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IL RITRATTO DI ALESSANDRO
Il breve regno di Alessandro: un cenno storico
Alessandro nasce a Pella nel 356 a.C.; ha solo diciotto anni quando
partecipa alla vittoriosa battaglia di Cheronea e venti quando,
caduto vittima Filippo II di un intrigo di corte, diventa re. Già nei
primi due anni di regno dimostra eccezionale energia e fermezza,
consolidando il suo potere nella penisola balcanica. Tornato in
Grecia, abbatte definitivamente ogni residua resistenza: la ribelle
Tebe viene rasa al suolo.
Nel 334 a.C. intraprende la grande spedizione contro il re di Persia.
Sbarcano in Asia, sbaraglia subito l’esercito di Dario III. Da lì, in
pochi mesi, prende possesso di tutta l’Asia Minore sino alla Cilicia.
Segue una marcia trionfale che lo porta lungo la costa della Fenicia
e della Palestina, dove assedia ed espugna Tiro e Gaza. Accolto
come un liberatore vi soggiorna due anni. Alla foce del Nilo fonda la
colonia di Alessandria che divenne nuova capitale dell’Egitto. Nella
primavera del 331 a.C. La vittoria presso Gaugamela gli spalanca le
porte anche dell’altopiano iranico. In pochi mesi è a Susa, poi a
Persepoli. Uccide Dario, successivamente dal satrap di Battriana,
Alessandro si proclama legittimo successore al trono di Persia.
Si dirige poi verso l’Indo. Sconfitto anche il re indiano Poro, è
costretto dai suoi stessi soldati a iniziare il ritorno. La conquista del
regno persiano è compleata. Egli prende in moglie Satira, figlia di
Dario III. Da Susa, pone la propria corte a Ecbatana, poi a Babilonia.
Ma nel giugno 323 a.C. improvvisamente muore.
L’Alessandro a cavallo di Lisippo
Per Plinio la figura di Lisippo rimane strettamente collegata a quella
di Alessandro Magno. Plinio ricorda che Lisippo ne avesse fatto
innumerevoli ritratti. Certamente Alessandro deve conoscere
Lisippo prima ancora di diventare re nel 336 a.C.; è probabile che
ciò avvenga attraverso la corte filo macedone dei dinasti di
Tessaglia di cui Lisippo è l’artista preferito. Ed è anche possibile che
i primi ritratti riproducano il giovane principe alle prese con una
caccia mitizzata. Lisippo è l’unico scultore ad essere nominato
accanto ad Alessandro durante la prima fase della grande
spedizione in Asia. Dopo la battaglia della valle del Granico Lisippo
riceve l’incarico di eseguire in bronzo un gruppo che ne
commemorasse i cavalieri caduti, da erigere nel santuario di Zeus a
Dione. Al centro della torma dei cavalieri protagonisti è
rappresentato lo stesso re anch’egli a cavallo. Questa statua è
stata riconosciuta in un bronzetto venuto alla luce a Ercolano. Il
cavallo si impenna, poggiando a terra solo sulle due zampe
posteriori, perché improvvisamente trattenuto durante la corsa dal
tirare delle redini da parte del cavaliere. Questi, senza elmo ma
protetto dalla caratteristica corazza della cavalleria macedone
mostra il busto di tre quarti verso destra. Con la sinistra tiene le
redini, mentre la destra è sollevata, il braccio piegato al di sopra
della testa: sta caricando il colpo a un avversario che sta più in
basso. La testa, dagli occhi piccoli e intensi, ha i tipici tratti di
Alessandro. Il tipo adottato da Lisippo è quello da tempo consueto
del cavaliere che colpisce l’avversario con un fendente della spada.
L’Alessandro con la lancia
Qualche tempo dopo Lisippo con un altro tipo del re: non più un
Alessandro vittorioso, ma un sovrano innalzato tra gi eroi come
indica già la nudità. La copia più nota è una statuetta bronzea del
Museo del Louvre, proveniente dall’Egitto. Il corpo agile e
muscoloso ricorda l’Aghias di Delfi. Si appoggia però con la sinistra
portata più alta del capo alla lancia e alzando il capo volgendo lo
sguardo al cielo, come se fosse in diretto colloquio con gli dei.
L’Alessandro dipinto da Apelle con la folgore di Zeus
Contemporaneamente altri ritratti di Alessandro vengono creati
nella pittura, dove Apelle fu per Alessandro tanto importante quanto
Lisippo nella scultura. Ad Apelle Alessandro affida il compito di
effigiarlo su un quadro.
A Pompei è stata scoperta una pittura parietale che rappresenta un
personaggio seduto mentre tiene con una mano uno scettro e con
l’altra il fulmine, nell’atto di far forza sui piedi per alzarsi. Si pensa
ad una rappresentazione di Zeus. Ma subito si nota anche che
questo non è il volto del barbato padre degli dei: la testa, imberbe
e pervasa di vitalità, con piccola bocca e piccoli occhi vivaci e i
capelli a grandi ciocche, è una testa ritratto, un po’ spiritata , con la
capigliatura al vento: è quella di Alessandro, in Alessandro che vuol
dimostrare di essere uno Zeus reincarnato.
L’originale non può che essere il quadro del pittore di fiducia di
Alessandro, Apelle.
La battaglia di Alessandro
Altri pittori furono chiamati a celebrare le ulteriori fasi della
conquista dell’Asia. Dovettero confluire in una celebre opera che
Filosseno di Eretria fece per il re Cassandro poco dopo la morte di
Alessandro. Questa a sua volta servì da modello per uno dei mosaici
più celebri di tutto l’Ellenismo, il mosaico con battaglia di
Alessandro che ornava un’esedra della Casa del Fauno a Pompei.
