S S X
Standard di riferimento: saccarosio (2.5 o 10%) (f )
sac,g
Allora f (10) = 100 significa:
sac,g
- che la sostanza è 100 volte più dolce di una soluzione al 10% di saccarosio
- che una soluzione allo 0.1% di questa sostanza è dolce come una soluzione al 10% di saccarosio
Il valore di soglia: la più bassa concentrazione di una soluzione acquosa che può essere percepita
dolce.
Potere dolcificante relativo: di una sostanza X, in riferimento ad una sostanza S: il rapporto delle
concentrazioni c (% peso su peso o mol/l) di soluzioni di S e X aventi lo stesso grado di dolcezza
(isosweet).
Sapendo che esiste una intensità di dolcezza relativa legata alla struttura, e c’è una scala che
tiene come punto di riferimento il saccarosio, dò dolcezza in base ad esso. Il fruttosio è più dolce
del saccarosio, il lattosio è poco dolce. Saccarosio 100, lattosio 33.
I polioli hanno dolcezze relative comparabili a zuccheri, il vantaggio di usare ad esempio lo xilitolo,
è il fatto che sono meno assibilabili, quindi meno calorico. Ci sono dolcificanti acalorici, che hanno
potere dolcificanti mille volte più alti del saccarosio che fanno si ne possa usare poco.
Modello di interazione molecola-recettore
Il processo è veloce, reversibile ed implica un assorbimento stereospecifico sul sito recettoriale
La molecola chimica deve avere un gruppo polare accettore, uno apolare e un gruppo donatore; i
tre devono essere messi in una certa geometria, a quel punto la molecola si incastra perfettamente
e il recettore funziona, se la molecola non ha la forma giusta allora non si lega e non da
percezione. Molecole più piccole si legano ma danno meno intensità rispetto ad una di forma
precisa.
Si iniziano a capire le parti dolcificanti delle molecole e quali sono le parti delle molecole che
donano la caratteristica, nel saccarosio abbiamo il legame tra i due zuccheri.
Una volta capito come funziona il recettore del dolce, allora non prendo più le molecole dagli
alimenti, ma provo a creare io un composto di sintesi, anche magari non sia calorica e abbia
comunque le caratteristiche giuste, nascono così i dolcificanti.
Dolcificanti
L’industria alimentare studia da anni molecole in grado di elicitare la percezione del dolce a
concentrazioni molto basse: questi dolcificanti sono in grado di dare la sensazione del dolce senza
l’apporto calorico degli zuccheri, poiché possono essere utilizzati in quantità molto basse.
L’aspartame Dolcificante da tavola, per alimenti e bevande. 180 volte più dolce del saccarosio. In
etichetta: contiene una fonte di fenilalanina (problema solo per persone affette da fenilchetonuria,
una malattia genetica che impedisce di metabolizzare la fenilalanina).
è un amminoacido non naturale, e questa molecola ha la capacità di interagire con il recettore del
dolce in maniera più elevata dando un peptide che si decompone in due parti e minimamente
calorico, non da origine a componenti tossiche.
Ad oggi non c’è evidenza scientifica che faccia male. Nell’aspartame c’è Fenina alanina
fenilchetunuria è nocivo per chi ha questa malattia. In più libera una parte di metanolo, ma la
quantità di metanolo che assorbiamo dalla aspartame, non è maggiore del metanolo ingerito da
altri alimenti. Se la dieta si sposta su alimenti light, allora può cambiare la questione
dell’esposizione, ma in generale non fa male perché l’esposizione è minima.
Per poter avere una fetta di mercato che non voleva problemi per questioni di vendita, vengono
introdotti i dolcificanti di origine naturale.
Nasce la stevia, principale concorrente dell’aspartame, anche di questa la letteratura mette in
dubbio la cancerogeneità, non fondati, il fatto è che di una si parla dell’altra no. Una è chimica e
l’altra no.
L’apartame ciclizza, in presenza di calore, il che toglie dolcezza e aumenta l’amaro. Non può
essere usato prima del trattamento termico.
La stelvia ha retrogusto di menta e liquirizia molto forte, che regge però i trattamenti termici.
Saccarina: 300 volte più dolce del saccarosio.
Dolcificante da tavola, per alimenti e bevande.
Approvato in: USA, EU, Africa, Asia, Australia è stata bandita dal mercato 30-40 anni fa, poi
reinserita, ancora adesso nella coca c’è la scritta che dice che può creare tossicità negli animali in
laboratorio. Lo studio di cancerogenicità prevede una malattia lungo una vita, per forzare la
presenza di un evento che porta il cancro devo forzare la cosa dando prodotti in quantità
maggiore, rispetto al normale o dell’esposizione di una vita, è stato dato al topo una quantità non
espellibile tramite urina, é il fatto che ci sia del sale, lo rende alcalino e ha portato calcoli renali.
Quindi cancro ai reni. Questo non è però uno studio affidabile e accettabile.
La chiralità incide sulla percezione, ad esempio l’istidina, a seconda che sia in forma L o D è
amaro o dolce, fa si che si pensi che l’amaro e il dolce siano in qualche modo collegati.
Sucralosio (derivato clorurato del saccarosio)
Dolcificante da tavola, per alimenti e bevande. 650 volte più dolce del saccarosio.
Stabile alla temperatura (cottura, prodotti da forno).
