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RAI.

Prima della riforma di De Stefani c’era stata la creazione di tre direzioni su base geografica

(nord – centro – sud e isole) ognuna di queste ripartite in tre Divisioni (ponti e strade + opere

idrauliche + opere edilizie e riparazione danni) voluta dal Ministero dei Lavori Pubblici. Questa

riforma è proposta con Regio Decreto del 31/12/1922 da Carnazza; avrà breve vita perché quando

arriverà alla guida di questo Ministero Sarrocchi, eliminerà questa tripartizione.

La Riforma De Stefani aveva ridotto dunque i Ministeri da 15 a 11 ma con il passare del tempo

torneranno ad aumentare perché verranno creati: Ministero dell’Aeronautica + Ministero delle

Corporazioni + Ministero dell’Agricoltura + Ministero della Cultura Popolare + Ministero dell’Africa

italiana + Ministero per gli Scampi e le valute + Ministero per la produzione bellica. Inoltre cresceva

il numero delle Direzioni Generali e delle Divisioni, con la conseguente frammentazione interna

delle competenze.

Punto 3) Altro obbiettivo del regime, ai suoi esordi, è la cosiddetta smobilitazione

amministrativa cioè una drastica epurazione del personale che doveva portare a un aumento di

produttività, aumentando l’efficienza e diminuendo i costi del lavoro burocratico. Il taglio del

personale comunque sarà meno drastico di quanto annunciato: sostanzialmente si va a licenziare

chi appartiene ai sindacati e le donne. Il personale comincerà ad aumentare nuovamente. Quanto

all’efficienza, non solo non aumenterà, ma farà passi indietro dato che si opterà per un notevole

irrigidimento delle carriere e della gerarchia con altri decreti di De Stefani.

Punto 4) Con la riforma de Stefani, le Ragionerie centrali dei singoli ministeri sono trasformate in

uffici del Ministero delle Finanze alle dipendenze gerarchiche della Ragioneria generale

dello Stato. Tali provvedimenti determinarono un rafforzamento del ruolo del Tesoro, per cui si

ebbe un passaggio del baricentro dell’amministrazione da chi controllava gli affari interni a chi

controllava la spesa pubblica. Di conseguenza anche il Ministero dell’Interno perdeva la possibilità

di gestire in maniera autonoma la propria attività amministrativa. È in questa occasione che

l’amministrazione della spesa conquista per la prima volta il primato nell’amministrazione,

sottraendolo alla burocrazia prefettizia del Ministero dell’Interno, che lo aveva mantenuto sin dagli

anni della costruzione dello Stato unitario. L’escalation della «burocrazia della cifra» è, però, uno

dei fattori di accelerazione di quella «fuga dai ministeri» che negli anni trenta avrebbe dato corpo

all’alternativa dell’amministrazione per enti, sottratti all’asfissiante regime della contabilità statale e

dei controlli di ragioneria.

Si rilancia a questo punto la formula delle amministrazioni parallele, con istituzione di aziende

autonome  Azienda di Stato dei Servizi Telefonici; Amministrazione Autonoma dei Monopoli di

Stato; Azienda di Stato delle Foreste Demaniali; ANAS.

Le caratteristiche principali:

 poteri di gestione di tali aziende sono concentrati: nel Consiglio di amministrazione presieduto

dal Ministro; nel direttore generale che supervisiona l’attività.

 godono di autonomia di bilancio;

 possono stipulare contratti a trattativa privata;

 il personale è ben pagato.

Accanto alle aziende autonome nascono le società a partecipazione mista (dette anche società

per azione miste) o società a totale proprietà pubblica per esercizio di attività imprenditoriali,

come l’AGIP. L’Automobile Club d’Italia viene trasformato in un ente morale.

Punto 5) Vengono privatizzati alcuni servizi pubblici (come la telefonia nazionale interurbana -

quella urbana invece è affidata sempre ai privati che però sono sottoposti al controllo di quella che

adesso viene chiamata Telecom). C’è l’abrogazione del monopolio dello Stato delle assicurazioni

sulla vita.

Punto 6-7) due regi decreti nel 1923 introducono un irrigidimento delle carriere suddivise in tre

gruppi: A – B – C, a seconda del titolo di studio richiesto per l’accesso; in più viene istituita una

scala gerarchica e stipendiale articolata in 13 gradi (modellati secondo la gerarchia militare)  si

rafforzano i codici disciplinari + si esalta la discrezionalità dei capi + si comprime l’associazionismo

sindacale + si uniformano gradi e stipendi ripristinando il sistema degli organici chiusi.

Seguirà con il Regio Decreto del 16/08/1926 n°1387 il blocco delle assunzioni. Qual è

l’immagine della PA?

1) Vengono sacrificati i progetti di fascistizzazione integrale della burocrazia, sia la

modernizzazione e la razionalizzazione del lavoro, soltanto parzialmente introdotti dai seguaci

del taylorismo;

2) Permane una continuità dal punto di vista del pubblico impiegato, visto ancora come servitore

dello Stato;

3) Viene valorizzata la tradizione della giurisprudenza amministrativa rappresentata dal Consiglio

di Stato. Con il Regio Decreto del 30/12/1923 n°2840 si ordina il Consiglio di Stato: si potenzia la

giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego.

