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STAMPATO FINO A QUI 28\11
Caso in cui l’autore ha attivamente partecipato all’edizione a stampa delle sue opere ->
Giovanni Verga, parliamo delle sue maggiori raccolte di novelle che compose in un ampio arco
di tempo e che spesso sono molto famose. Le due grandi raccolte di novelle pubblicate da lui e
seguite scrupolosamente nella rispettiva elaborazione sono “Vita di Campi”, che viene
pubblicata inizialmente da un piccolo editore siciliano nel 1880. Come in altri casi, Verga
diventa un caso editoriale, e quindi Treves lo convince a ripubblicare in maniera Più elegante la
sua opera nel 1897, è proprio una nuova redazione rimescolata della precedente e ha delle
caratteristiche diverse sia di lingua che di contenuti. Una cosa simile avviene anche con le
“Novelle rusticane”, contiene novelle famosissime. La prima edizione esce a Torino da un
editore specializzato in giovani autori nel 1883 e di nuovo Treves lo convince a fare una nova
edizione lussuosa quasi 40 anni dopo, cioè nel 1920. Gran parte delle novelle presenti in
queste raccolte erano già presenti su delle pubblicazioni su delle riviste, e possiamo vedere
come la scrittura e la riscrittura di queste abbia impegnato verga per gran parte della sua
vita: l’autore è sempre stato soggetto alla politica editoriale, cioè ai tempi della stampa,
all’opportunità di ristampare i propri lavori, al tornaconto economico; vediamo quindi come in
effetti i tempi della stampa periodica incidevano materialmente sulla struttura delle stesse,
quindi se per esempio l’autore doveva consegnare un’opera oggi ma non l’aveva finita,
consegnava anche la brutta copia. Le tardive pubblicate da Treves hanno avuto un molto
minore successo rispetto alle precedenti, anche avendo un testo diverso, erano molto costose,
venivano pubblicate quando il verismo non erano Più molto di moda. quindi l’editore critico che
deve pubblicare queste opere che fa, si affida all’ultima volontà d’autore (treves), oppure si
affida alla versione che ha avuto maggior successo?
Un altro autore che della riscrittura ha fatto il suo motto è Manzoni -> trascorre quasi due
anni a Firenze conversando per le strade per imparare dalla voce dei passanti, quella lingua
che riteneva una lingua viva -> Manzoni anziano nel 1868 scrive una relazione legata non tanto
a una ricerca espressiva di una lingua letteraria, ma era ormai una chiara iniziativa sociale per
arrivare a una affermazione larga del fiorentino come lingua nazionale che venisse parlata da
tutti, non solo scritta da poco. Ricordiamo che dopo l’unità ‘Italia c’era un analfabetismo
assoluto e anche tra coloro che erano alfabetizzati, erano pochissimi gli italofoni. In questa
redazione rivolta al governo d’Italia dice che ogni lingua è un composto di vocaboli e di modi di
dire, insomma non è una lingua morta come il latino e il greco ma muta a poco e poco, e in
questo mutamento ci deve essere un “marchio di fabbrica” che ci permetta di riconoscere che
un vocabolo o un modo di dire appartiene a quella lingua; e questo marchio di fabbrica è l’uso
della stessa - nessuna lingua può affermarsi come lingua nazionale solo attraverso l’uso.
quindi se andiamo a vedere l’elaborazione dei promessi sposi possiamo tenere traccia di
questa particolare storia; abbiamo i primi abbozzi del romanzo che si chiamava fermo e Lucia
che sono di epoca risorgimentale, a ridosso dei moti del 1821, mentre la pubblicazione in
volume per la prima volta, anche se veniva fatto in fascicoli perché non era detto che la gente
aveva i soldi di comprare tutto il volume, esce tra il 1825 e il 1827, l’edizione che noi
conosciamo come ventisettana; questa edizione ebbe un immenso successo, ma Manzoni non
era convinto ancora di questa lingua, perciò si reca appunto a Firenze per la “risciacquatura
dei panni”. Dopo questa esperienza riscrive i promessi sposi inserendo anche elementi nuovi e
la pubblica di novo a dispensa tra il 1840 e il 42, la quarantana. Però questa è un’edizione di
lusso illustrata anche da un famose illustratore. quindi vende molto molto meno rispetto
all’altra, quindi come prima, andiamo dietro al criterio dell’ultima volontà d’autore è
indubitabile che dobbiamo rivolgerci alla quarantana, se però ci dobbiamo rivolgere all’enorme
risonanza culturale e letteraria che ha avuto il romanzo nell’800, dobbiamo riferirci alla
ventisettana, e non c’è dubbio che se studiamo l’influsso di Manzoni negli scrittori dell’800
(ad esempio Collodi, autore di pinocchio), dovremmo rifarci alla quarantana, ma per avere
un’idea della lingua di altri autori per esempio “gli scapigliati “dell’800, è la ventisettana quella
che da l’esempio. Rimane come regola fondamentale per un editore è di non mischiare le
diverse edizioni che devono stare separate.
