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LE SPERIMENTAZIONI DI PINOT GALLIZIO
Gallizio a 50 anni conosce il pittore Asger Jorn e, come per effetto di un’inarrestabile reazione
chimica, fa convergere rapidamente la sua ricerca estetica verso un impegno politico, ideologico e
artistico totalizzante. Si lega al Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista, che si
trasformerà a breve nel Movimento Internazionale Situazionista. Gallizio, analogamente a
Constant e Jorn, fonda la sua ricerca artistica su un assoluto “anarchismo creativo”, che si
alimenta di slanci emotivi e passioni vitalistiche, si nutre della forza dell’immaginazione estetica,
della prefigurazione di una diversa realtà quotidiana e di nuovi mondi. In questo percorso, la
sperimentazione continua con i più inconsueti materiali, compiuta nel Laboratorio Sperimentale di
Alba dove inventa, ad esempio, la Pittura al metro, detta anche in pittura industriale, ovvero grandi
rotoli di tela dipinti alla maniera dell’espressionismo astratto venduti al metro e a basso costo,
senza rispettare l’aura di unicità dell’opera d’arte e senza rispettarne l’eventuale “contenuto”. Nel
1959 si inaugura alla Galerie Drouin di Parigi La Caverna dell’Antimateria, un ambiente realizzato
con 145 metri di pittura industriale che riveste completamente pareti, soffitto e pavimento, creando
uno spazio di intesa ed esplosiva energia organica, lo spazio dell’antimondo, metafora del caos
primigenio, il luogo primario di reazioni psicofisiche ed di emozioni vitali. L’esposizione sancisce al
tempo stesso la sua rottura ufficiale con l’entourage situazionista, e l’ingresso felice e
fondamentalmente ingenuo nel sistema dell’arte. Dal 1962 Gallizio dipinge un ciclo di quadri sul
tema della Notte, poi i Neri e infine Anticamera della morte, un’opera-istallazione in cui vengono
dipinti di nero tutti gli oggetti che lo circondano nello studio.
4:1946 – primi anni 60 “Ingegneri del tempo perduto”
Marcel Duchamp
Le origini dadaiste di Duchamp affondano nella sostanziale acquisizione novecentesca della
scoperta freudiana dell’inconscio e in particolare nelle ricerche della psicologia sperimentale, che
incomincia a rivolgere l’attenzione non soltanto al sistema retinico ma soprattutto ai processi
celebrali superiori; è proprio questo punto di svolta scientifico che permette all’artista francese un
superamento definitivo dell’arte retinica: non è tanto l’occhio l’elemento predominante del discorso
artistico, quanto le interferenze celebrali e i processi superiori della percezione a cui gli occhi sono
connessi. Attraverso le sue opere, Duchamp sancisce il principio del “guardare” come una
condizione dell’intelletto inevitabilmente collegata alla dinamica del desiderio. L’opera di Duchamp
che incarna questa eterna fusione dell’intelletto e del desiderio è Etant donnes: 1. La chute d’eau/
2.Le gaz d’eclairage.
Piero Manzoni
Piero Manzoni è uno dei massimi artisti e teorici italiani dell’avanguardia degli anni 60. L’esordio
pubblico di Manzoni, con alcuni quadri esposti senza successo al Premio San Fedele nel 1956, ha
a che fare sicuramente con la rappresentazione umana, col concetto di identità, coppia, famiglia e
gruppo sociale. Ma il lavoro del giovane Manzoni è osteggiato, rifiutato e in definitiva sconosciuto
all’ambiente artistico ufficiale. Con l’intenzione di rifondare un nuovo contesto culturale
d’avanguardia, nel 1959 Manzoni dà vita a una galleria autofinanziata. Azimuth, affiancandola alla
pubblicazione di una rivista di teoria dell’arte autogestita, anch’essa denominata “Azimuth”,
insieme all’artista e amico Enrico Castellani. L’avanguardia degli anni60, permette di formulare
nuovi principi estetici e uscire in tal modo dall’impasse storica degli anni 50: occorreva
abbandonare definitivamente il mito della “spontaneità” e dell’espressività dell’artista, per
recuperare invece le facoltà intellettuali e scientifiche dell’uomo moderno, valorizzando su nuove
basi psico-filosofiche la sua identità storica. L’arte, non coincide più, nel pensiero di Manzoni, con
la necessità di “rappresentare” il mondo, o di rendere la varietà del mondo attraverso una serie
statica di “quadri”. Manzoni utilizza la linea come concetto guida di molte sue opere. Manzoni
realizza opere a dir poco anomale secondo l’estetica dominante, come superfici di panini veri
interamente verniciati di bianco, superfici costituite da batuffoli di ovatta, sassi o palline di
polistirolo; e ancora: fiato, feci, sangue in qualità di “secrezioni d’artista” conservate in scatoletta o
sotto vetro; porta addirittura del cibo vero in galleria, invitando il pubblico a nutrirsi di uova sode;
firma il corpo nudo di modelle in posa come sculture viventi; posa un enorme parallelepipedo di
ferro su di un parco della Danimarca, a Herning, indicando quella come “Base del Mondo”, laddove
il mondo intero costituisca l’unica, vera, totale opera d’arte vivente. La continua metamorfosi
stilistica delle opere di Manzoni ci informa di un altro principio importante: l’artista d’avanguardia
non deve necessariamente identificarsi in una riconoscibilità stilistica, anzi egli quasi rifiuta la
coerenza formale; essenzialmente è invece riuscire a snodare il proprio immaginario attraverso
una produzione incessante e inaspettata di idee e progetti che, per essere significativi agli occhi
dell’osservatore, non possono ripetersi mai, ma devono sempre essere inediti e straordinariamente
nuovi. Piero Manzoni poneva l’originalità e l’irripetibilità dell’opera come principio primo di ogni atto
creativo che fosse necessario e significativo per la collettività.
