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Sono ovviamente possibili numerosi altri accostamenti, conseguenza del successo dell'opera e delle sue naturali
repliche, ma è difficile comprendere quale sia, fra i tanti, il modello di Ezione.
7.4.7 La fortuna di Alessandro e i suoi ritratti postumi
Le iconografie di Alessandro diventano presto un modello per la rappresentazione generica della regalità, e le
frequenti riproduzioni dei suoi ritratti iniziano presto a subire le nuove tendenze. Ne è un esempio il ritratto
rinvenuto a Pergamo e oggi al Museo Archeologico di Istanbul, dove i la vivacità fiosionomica di Alessandro
diminuisce in favore dell'idealizzazione, con chiaroscuri e gioco delle masse, tipica dello stile pergameno del II
secolo a.C.. Il re è comunque ben riconoscibile grazie ai capelli scomposti e spartiti sulla fronte e l'intensa
espressione, qui accentuata dal rigonfiarsi delle arcate sopraccigliari e dalle rughe sulla fronte.
7.5 La pittura della generazione di Alessandro
7.5.1 Apelle, il pittore che "superò tutti quelli che erano stati prima"
Alessandro sceglie il celebre Apelle di Coo per tramandare le proprie sembianze, considerato il migliore anche
dagli ellenistici di Plinio, non solo pittore ma anche scrittore di arte ed estetica. Egli stesso si considera superiore
in quanto possiede la charis e la capacità di terminare i propri quadri, senza ricercare la perfezione all'infinito.
Seppure le sue opere siano totalmente perdute è oggi possibile ricostruire la sua biografia, le sue caratteristiche
stilistiche e l'elenco delle opere maggiori grazie a numerosi aneddoti e notizie, dai quali si deduce l'importanza
data alla linea e al particolare, analogamente al collega Protogene.
Buona parte della sua enorme produzione ha a che fare con Alessandro, del quale si ricorda un particolare
episodio. Il re, volendo un ritratto della sua favorita rappresentata come Afrodite Cnidia, commissiona l'opera
all'artista, che si innamora della donna e la riceve magnanimamente in dono la modella, secondo un uso frequente
negli atélier già ai tempi di Zeusi.
Tutta una serie di racconti riguarda poi rapporti e litigi con Tolomeo, Antigono Monoftalmo e altri, testimonianza
della lunga vita di Apelle, poiché Monoftalmo diviene re nel 305 a.C. e muore quattro anni dopo.
Dalle fonti è noto che l'opera maggiore dell'artista sia l'Afrodite che esce dalle acque, ripresa perfino da Botticelli.
Quest'ultimo artista riprende un altro episodio legato ad Apelle per la realizzazione de "La Calunnia". Pare che
l'artista, recatosi alla corte dei Tolomei ad Alessandria, sia entrato in conflitto col grande pittore Antifilo, che lo
calunnia presso Tolomeo, e che Apelle, per vendetta, realizzi un quadro sulla personificazione della calunnia.
Molto celebre per il prezzo è l'Alessandro con il fulmine, ma anche l'Eracle visto di spalle, rappresentato
abilmente in modo da mostrare il volto più di quanto prometta. Anche in questi casi si cercano delle
corrispondenze in rielaborazioni più tarde, e per quest'ultimo caso sembra plausibile la relazione con l'Eracle che
contempla il figlio Telefo allattato da una capretta. Ad Apelle risalirebbero però solamente le figure, e non l'intero
paesaggio d'Arcadia e relativi dettagli, di certo posteriori.
Dagli aneddoti è noto il giudizio che Plinio dà ai vari artisti, e per esempio la charis caratterizzante di Apelle e
Prassitele, famosi per la rappresentazione della dea stessa della grazia, Afrodite. Il pittore viene inoltre ricordato
per lo splendor, forse inteso come il contrasto fra punti illuminati e non, che l'ha reso il primo "irrealista".
