surrealista, con la funzione ora anche di riunione degli esiliati. Per esporre la sua collezione di arte
modernista raccolta in Europa, Peggy Guggenheim aprì il 20 ottobre 1942, a New York, una galleria-museo chiamata Art of This
Century. L'architetto Frederick Kiesler divise lo spazio in quattro settori: uno per le mostre temporanee e tre per le esposizioni
permanenti della collezione, ognuno dei quali nello stile dell'arte esposta. La Galleria astratta sospendeva i suoi quadri senza
cornice su fili metallici che andavano dal soffitto al pavimento formando grandi V parallele o perpendicolari alle pareti. La Galleria
cinetica esponeva diversi quadri di Paul Klee su un trasportatore a nastro, mentre un altro dispositivo mostrava la Scatola in valigia,
un pezzo per volta, attraverso uno spiraglio. La Galleria surrealista aveva pareti curve di legno, da cui i quadri si staccavano
sostenuti da montanti con angolature diverse; anche le sedie dalle forme biomorfe potevano essere scambiate per sculture. Kiesler
illuminò un lato per volta per due minuti, per avere una galleria che pulsa “come il tuo sangue”. Egli cercò infatti di dissolvere la
dualità artificiale e la barriera tra visione-realtà, e immagine-ambiente, dove non ci sono cornici o limiti tra arte, spazio e vita.
Eliminando la cornice lo spettatore riconosce il proprio atto di vedere come una partecipazione al processo creativo non meno
essenziale e diretta di quella dell'artista. Questo progetto può essere interpretato come risposta all'anomia dell'esilio, come un
tentativo di abbandonare la vecchia idea surrealista di perturbante, per introdurre un nuovo mito surrealista di mondo abitabile e
concepibile.
Una settimana prima Duchamp inaugurò la sua istallazione chiamata Prime carte del Surrealismo, illustrando un altro tipo diverso
di mondo, più alieno che perturbante, ma certamente non familiare. Fu una mostra a favore dei prigionieri di guerra, l'allestimento
venne curato da Elsa Schiaparelli che, assieme a Breton e Ernest, scelse le opere di cinquanta artisti. Il titolo Prime carte si riferisce
ai moduli per ottenere la cittadinanza Usa, e può essere letto sia come dichiarazione ottimista di nuova vita, sia come amara ironia
nei confronti di qualsiasi identificazione ufficiale in piena Seconda guerra mondiale. Altrettanto ambigua fu la maggior parte degli
aspetti più famosi della mostra, come il groviglio di filo che Duchamp tese per tutta la stanza principale, non solo oscurando i
quadri ma ostruendo anche l'entrata della stanza. Furono date molte interpretazioni di questo groviglio: per alcuni testimoni era una
figura della difficoltà dell'arte modernista, per altri era un tropo dell'epoca come ragnatela, anche se non è chiaro se in positivo o in
negativo. L'istallazione giocò certamente su fascino surrealista per il labirinto come figura dell'inconscio (con l'uomo-bestia
Minotauro al centro), una figura che rimandava allegoricamente alla guerra e all'esilio; gli artisti esposti perciò erano come Arianna,
speranzosi di trovare una via d'uscita.
Mentre Kiesler voleva farla finita con le cornici per rendere l'arte surrealista immediata, Duchamp lavorò ad elaborare cornici
continue in un letterale labirinto come per resistere alla definizione istituzionale di quest'arte. Il Surrealismo in esilio era così diviso
tra la ricerca di una “casa sostitutiva”, rappresentata da Kiesler, e l'accettazione di una profonda assenza di casa, rappresentata da
Duchamp. Tuttavia, nel 1947, i due amici collaborarono ad un'altra Esposizione internazionale del Surrealismo a Parigi: questa
volta lo spettatore doveva passare per una serie di prove in una sequenza di spazi prima di vedere le opere in mostra; il tropo fu qui
un rito di ritorno, e il racconto fu quello di una introiezione rituale.