L’esedra stessa appartiene a una fase ellenistica della casa, attorno
al 130 a.C. ed è questa l’epoca in cui anche questo mosaico viene
realizzato.
Il campo di battaglia è completamente piatto, unico elemento
plastico, un albero morto, sulla sinistra del quadro.
Da sinistra irrompe a cavallo Alessandro in un’apparizione quasi
sovrumana, i capelli scomposti e divisi a metà della fronte, i grandi
occhi spiritati, l’espressione eroicamente decisa.
L’audace rappresentazione di scorcio di cavalli reali, e il grande
corpo del cavallo disarcionato visto addirittura da dietro,
costituiscono altrettanti raggi che sottolineano quanto in profondità
si spalanchi la battaglia. Al di sopra dei combattimenti, il cielo vuoto
è solcato dalle lunghe sarisse, che mostrano come la situazione stia
per cambiare.
La grande profondità del quadro è data proprio dal disporsi dei tanti
personaggi e delle loro armi. Il tutto fa da cornice all’umano terrore
del vinto e al sovrumano impeto del vincitore, che insieme
riassumono il destino di tanti personaggi.
Le nozze di Alessandro
Uno dei quadri più celebri e per noi più enigmatici e quello delle
nozze tra Alessandro e Roxane che deve essere stato dipinto da
Ezione in occasione di quella cerimonia, avvenuta nel 327 a.C.
L’artista deve aver seguito il re nella sua spedizione e il suo quadro
più celebre fissa l’atto conclusivo della politica orientale del
sovrano, il suo matrimonio con la figlia del re di Battriana. Con la
morte di Alessandro nel 323 a.C., finisce anche la sua politica di
unire vincitori macedoni a dinastie indigene, la stessa Roxanne
viene uccisa.
Il dipinto ha sicuramente una grandissima importanza nella storia
della pittura, perché apre la strada al gusto di rappresentare in
interni, anziché all’esterno, affollate scene ricche di luce e
profondità. Per noi è però andato perduto.
Si è voluto riconoscere il capolavoro di Ezione nel modello di una
pittura parietale pompeiana. Dominano due figure, una maschile,
l’altra femminile. Quella di sinistra, la maschile, ha le armi e la
posizione di Ares; quella di destra, la femminile, ha invece la tipica
posa appoggiata a un pilastrino che è di Afrodite. Ma hanno dei
tratti particolari, fisionomici: vogliono evidentemente raffigurare
due personaggi ben precisi.
Il personaggio a sinistra ha la testa con l’aria dall’intensa
espressione piena di decisione, tipica di Alessandro. Recentemente
è stato proposto che non vengano qui raffigurate le nozze con
Roxane, dal momento che gli abiti delle figure di contorno sono
tradizionalmente usati per indicare i Persiani: sarebbero dunque
raffigurate altre nozze <<politiche>> di Alessandro cioè quelle con
Statira.
La fortuna di Alessandro e i suoi ritratti postumi
I ritratti di Alessandro continuano a lungo ad essere riprodotti.
Questi ritratti dipendono da quelli realizzati direttamente per il re
macedone con il mutato stile. Un esempio è in un celebre ritratto
rinvenuto a Pergamo nel quale i tratti del sovrano perdono la
vivacità fisionomica dei ritratti contemporanei, per essere idealizzati
in uno stile pergameno del secolo II a.C.
LA PITTURA DELLA GENERAZIONE DI ALESSANDRO
Apelle, il pittore che <<superò tutti quelli che erano stati
prima>>
Non è un caso che Alessandro sceglie Apelle per tramandare le
proprie sembianze: quando giunge alla corte macedone, questo
artista era già molto celebre. Plinio, dopo aver parlato di Zeusì,
<<superò tutti quelli dei giudizi che Apelle non è solo il prediletto
da Alessandro, ma anche il più apprezzato dalla critica ellenistica.
Apelle è non solo pittore, ma anche scrittore di arte, di estetica; e
racconta dei giudizi che Apelle dava dei contemporanei, in quanto
scrittore d’arte, e anche dei giudizi che dava di se stesso.
Da uno degli aneddoti deduciamo l’importanza che per lui ebbero la
<<linea>> e il <<particolare>>. La sua produzione è enorme.
Molte notizie riguardano i suoi rapporti con Alessandro: questi vuole
far fare un ritratto della sua favorita rappresentata come Afrodite
Cnidia, ma il pittore si innamora di quella donna tanto bella. Quando
Alessandro lo viene a sapere, anziché arrabbiarsi gli regala la
modella.
Tutta una serie di racconti riguarda poi i rapporti e i litigi con
Tolomeo.
La più celebre opera fu l’Afrodite che esce dalle acque , quando
irrimediabilmente perduto, ma le cui descrizioni ispirano anche
Botticelli.
Molto celebre fu anche l’Alessandro con il fulmine come Eracle visto
di spalle, ma raffigurato in modo tale che la pittura mostri il volto in
modo più esplicito di quanto prometta. Si è cercato di trovare
almeno un riflesso in quel che ci è rimasto della pittura antica. E in
questo caso è notevole la corrispondenza tra quanto narra Plinio e
la figura di Eracle che contempla il figlio Telefo che viene allattato
da una capretta.
Molti degli aneddoti lasciano intravedere anche i giudizi che Plinio
ricava da critici d’arte ellenistici. Da questi aneddoti si sa per
esempio che Apelle è sempre stato famoso per la charis: la grazia.
Nell’elenco delle caratteristiche Plinio inserisce per Apelle anche un
sostantivo particolare, lo splendor.