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che essi non seppero bene apprendere l’arte del fare ritorno
Farinata, ancora in esilio. Dante afferma
in patria. A questo punto quindi si fronteggiano Dante e Farinata, ma subito, subentra
inaspettatamente un altro personaggio che si inserisce senza preavviso nel dialogo in modo
completamente diverso.
Cavalcante dei Cavalcanti:
Il nuovo interlocutore non solo ha la funzione di smorzare i toni troppo accesi del dialogo tra Dante
e Farinata, ma anche di introdurre un nuovo tema, quello dell’amore paterno. Anche in questo caso,
è rivelatrice della sua psicologia: Cavalcante non si erge all’in piedi come
la positura del personaggio C’è un
Farinata, cosicché si vedano il suo petto e il suo viso, ma sta in ginocchio e parla piangendo.
netto contrasto tra la figura ritta e fiera di Farinata, e quella timorosa e piangente di Cavalcante. Si
tratta di Cavalcante dei Cavalcanti, padre di Guido, il quale fu avversario politico di Farinata, perché
sosteneva la fazione dei guelfi. Infatti durante la battaglia di Montefeltro, i ghibellini saccheggiarono
le sue proprietà. Quando ripresero le trattative di pace tra le due fazioni, Cavalcanti accettò come
sposa per Guido la figlia di Farinata. Cavalcante, dopo essersi accertato che insieme a Dante e a
Virgilio non c’è nessun altro, apostrofa Dante chiedendogli perché mai suo figlio Guido, grande poeta
stilnovista, studioso di filosofia e attivo nella vita politica di Firenze non fosse con lui. Cavalcante
ritiene Guido accomunato a Dante dalla fama e dai meriti poetici. Cavalcante fa un errore di
valutazione. Ritiene infatti che Dante abbia intrapreso il viaggio per sua unica iniziativa, per via delle
sue virtù intellettive, e quindi si chiede perché suo figlio non sia con Dante. La premessa del
ragionamento di Cavalcante è erronea, ma è in analogia con la sua colpa di eretico: Cavalcante
considera solo le virtù terrene, e non quelle morali. Dante risponde chiarendo il suo dubbio: non ha
intrapreso il viaggio nei tre regni ultraterreni per sua iniziativa, ma per volontà di un disegno divino.
proprio quella persona che Guido “ebbe a disdegno”, cioè Beatrice
Virgilio lo accompagna verso
(come rappresentante della teologia e della Grazia divina). Dante si rifà alla fama di eretico di cui
godeva Guido Cavalcanti, a causa dei suoi studi di filosofia e dei suoi contatti con gli ambienti
averroisti. Secondo alcune voci si riteneva fosse addirittura ateo. Ma le parole di Dante sortiscono un
effetto più profondo di quanto non si aspettasse su Cavalcante. Questi, basandosi sul tempo verbale
utilizzato da Dante (ebbe), crede erroneamente che il figlio sia morto, cioè che la luce del sole non
colpisca più i suoi occhi. Di nuovo torna il contrasto tra luce, intesa come vita, e oscurità, cioè morte
dell’anima. L’inferno è infatti definito all’inizio del canto come “cieco carcere”, sempre riferendosi
alla privazione della luce della grazia divina. Cavalcante, vedendo che Dante esita, interpreta il suo
comportamento esitante come un’affermazione e, sconfortato, ricade nella tomba senza chiedere altre
spiegazioni.
Farinata:
Nel mentre Farinata, interrotto da Cavalcante, non ha mutato espressione, non è stato toccato dalle
manifestazioni d’amore paterno di Cavalcante e dal dramma umano appena verificatosi accanto a lui,
e come se nulla fosse accaduto, riprende il dialogo con Dante dal punto in cui i due erano stati
interrotti. farinata replica all’ultima pungente affermazione di Dante sull’incapacità, da parte dei
Ghibellini, di rientrare a Firenze. Quest’incapacità è per lui motivo di tormento, ma, e qui si introduce
di Dante, presto anche Dante saprà quanto sia difficile apprendere
una seconda profezia sull’esilio
quell’arte. È un avvertimento, ma che non lascia dubbi sul suo significato. Si arriva così a un processo
di parziale identificazione del personaggio Dante con Farinata, perché accomunati dallo stesso destino