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NICOLA BONAZZI - IL CARNEVALE DELLE IDEE
.Introduzione
pedanti = nella commedia del 500, il prefisso anti va a negare l'atteggiamento proprio dei saccenti.
il termine antirinascimento è sorpassato e obsoleto
Il Grendler riuniva sotto questa etichetta i "critici del mondo italiano" del 500 cioè Doni,
Franco e Lando, i cosiddetti poligrafi, e insieme a loro i collaboratori editoriali Ruscelli,
Dolce, Sansovino e Domenichi.
il termine va oltre il significato di maestro di scuola , perchè si parla anche di quelle
persone che imitano senza un briciolo di invenzione lo stile e il linguaggio altrui (soprattutto
Petrarca e Boccaccio). In primis Pietro Aretino che si trova in laguna a partire dal 1527.
perchè Venezia? = le corti erano in crisi, i maggiori principati o erano scomparsi o stavano
scomparendo, il vuoto creato non potrà mai essere rimpiazzato ma corte e stampa iniziano a
competere per la produzione letteraria.
letteratura pedante = letteratura che rinuncia all'invenzione individuale per inseguire un facile successo
Aretino è il primo ad individuare il campo degli onesti/virtuosi che scrivono per doti naturali e il campo dei
disonesti/invidiosi che non possono fare altro che rimestare qualche passo di auctoritas /autori antichi e
moderni (petrarca, boccaccio). Inizia la dicotomia virtù-fortuna che in campo letterario sarà piuttosto virtù-
invidia.
Secondo l'Alberti gli invidiosi non potendo esibire doti naturali criticano le opere dei più dotati.
Capitolo 1 - VIRTù VS INVIDIA
(il primo capitolo è dedicato a Franco che per primo comprese le opere aretiniane e tentò di emularle.
Attività dei poligrafi e scenario su cui si colloca)
Con l'arrivo di Aretino a Venezia, Franco ne diventa segretario e ha la possibilità di emularlo da vicino.
Aretino pubblica nel 1538 il suo Primo Libro di Lettere e un anno dopo nel 39 Franco pubblica le Pistole
(insieme ai Dialogi e al Petrarchista, dove vi è un'aspra polemica riguardo le biografie di petrarca). Sulla
scia aretiniana, Franco pubblica le Pistole per legittimarsi all'interno del mercato editoriale veneziano,
attraverso invettive e blandizie verso i potenti, richieste di aiuto economici in cambio del servizio letterario,
poetica volta a esaltare ingegno naturale.
In Franco è possibile trovare immagini che richiamano l'agone della battaglia.
La prima epistola in apertura ai Dialogi è indirizzata a Leone Orsini dove compare la virtù datagli dal
cardinale a Franco con la quale si augura di poter vincere l'invidia.
La seconda epistola è A l'invidia che chiude il volume di lettere, l'invidia è personificata con uno dei mali
che più di ogni altri lo ha avversato, vi è quindi una lotta tra bene e male (metafora morale).
Per Franco la pedanteria è l'imitazione pedissequa e continua di materiale letterario (i parassiti sono i preti e
i pedanti).
Paradosso: Franco accusa gli imitatori ma è lui stesso imitatore di Aretino!
Infatti Aretino si distaccherà da lui tacciandolo come pedante.
Aretino si rivolgeva ai principi e sovrani non attraverso missive vere e proprie ma attraverso volumi editi da
Marcolini per finalità duplice: moltitudine di destinatari e successo editoriale.
In Aretino la "milizia" dei buoni/vertuosi che combattono insieme si trasforma in Franco come
individualismo sfrenato per conseguire un utile economico.
Dialogi = narra di un certo Sannio (alterego di Franco) che si lamenta con la Virtù delle condizioni di lui
poeta e dei suoi colleghi, la Virtù lo conduce da Giove (dopo aver parlato con vari dei) dove riconferma la
povertà come elemento consustanziale della virtù. L'unico bene che possiede il poeta è solo la virtù che lo
conduce (ascensione) alla gloria dopo essersi inimicato gli invidiosi.
Tema rinascimentale dell'infelicità dei letterati.
Tema umanistico della virtù. (lo piega alla nuova situazione storica: la virtù esalta l'ingegno innato e abbassa
l'imitazione corriva fonte di facili guadagni) (in Machivelli la virtù si contrapponeva alla fortuna/sorte, in
Franco è virtù vs invidia e la fortuna è avversa).
La Virtù ricorda a Sannio anche la libertà che possiede nei confronti dei potenti e delle corti.
Virtù-libertà-povertà : elementi dell'uomo di lettere che però ha problemi economici.
Virtù-infelicità letteraria = due topoi della letteratura umanistica
secondo l'Alberti le lettere per essere virtuose devono disinteressarsi dei guadagni
(virtus - bonae litterae), si loda chi abbandona la bramosia di denaro e si scredita chi studia con ingenti
spese (i dotti pedanti si trovano nel teatro del 500).
l'Alberti non disapprova l'applicazione agli studi piuttosto la vana erudizione priva di virtù, qualità che rende
tale lo spirito nobile. Nell'Alberti non si trovano riferimenti contro gli imitatori, nè dei rapporti poeta-corte.
Nel 1538 il Ragionamento delle corti è un testo che si configura come sorta di riflessione sul mutamento in
atto: il modello cortigiano non è più economicamente produttivo per i letterati; la scelta infine si riduce nella
dicotomia morte disperata dello studio pedante e vita pazza della corte, l'unica soluzione è quella di
esercitare liberamente il proprio ingegno fuori da scuole o corti.
