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Il tema della fortuna e il perdere il senno di Orlando nel canto XIII
Nel canto XIII, che illustra come Orlando perde il senno, la fortuna è determinante. Orlando si ritrova infatti per caso in un bosco e mentre insegue il cavallo che ha perso, trova incisi su un albero i nomi di Angelica e del saraceno Medoro. Inizialmente mente a sé stesso, crede si tratti di un'altra Angelica, costruisce un alibi per non impazzire, ma si insinua il dubbio. Finalmente un pastore gli racconta che i due sono giaciuti lì e che Angelica gli ha donato un monile, che a sua volta aveva ricevuto da Orlando.
Il tema politico nel canto XXXIV
Nel canto XXXIV emerge il tema politico, in maniera sottile: Astolfo va sulla luna a recuperare il senno di Orlando e accanto al senno, nel luogo dove si trovano tutte le cose che gli uomini perdono sulla Terra, ritrova la giustizia dei re. È un'apertura alla contemporaneità, poiché vuole comunicare che questa giustizia manca sulla terra. Secondo la critica di De Sanctis e Croce Ariosto è tranquillo e fuori dalla storia, ma...
È una critica superata. L'opera è caratterizzata da un disordine apparente. Ariosto porta all'estremo l'intreccio: espressamente dice di voler tralasciare un argomento per passare ad un altro, producendo un effetto di suspense molto forte. Questa è un'operazione voluta dal narratore, che è molto presente. I canti sono divisi in gruppi tematici di 11/12, a testimoniare la presenza di un autore che muove le fila. Un'altra tecnica fondamentale è l'uso dell'ironia. Boiardo descriveva gli atti di vassallaggio e i valori del mondo cortese come inattuabili, non più proponibili, ma guardati con nostalgia. In Ariosto invece la mancata attualizzazione provoca addirittura il riso: l'idea di un cavaliere che quando l'altro perde il cavallo, scende anche lui per combattere ad armi pari risulta ridicola. La distanza temporale qui è tale da consentire l'ironia. L'abilità narrativa porta un fortesuccesso: è un libro che piace, che incuriosisce, inseribile nella categoria del romanzesco. È un romanzo in versi, che unendo più fuochi, più nodi, più fini tiene incollato il lettore. Tasso si porrà il problema di coniugare il successo di opere come queste, rivolte al lettore medio con il modello virgiliano e omerico della tradizione epica. Si producono infatti ancora opere di quel tipo, come "L'Italia liberata dai goti" di Gian Giorgio Trissino, ma sono opere che non vengono lette.
Torquato Tasso
Tasso si domanda il perché del successo di Ariosto e si pone il problema di come far ritornare in voga la tradizione epica negli anni 60 del Cinquecento. Nasce nel 1544 a Sorrento da Bernardo Tasso, un letterato di origine bergamasca al servizio del nobile Ferrante Sanseverino presso la corte di Salerno, una corte presso cui si ritrovano molti uomini di cultura, tra i quali filosofi e, appunto, letterati. L'opera paterna, l'Amadigi,
Riproduce lo schema dei poemi cavallereschi. Interrompe nel 1559 l'abbozzo di un poema, "Gerusalemme", di tipo epico, che racconta l'ultimo anno di un assedio, sul modello dell'Iliade. Sul modello del poema paterno e, dunque, di Ariosto, scrive il Rinaldo. Le due opere rappresentano i due corni del problema, del dilemma su cui riflette.
Prima di scrivere la sua grande opera letteraria, scrive un'opera teorica, procedendo al contrario rispetto alla maggior parte degli scrittori. Infatti al 1564 risalgono i Discorsi dell'arte poetica. Si pone il problema di come rappresentare la molteplicità seguendo il canone dell'unità aristotelica e trova la soluzione nella teoria del piccolo mondo. L'opera deve ruotare attorno a una trama principale, che nella Liberata è l'assedio di Goffredo a Gerusalemme, paragonabile all'ira di Achille, attorno alla quale si possono dunque sviluppare personaggi e storie diverse.