Un altro esempio è Leopardi, che contrariamente a Manzoni che ha vissuto molto, lui ha
vissuto 39 anni ma è riuscito a produrre una mole enorme di autografi che oggi stanno tra
Recanati e “La nazionale di Napoli.” È l’esempio di una opera di moto perpetuo, per cui i canti
leopardiani sono un’altra opera che non possiamo dire di aver letto perché ogni edizione ha dei
contenuti diversi: i piccoli idilli, come ad esempio l’infinito, vanno dal 1818 e 1822 formano il
primo nucleo di queste poesie. In seguito leopardi si dedica alla prosa e l quindi la fase
successiva è quella degli ultimi anni a Recanati e poi al passaggio a Pisa, e sono i grandi idilli di
carattere sempre bozzettistica ma di respiro filosofico; sono gli anni di A Silvia e del sabato
del villaggio (1828,1830). Sono questa fase si trasferisce a Napoli, nascono i canti che
vengono definiti anti idillici, quelli di Più oscuro pessimismo. In ognuno di questi casi abbiamo
la produzione di molti autografi, in molti casi abbozzi ma anche molte belle copie. Ad esempio
in A Silvia - anche se è una bella copia inizia a lavorarci su e addirittura incide anche sulla
struttura stessa metrica della canzone. Abbiamo anche casi in cui leopardi non sostituisce
come si fa di solito, ma lascia tutte e due le alternative; allora si pongono grandi problemi per
l’editore con queste varianti alternative.
Abbiamo un’edizione proposta dall’autore del 1831 che ha solo 23 testi, fino ai canti pisano
recanatesi. Poi un’edizione Più grande “le opere di giacomo Leopardi” che doveva essere
definitiva, e nel caso delle poesie conta 39 testi, sostanzialmente tutti i canti leopardiani.
Non tutti tutti perché ce ne sono 2, la ginestra e il tramonto della luna che non ci sono. Per
questi due canti l’unica edizione è quella postuma del 1845 curata da un suo amico.
L’ultimo caso e quello Più enigmatico, è quello del diario postumo di montale -> montale nel
1978 vince il nobel per la poesia. nel 1980 due filologi pubblicano in vita dell’autore l’edizione
critica delle opere di montale; montale cercava di ritoccare o cambiare o segnalava varianti al
cantiere dell’edizione critica, ma questi autori non accettavano queste varianti che i due
filologi definivano fuori tempo massimo -> Montale è estremamente attento alla forma della
sua poesia. Veniamo al diario postumo che ha riempito le pagine dei quotidiani per molto tempo
fino a interventi recentissimi, è un esempio di volontà d’autore postuma (postrema fuori
tempo massimo, cioè che non si vuole arrendere alla forma consolidata della sua opera e
continua a modificarla). Montale che era legato di affetto nei confronti di una poetessa
fiorentina, Annalisa Cima, e delega lei a farsi esecutrice testamentaria (che mette in atto le
ultime volontà), quindi questa diventa una volontà postuma dell’autore -> queste 66 poesie di
Montale autografe sono dedicate a questa poetessa. Il poeta secondo questa volontà postuma
d’autore raggruppa queste liriche in 11 buste, quindi 6 poesie in ogni busta, disponendo che
queste venissero pubblicate in gruppo di 6 ogni anno a partire da 5 anni dopo la sua morte.
Visto che è abbastanza difficile pubblicare un’edizione di sei poesie però e allora a partire
dalla prima parte che esce appunto 6 anni dopo la sua morte, nel 1986, la cima aggiunge a
queste puntate di diario postumo gruppi di varia entità di testi considerati comunque
manzoniani -> su questi testi gravano subito dubbi di autenticità, si ritiene cioè che la cima
avesse voluto nobilitare il proprio ruolo di musa -> si dice che molte di queste poesie aggiunte
sono dei veri e proprio centoni, cioè mosaici di elementi presi da altri testi autentici. Sta di
fatto che questo diario è ancora un enigma da sciogliere, p stata dimostrata la non autenticità
di queste opere, aggiunte ma sulle 66 poesie ci sono pareri contrastanti, alcuni li ritengono
veri altri no. 29\11
Filologia del libro italiano a stampa.
Abbiamo detto che la filologia si occupa della produzione, della trasmissione e della
diffusione dei testi durante la storia. Fino ad ora ci siamo occupati della filologia del
manoscritto, filologia in cui l’autore o un suo delegato sono direttamente responsabili
dell’opera. Di conseguenza elementi accessori, come la lingua, sono diretta espressione o
dell’autore, fenomenologia dell’originale, oppure dei copisti, fenomenologia della copia.
Nel caso della filologia dei testi a stampa questa esecuzione del testo letterario viene
sviluppata da una manualità di persone che non sono autori, né scrittori che molto spesso una
analfabetismo molto forte. Quindi questo tipo di opere tramandate esclusivamente da opere a
stampa, hanno questo tipo di problema.
Il primo libro che é stato stampato é la Bibbia, del grande orafo Gutenberg, stampata a
Mangonza tra il 1454-1455. Definita “delle 42 linee” perché contiene 42 linee a pagina, a
differenza di un’altra Bibbia stampata più tardi da Gutenberg, che comprende 45 righe. Si
tratta di un carattere gotico molto vicino al gotico dei manoscritti. L’invenzione di Gutenberg
é un grande passo avanti, si parla addirittura di “galassia Gutenberg”. Si tratta di una grande
rivoluzione del mondo della trasmissione letteraria, ma si tratta anche di un grande passo
avanti nell’accessibilità di testi scritti da parte di qualunque genere di lettore. Ma noi
interessa il gioco che si sviluppa tra l’autore e questi soggetti che invadono il campo e il
mercato editoriale; ci interessa quindi il rapporto che esiste tra il genere letterario e
l’imprenditore a che si sviluppa intorno al libro stampato.
Chi doveva stampare un libro, sopratutto nei primi decenni della stampa, doveva fra
un’i