FRANCESCO LO SAVIO
La produzione di Francesco Lo Savio si condensa in soli 5 anni, dal 1959 al 1963, e può essere
valutata complessivamente come una folgorante anticipazione delle poetiche minimaliste e
concettuali, che domineranno poi tutta la seconda metà degli anni 60. Ha realizzato pochissime
opere, ma ha tessuto una moltitudine di rapporti teorici tra artisti/scienziati viventi e quelli del
passato, accostando i manoscritti leopardiani e i più recenti studi di illuminotecnica, alle leggi
costruttive del Pantheon e a quelle pittoriche di Malevic. I dipinti sono realizzati dal 1959 al 1960 e
si intitolano quasi esclusivamente Spazio-luce, proprio a indicare l’inscindibilità di quel rapporto alla
base di ogni atto percettivo. Sulla tela, quadrata o rettangolare, viene steso un pigmento
omogeneo e quasi incolore; ma, dopo una prolungata osservazione del dipinto, emerge
chiaramente una zona circolare centrale al quadro, priva di confini netti, per cui la visione oscilla
tra espansione e contrazione dell’immagine circolare, tra movimento centrifugo e centripeto. Si
tratta di quadri bidimensionali in grado, però, di catturare l’osservatore nella tridimensionalità. Così
dal “quadro”, Lo Savio passa concettualmente all’ideazione del “filtro”:che consiste in una reale
stratificazione di superfici, il che vanifica completamente l’aspetto bidimensionale dell’opera e
l’avvicina piuttosto, concettualmente, a una vera e propria struttura architettonica, ad esempio nel
disegno Dinamica dei filtri, del 1959, Lo Savio chiarisce ulteriormente la sua idea di “filtro” vista
come sorgente di irradiazione di energia, partendo dal centro propulsore di movimenti vibratori
dell’opera (superficie estetica) che si dirigono poi verso l’esterno (spazio ambientale). Tali
movimenti di vibrazione variano, ovviamente, a seconda dell’intensità luminosa che viene a
determinarsi di volta in volta, della qualità e dell’intensità della sorgente di luce, e della distanza
dell’osservatore dal filtro stesso. Dal 1960 al 1963 realizza alcune opere dal titolo Metallo nero
opaco uniforme, che consiste in lastre di metallo rettangolare, piatte o curvilinee, o con parti
inclinate e aggettanti rispetto al piano di visione dell’osservatore.
5: 1958 -1968 La linea anglosassone e le neo-avanguardie europee
Il New Dada Statunitense
Il New Dada ha la funzione storica di traghettare l’arte statunitense dalle rive consolidate
dell’espressionismo astratto, verso le nascenti sponde della pop art, coniugando al tempo stesso
l’irruenza pittorica del primo ai nuovi suggerimenti figurativi e realistici dell’immaginario pop. New
Dada (nuovo dadaismo) è la sigla utilizzata nel 1958 in un articolo della rivista “Artnews”” per
identificare il filo conduttore tra le opere di Jasper Johns, Allan Kaprow, Robert Rauschenberg e Cy
Twombly. Il movimento New Dada, che in America coincide con Johns e Rauschenberg, compagni
di lavoro e di vita, nasce all’insegna di un recupero “freddo” della pittura e del ready-made, come
bene esemplifica il più anziano dei due. Attraverso la tecnica del collage tridimensionale, il New
Dada decreta la fine delle gerarchie culturali in nome di una sorta di “livellamento” artistico di temi,
materiali e immagini.
Robert Rauscenberg
Le sue prime mostre newyorkesi risalgono al 1951 e al 1953; sono gli anni di Black Paintings e
White Paintings,monocromi concepiti come specchi assorbenti e riflettenti la realtà. Nel 1955
disegna e realizza scene e costumi per la compagnia di danza Merce Cunningham e dipinge
Combine painting, un materasso vero e proprio dotato di cuscino, lenzuola e coperta, posto in
verticale e caoticamente dipinto, nella sua parte superiore come se fosse una tela. Ma il nome di
Rauscenberg diviene famoso nel 1964, quando vince clamorosamente il Gran Premio
Internazionale per la Pittura alla XXXII Biennale di Venezia. In quell’occasione, l’artista si distingue
per la realizzazione di monumentali Combine paintings, in cui spezzoni di immagini si alternano a
inserimenti di pittura espressionista, che agiscono da “legante” tra le varie immagini. Con questa
tecnica combinatoria, che lega concettualmente l’immaginario contemporaneo a tecniche gestuali
squisitamente astratte, Rauschenberg, riporta in auge quell’immagine così estromessa dalla
poetica informale; ora però vengono scelte immagini “fredde”, non autobiografiche o espressive.
Sulla tela viene ad attuarsi, così, una sorta di equivalenza iconografica, in cui ogni elemento si
presta all’osservazione libera rimanendo scevro da qualsiasi diatriba tra astrazione e figurazione.
Il fenomeno della pop art. Inghilterra – Stati Uniti, anni 60
Nel 1939 il critico Clement Greenberg, sostenitore dell’espressionismo astratto, evidenzia una
contrapposizione tra arte d’avan