Aretino parte dallo stesso presupposto di Castiglione ma giunge a conclusioni opposte: distacco e
disimpegno dell'uomo di cultura da un potere corrotto irrimediabilmente.
Dopo il Ragionamento, Ortensio Lando scrive Dialogo degli uomini letterati: tre uomini discutono sulla
figura del pedagogo e sulla sua subalternità rispetto a ruoli sociali remunerativi ( diventare insegnante non è
più tra gli interessi degli intellettuali), uno dice che si deve aspirare alla vita cortigiana, un altro no. Per
Lando Aretino è il modello per chi non vuole assoggettarsi alle regole di corte, ma che vuole seguire il
vessillo della natura.
Dopo nel 51-53, Doni scrive i Trattati: dove due uomini, Dino ( filosofo fiorentino) e Francesco I Sforza
(duca di Milano e sovrano illuminato), discutono sul fatto che il primo debba andare alla corte del secondo e
il filosofo narra una serie di storie, l'ultima: sei uomini, tra cui un dotto e un principe, ridotti in miseria (di
nuovo il tema della povertà)devono procacciarsi da vivere, tutti riescono tranne il letterato, il rovescio
carnevalesco avviene quando il letterato per liberare il principe tiene una arringa con cui riesce nell'intento.
Per il Doni la figura che ha redento il sistema cortigiano è l'Aretino.
Ritorniamo al Franco, con i Dialogi Piacevoli (Sannio - alterego di Franco - dialoga con Eolofilo) si si
srotola la vita di coloro che cadono preda dei meschini tranelli di un invido desiderio di gloria attraverso
fama tirannica e contraffazione maldestra.
chimera = non solo sogno, ma, mostro mitologico dei poemi omerici, è mostruosa apparenza
per chimera si intende anche l'astuzia:
1. Eolofilo (Dial.Piacevoli) vuole comporre una poesia cavalleresca (genere usato e
strausato e sempre di moda tra i principi, il successo è assicurato)
2. Eolofilo vuole tradurre altre opere (così da raggiungere un pubblico più vasto)
3. Eolofilo parodizza Petrarca dicendo che andrà ad Avignone e si innamorerà di una
Laura qualsiasi e farà altre cose identiche a lui
alchimia = pratica della contraffazione per eccellenza che produce dei fumi che affumicano l'alchimista
stesso. La contraffazione alla fine si rivela per quello che è cioè inganno.
La natura è la sola che può dispensare il bene innato dell'invenzione e dello stile.
Anni dopo la metafora dell'alchimia verrà ripresa dal Doni per addossare la responsabilità di un
decadimento culturale proprio alla stampa: dovuta alla facilità con cui si producono libri se anche l'ultimo
dei poeti può raggiungere la gloria.
Franco nell'epistola Risposta della Lucerna si scaglia contro quei mestieri che distorcono la realtà, come i
pedanti (non sanno scrivere), grammatici (discutono inutilmente sui vocaboli), traduttori (traducono senza
sapere esattamente la lingua), poeti (ricopiano gli autori petrarca e boccaccio).
lucerna = strumento che permette di vedere oltre le tenebre.
differenza poeti - pedanti = tra un sapere naturale (non derivato dallo studio) e uno contraffatto
(cerca di imitare la naturalità). Concetti della dottrina platonico-ficiniana
secondo la quale la poesia è immagine del mondo, il poeta si assimila a Dio nel dono della
creazione.
L'ispirazione poetica è furore divino, di cui il poeta non è responsabile (il Fuscano 1531 afferma la totale
arbitrarietà del dono poetico), che accomuna pazzi e innamorati (il Berni ne parla in Dialogo contra i poeti).
Anche l'Aretino parla spesso in termini platonico-ficiniani.
Il Francastoro nel suo Naugerius tenta una mediazione tra dottrina platonica e aristotelica, ricorda i Dialogi
di Franco (forse amici?), e affronta il tema de furore poetico cui l'uomo giunge inconsapevolmente dopo
essersi riappropriato della bellezza delle parole.
Capitolo 2 - TRADUZIONE, PEDANTERIA E LAVORO
EDITORIALE
(il secondo capitolo è dedicato al controverso rapporto con la pratica traduttoria, amata per la possibilità di
estendere il mercato dei testi in volgare, ma avversata perchè consente facili guadagni senza aver messo in
gioco l'ingegno individuale)
imitatio ed aemulatio = 1570 traduzione-rimaneggiamento delle Metamorfosi di Ovidio da parte del Dolce
con le sue Trasformazioni, ma il metro usato è proprio del 500 cioè le ottave! (es. ariosto)
dopo la prima edizione delle trasformazioni passarono solo sette mesi dalla seconda, ciò implica che la
prima aveva gravi lacune metrico-linguistiche (secondo il critico Ruscelli, il quale è famoso per le sue
controversie col Dolce, in special modo nei suoi Tre Discorsi) e per battere la concorrenza di Giovanni
Andrea dell'Anguillara che aveva tradotto ovidio in quel tempo.
Secondo Ruscelli il pedante è proprio il Dolce poichè non traduce da Ovidio bensì dal testo di Niccolò degli
Agostini il quale non riporta il testo integrale.
Ruscelli mostra una tempra di critico e filologo. Perchè lo fa? ovviamente per ritagliarsi un posto di riguardo
in qualcuna delle stamperie di Venezia, ma il Giolito (editore del Dolce) non lo tiene in considerazione e
neanche gli altri editori.
Il primo dei Tre Discorsi si incentra sul Decameron : ricordiamo la lite tra il Dolce e il Ruscelli, entrambi
stavano lavorando a una traduzione del testo boccacciano e il primo chiese dei fogli al Ruscelli per poterli
visionare e criticare, il gioco è t