In conclusione, può dirsi che la riforma di Alberto De Stefani, a fronte delle originarie intenzioni, si

rivela per molti versi fallimentare. Lo è di sicuro nell’impulso alla semplificazione, smentito in

seguito, dopo la sua uscita dal governo; lo è riguardo all’epurazione, anche se va sottolineato che

il principale dei suoi scopi – ovvero il pareggio di bilancio – viene raggiunto nel 1925. Per quanto

avesse accentuato i caratteri autoritari dell’ordinamento, irrigidendo le gerarchie e rafforzando i

codici disciplinari, non dava vita a un modello propriamente “fascista” di burocrazia. Mancava la

politicizzazione: anzi, l’ideologia di fondo era proprio quella della apoliticità dei funzionari come

necessaria conseguenza della neutralità dell’amministrazione. Si tratta dunque di un sistema

burocratico rigido, gerarchico e militaresco che tuttavia – si dirà – restituisce «agli impiegati, reduci

dell’insicurezza di status che li aveva afflitti nel dopoguerra, il bene più prezioso: un prestigio

sociale legato all’esaltazione della funzione dello Stato». Nulla a che vedere con la spavalda

proclamazione secondo cui il fascismo avrebbe messo la burocrazia in camicia nera

costringendola alla rivoluzione, ringiovanendola e politicizzandola nella sua cultura.

2. SVOLTA AUTORITARIA (leggi fascistissime)  il 3 gennaio del 1925 Mussolini si assume la

responsabilità politica e morale dell’assassinio di Matteotti. Così inizia la svolta verso il regime

autoritario... Mussolini lascia Federzoni al Ministero dell’Interno e chiama Rocco a quello di

Giustizia. Proprio loro due prepareranno un piano di riforme legislative che nel giro di due anni

apporteranno modifiche sostanziali nell’ordinamento costituzionale.

Federzoni ordina lo scioglimento di tutte le organizzazioni che tendono a sovvertire il potere dello

Stato; una vigilanza sui comunisti; rastrellamento delle armi detenute illegalmente. Dunque

accende il motore della macchina repressiva annunciata dal capo del governo nel suo celebre

discorso sempre del 3 gennaio: “voi state certi che nelle 48 ore successive a questo discorso, la

situazione sarà chiarita su tutta l’area […] ciò che ho in animo non è capriccio, passione ignobile,

ma è soltanto amore sconfinato e possente per la patria”.

Inoltre si fanno una serie di leggi che demoliscono il pluralismo politico: si vietano le società

segrete ( si scioglie la Massoneria); si licenziano gli impiegati che non danno garanzia di fedele

adempimento dei loro doveri o che si pongono in condizioni di incompatibilità con le direttive del

governo; si vieta la sciopero; si istituisce la Magistratura del lavoro per la soluzione delle

vertenze tra lavoratori e datori di lavoro  gli unici sindacati riconosciuti saranno quelli fascisti.

Viene nominata una Commissione dei Soloni di 18 membri, presieduta da Gentile. I progetti di

questa commissione sono sostanzialmente rappresentati dalla critica della parlamentarizzazione

del sistema statutario (loro volevano proporre l’idea sonniniana del torniamo allo Statuto cioè la

centralità del re, che nomina e revoca il Governo al di fuori di qualsiasi intervento parlamentare).

Mussolini però accantona questo progetto e presenta un DDL convertito in Legge del 31/12/1925

n°2037 sulle attribuzioni e prerogative del capo del Governo. All’art.1 si dice che il re resta a

capo dello Stato e mantiene le sue prerogative perché esercita il potere esecutivo, ma per mezzo

del suo governo. L’art.2 sottolinea che il capo del governo è responsabile verso il re: il tal mondo

si elimina la responsabilità del governo verso il Parlamento, perché chi è responsabile è solo ed

esclusivamente il capo del governo ma VERSO IL RE, non verso il Parlamento; inoltre il capo del

governo non è più primus inter pares ma è un superiore gerarchico: i Ministri sono nominati e

revocati dal re e su proposta del capo del governo; sono responsabili verso il re e verso il capo del

governo.

Questa legge prevede anche che con RD può essere affidata al capo del governo la direzione di

uno o più Ministeri (Mussolini arriverà a dirigere 7 Ministeri); infine si prevedono sanzioni severe

per chi attenterà con i fatti e con le parole al re e al capo del governo.

Le Legge del 31/01/1326 n°100 dà la facoltà al Governo di promulgare, con RD, norme

giuridiche nelle seguenti materie: esecuzione delle leggi, organizzazione e funzionamento della

PA, ordinamento personale, ordinamento degli Enti. In tal mondo viene sottratta al Parlamento la

disciplina della PA.

Ad accelerare il processo che porta all’annullamento della democrazia saranno i continui attentati

alla vita di Mussolini, in particolare l’attentato Zamboni del 31/10/1926. Per questo viene

promulgata la Legge per la difesa dello Stato, con cui si introduce la pena di morte per chi

attenta alla vita del re e del capo del governo; sono inoltre previste pene severe per chi cerchi di

ricostituire i partiti disciolti. Per giudicare questi reati nasce il Tribunale speciale per la difesa

dello Stato e, come abbiamo visto, la polizia segreta OVRA. Il sistema poliziesco è uno strumento

fondamentale per l’esistenza dello Stato totalitario.

La tappa successiva è rappresentata dalla Legge elettorale del 1928: si forma un listone con 400

deputati scelti dal Gran Consiglio del Fascismo e si vota in un collegio unico (sostanzialmente le

elezioni so

Dettagli
A.A. 2016-2017
22 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MellonCollie96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'amministrazione pubblica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Pelleriti Provvidenza.