1944
•
Piet Mondrian morì a New York il 1° febbraio 1944. Poco dopo il suo studio venne aperto al pubblico: era uno spazio dinamico, con
le pareti bianche trasformate in schemi di giochi ottici dai molti rettangoli di colori puri affissi, e mobili bianchi improvvisati. C'era
una continuità diretta tra le superfici pulsanti delle pareti e il ritmo staccato dell'ultimo quadro non finito Victory Boogie-Woogie
(quadro a diamante, ruotato di 45°). questa continuità fu particolarmente rafforzata dal fatto che sul quadro non c'era più nessun tipo
di linea, ma solo allineamenti di piccoli rettangoli di colore, molti dei quali sono pezzi di carta incollati goffamente sulla tela. Gli
spettatori avevano avuto quindi la sensazione di camminare dentro un quadro. Per gli amici di Mondrian, che avevano visto il
quadro anche prima della sua morte, fu uno shock, un capolavoro rovinato: Mondrian aveva infatti più volte concluso il quadro, ma
ogni volta aveva poi cancellato quello che aveva fatto e ricominciato da capo; forse proprio perchè sapeva che sarebbe stato l'ultimo
e doveva essere grandioso. La distruzione era ciò che aveva cercato senza fine durante tutta la lunga gestazione di Victory Boogie-
Woogie, tema tra l'altro ricorrente nelle sue opere come distruzione della forma, del particolare, dell'individualità. Tuttavia nella
mente di tutti divenne il campione di un'estetica costruttiva, per l'ambiguità del suo messaggio: la negazione di un elemento da parte
di un altro aveva portato i suoi quadri ad essere assolutamente scentrati (compiendo così la distruzione del particolare), ma erano
anche impeccabilmente bilanciati.
All'età di sessant'anni si rese conto che, per sostenere meglio la distruzione che aveva sempre invocato, doveva frammentare il
linguaggio della sua pittura; gli elementi del Neoplasticismo, che aveva concepito come culmine di tutta l'arte del passato, furono
demoliti in quanto entità. La prima cosa che venne dissolta fu la bidimensionalità, attraverso il re-inserimento della ripetizione,
abolita nelle sue pitture dal 1919, che avrebbe così completamente minato l'aspetto classico delle sue opere. Se fino ad allora la
ripetizione era stata un fenomeno naturale (e quindi vietato), ora diventava l'arma favorita nella lotta contro l'identità: moltiplicò le
linee che delimitano e legano le superfici in modo da far emergere solo il ritmo, rendendo le superfici dei niente. Le linee
diventarono così l'elemento più attivo, l'agente distruttivo principale che permise la perdita d'individualità delle superfici. Il primo
tentativo di Mondrian di tale radicalizzazione del processo pittorico fù Composizione B (con linea doppia, giallo e grigio) del 1932,
con la quale inaugurò “la linea doppia” due linee nere parallele e il loro interstizio bianco, anch'esso percepito come linea; non c'è
più differenza tra linea e superficie poiché la linea non ha più una posizione subordinata. Il passo successivo, nella seconda metà
degli anni Trenta, fu di trasportare questa pluralità di linee in una pura scansione, una pulsazione irregolare dell'intera superficie
della tela. Allo spessore variabile delle linee, alla loro moltiplicazione e alla persistenza retinica che crea, Mondrian aggiunse poi la
parziale interruzione di alcune linee, che così cessano di sezionare la superficie e contribuiscono a dare una fugace esistenza delle
superfici fittizie, che si formano e dissolvono davanti ai nostri occhi.
L'opera di Mondrian ebbe una rapida evoluzione quando lasciò l'Europa per trasferirsi negli Stati Uniti; colpito dalle città e
acclamato come maestro, iniziò a rivedere tutte le sue tele. In Composizione n.9 possiamo facilmente isolare tutti gli elementi di
questo