Sono comunque evidenti i contrasti tra fonti letterarie e archeologiche, che non permettono di avere un quadro
chiaro del grande pittore. 7.5.2 Il Perseo e Andromeda di Nicia
Grazie a Plinio, Luciano, Pausania e altri sono noti i nomi dei grandi pittori della seconda metà del IV secolo a.C.
Numerosi sono per esempio i dati su Nicia, pittore prediletto da Prassitele, più anziano di Apelle e autore di alcuni
ritratti di Alessandro.
Fra le opere a lui attribuite spicca una liberazione di Andromeda da parte di Perseo, spesso riproposta a Pompei, e
in alcune copie è ben visibile la disposizione e l'espressività caratteristica dei personaggi di Nicia.
L'azione si svolge fra gli scogli, in mezzo ai quali si insinua l'azzurro del mare, e la scena è dominata da due
grandi figure. La prima, femminile, è quella di Andromeda che scende, poggiando i piedi su un masso, dalla
roccia alla quale era incatenata; la veste presente un folto panneggio e mostra i segni del pericolo, ricadendo
disordinatamente e lasciando scoperto il seno destro; il braccio sinistro è sollevato e porta ancora il ferro al polso.
La aiuta a scendere il suo liberatore, solido, staturario e muscoloso, ricco di chiaroscuri, indicato come Perseo
dalle ali alle caviglie e dalla testa recisa della Gorgone che ancora tiene nella mano sinistra; sempre nella sinistra
stringe la spada, ora nel fodero, e il mantello luminescente gli ricade da dietro le spalle, appena sollevato
dall'alzarsi della gamba destra; gli occhi sono grandi, gli sguardi non ravvicinati ma intensi e l'atmosfera sospesa.
In basso, sulla sinistra, giace drammaticamente il corpo del mostro marino appena ucciso da Perseo.
Si tratta quindi della riproduzione di un grande quadro, un capolavoro ricollegabile a quello di Nicia.
7.5.3 L'Achille a Sciro di Atenione di Maronea
Plinio informa che un concorrente di Nicia è Atenione di Maronea, suo contemporaneo e allievo di Glaucione di
Corinto. L'artista viene definito come più severo nel colore ma piacevole, autore della pittura di un comandante di
cavalleria nel tempio di Eleusi e di un "Gruppo di famiglia" ad Atene, come pure di un Achille vestito da donna e
scoperto da Ulisse e ancora un celebre palafreniere accanto al suo cavallo.
Mentre delle altre opere non sono note informazioni, non è difficile riconoscere Achille in alcune pitture parietali
pompeiane, mentre a Sciro, vestito da donna, viene scoperto da Ulisse.
L'episodio è noto: Achille, per sfuggire all'oracolo che gli predice la morte durante l'assedio di Troia, si rifugia a
nell'isola egea di Sciro vestito da donna. Essendo necessario all'esercito greco, Ulisse e Diomede partono per
cercarlo e, raggiunta la città, lo attirano facendo risuonare irresistibilmente le sue armi e lo convincono a seguirli.
La copia più ricca di pathos, sapienza nella disposizione dei personaggi e nella resa della profondità è quella
conservata presso al casa dei Dioscuri a Pompei, purtroppo danneggiata. La scena è dominata da due figure, poste
specularmente a formare un triangolo, caratterizzate dal gesti bruschi e ginocchia piegate per la foga. Sulla destra
sta il virile e bruno Odisseo, indicato dal pileo (copricapo da marinaio), che affera con la mano destra l'altra
figura, aveste vesti e biancore di fanciulla ma solidità mascolina, spada nella mano destra e sguardo intenso. Si
tratta di Achille, ormai scoperto e trattenuto per le spalle dal bruno Diomede, in una scena chiaroscurale che
evidenzia la concitazione del momento. Al centro sta uno scudo, poggiato a terra e riflettente lampi di luce, mentre
lo sfondo è profondo, dato da un colonnato che si apre e lascia intravedere, su diversi piani, re Licomede con i
suoi e Deidamia che fugge atterrita, lasciando il bianco petto scoperto. Ogni figura è significativa e grandiosa.