Approvato in USA, EU
28/11/17
Passando da una forma di amminoacidi L a D e viceversa, il cambiamento porta ad un
cambiamento di sapore, alcune volte da neutro a dolce, altre da amaro a dolce o viceversa.
Questo fa si che il cambio di chiralità permetta a chi studia la struttura dei recettori di ipotizzare
delle strutture utilizzabili.
Si sviluppano una serie di teorie nuove che nascono negli anni 80-90. Quello che è importante dire
è che: il recettore del gusto del dolce, dell’amaro e tutti gli altri siti recettoriali della lingua, anche
quelli meno conosciuti, non sono semplicemente un sito di interazione, ma una struttura multi-sito,
dove i siti delle proteine arrivano a 8 siti, i quali fanno si che molecole piccole con caratteristiche
leggermente diverse, possano attaccarsi e interagire con uno degli 8 siti. La seconda cosa è che
una molecola grossa, come un’altra proteina che ha diverse zone, può interagire con più siti del
recettore, ecco perché alcune proteine grosse, danno dolcezza molto persistente e forte. Se il sito
fosse piccolo ci interagirebbe solo la molecola piccola e quella grossa non potrebbe, ma se la
struttura del recettore è invece più complessa con 8 punti di gancio e una struttura tridimensionale
complessa, allora può interagire anche con molecole grosse che danno intensità e persistenza
diversa.
L’intensità deriva da quanto è forte l’interazione tra molecola e punto di gancio, se la molecola si
lega in maniera forte ma è piccolina, allora la sensazione è intensa ma molto breve.
La persistenza: la molecola magari è molto grossa per cui rimane ferma in quella posizione per un
periodo più lungo e quindi la sensazione potrebbe essere meno intensa ma durare più tempo.
Il modello multisito è stato studiato, ed è stata disegnata una molecola a tavolino che abbia la
possibilità di legarsi perfettamente al recettore multisito, non è una molecola vendibile, ma
rappresenta l’idea e il calco del recettore.
Le interazioni a livello elementare sono di tre tipi: (i) interazione ionica (attrazione elettrostatica), (ii)
legame idrogeno, (iii) forze di van der Waals (interazioni idrofobiche o steriche).
Modello di interazione saccarosio -recettore
Il modello mostra 14 interazioni elementari e spiega la selettività del recettore verso il saccarosio in
confronto a molte altre molecole naturali. L’assenza di interazioni elettrostatiche forti (ioniche) e di
interazioni steriche (idrofobiche) spiega il basso grado di dolcezza rispetto ad altri dolcificanti.
Intensità e persistenza sono importanti, perché si può regolare la percezione al cervello dando una
scalatura di persistenza, una sensazione arriva prima o dopo, per fare in modo che possa poi
arrivare quella successiva. Ho una chewingum al gusto di nicotina, amara, che maschero con un
dolcificante che abbia una capacità di resistenza molto lunga che duri durare tutto il tempo della
masticazione.
Gusto amaro
Sito amaro: è un recettore molto simile a quello del dolce, molecole sono principalmente alcaloidi, i
dolci principalmente zuccheri ma non solo, ugualmente non solo alcaloidi. Gli alcaloidi sono
molecole di origine vegetale, e caratterizzati da avere anelli aromatici o alifatici, o comunque
policiclici azotati. La chinina, la caffeina, etc. sono molecola apolari, ma in ambiente acido possono
essere protonati. Vengono sintetizzate dalla pianta come metaboliti secondari, con obbiettivo
farmacologico o di difesa. Quando l’uomo mangia questi, hanno effetti farmacologici, a piccole dosi
non fanno niente, in grandi dosi fanno male, o simulano un farmaco.
L’amaro è un gusto da evitare, per il nostro corpo. In realtà l’amaro è stato introdotto, attraverso ad
esempio la chinina, la prima. Solitamente è un anti malaria, la chinina è ancora usata come anti
malaria, o come modello per lo sviluppo di farmaci che fanno questo. La chinina è alla base dei
soft drink classici (chinotto, acqua tonica, crodino). Il gin tonic era usato per dare la chinina ai
pazienti, ed era mescolato all’alcol che è antisettico per poter essere bevuto con più facilità. La
percezione del soft drink e dell’aperitivo oggi è legato all’amaro. Il recettore dell’amaro non è
espresso solo nel cavo orale ma anche nel tratto gastrointestinale, il che significa che rispondono a
uno stimolo. Sono collegati alla stimolazione della digestione, vengono prodotti succhi gastrici, lo
stomaco si predispone alla digestione quando viene percepito dalla bocca il gusto amaro.
C’è un’interazione forte tra recettore dell’amaro e recettore gastrointestinale.
Altra molecola amara per eccellenza è la caffeina, che ha un nucleo condensato azotato, è
l’alcaloide presente in caffè e thè, mentre la teobromina è nel cioccolato. Fanno parte delle
xantine, che sono molecole stimolanti del sistema nervoso.
La caffeina è dentro coca cola, red bull e altri soft ed energy drink.
Xantine (alcaloidi): stimolanti del sistema nervoso centrale.
Caffeina: sostanza amara di riferimento. Energy drinks (Red Bull).
Caffeina come additivo viene recuperata da caffè decaffeinato, ecc.
Altra molecola amara importante per noi sono quelli che vengono dal luppolo. Il luppolo è ricco di
composti impronunciabili, che non sono alcaloidi ma sono chiamati alfa
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