Alcune pitture pompeiane, seppure qualitativamente meno valide, derivano da questa con alcune varianti. Fra tali
copie spicca quella proveniente da una casa della IX regio, la quale propone lo stesso gruppo centrale più statico,
con minore coinvolgimento degli eroi e drammaticità del contrasto fra corpi e vesti. Sullo sfondo è dominante ma
fuori luogo Licomede, quasi statua fra le colonne, e Deidamia è ricollocata nella parte sinistra del quadro, ora
ruotata di spalle e poco convincentemente assistita da un'ancella. Viene quindi a mancare il dramma dell'originale.
7.5.4 Altri soggetti tratti dal mito: Achille e Briseide
Oltre ai molti quadri noti grazie alle fonti letterarie, ai quali non è possibile riferire un'immagine, esistono anche
rappresentazioni ricollegabili agli originali grazie all'analisi compositiva e stilistica, ma impossibili da ricondurre
a fonti scritte o autori.
È il caso della raffigurazione di Achille costretto a consegnare Briseide ad Agammenone, episodio mitico che apre
l'Iliade. I personaggi sono rappresentati in un ambiente chiuso, profondo e disposto su più livelli, nel quale
domina il torso nudo e muscoloso dell'eroe, seduto sulla sinistra quasi di tre quarti, che volge il capo e lo sguardo
alla donna velata sulla destra, che sta per essere portata via. Tra loro, di spalle e in primo piano, Patroclo, mentre,
più in profondità, sta l'anziano Fenice, consigliere di Achille, che cerca di frenarne l'ira. Ancora oltre stanno gli
uomini armati venuti a prelevare Briseide, e, in fondo, le semplici strutture del campo sono disposte obliquamente
per una maggiore resa della profondità. Le figure sono immobili.
L'intensità dell'opera è data dalla mestizia di Briseide e dallo sguardo di Achille, avvolti dall'incertezza e
dall'iniquità della situazione, secondo lo stile tipico della seconda metà del IV secolo a.C.. Il modello è riferibile a
qualcuno dei pittori contemporanei di Alessandro, ma mancano citazioni certe.
7.5.5 Il Teseo liberatore
La scena di Teseo che libera i giovani ateniesi dal labirinto, dopo aver ucciso il Minotauro, compare in una delle
pitture ornamentali della Basilica di Ercolano ed è spesso riprodotta in alcune abitazioni pompeiane. Quella di
Ercolano, dovuta a committenze pubbliche, è più grande, alta 1,90 m e opera di un abile decoratore.
Il quadro è dominato da Teseo, avente proporzioni e ponderazione lisippee, che volge lo sguardo bruscamente,
conscio dell'impresa compiuta, mentre viene festeggiato dai giovani. Uno gli bacia la mano destra, un'altro gli
abbraccia la gamba sinistra e altri esultano alla sua destra, davanti al labirinto. Steso sul terreno, alla sinsitra, giace
il corpo del Minotauro in una posizione simile a quella del mostro abbattuto da Perseo. Conclude la scena un
fondale misto di mura e rocce, sulle quali siedono alcune figure femminili.
Diversa è la pittura proveniente dalla casa pompeiana di Gavio Rufo, riconducibile allo stesso modello ma avente
committenza privata e alta soltanto 90 cm. L'atmosfera mitica è persa, e il corpo di Teseo, speculare a quello
proposto a Ercolano, appare disorganico; gli atteggiamenti di gratitudine dei giovani sono volutamente esagerati
ma goffi, soprattutto quello a destra, quasi sdraiato a terra. Il fondale è qui un anonimo muro cittadino, nel quale si
apre u