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DANTE (?) A GIOVANNI QUIRINI

Nulla mi parve mai più crudele cosa
di lei per cui servir la vita [smago],
ché 'l suo desio nel congelato lago
ed in foco d'amore il mio si posa.

Di così spietata e disdegnosa
la gran bellezza di veder m'appago;
e tanto son del mio tormento vago,
ché altro piacere a li occhi miei non osa.

Né quella ch'a veder lo sol si gira,
e 'l non mutato amor mutata serba,
ebbe quant'io già mai fortuna acerba.

Dunque, Giannin, quando questa superba
convegno amar fin che la vita spira,
alquanto per pietà con me sospira.

Clizia non sapeva nulla di questi componimenti, appare come un fantasma salvifico.
Montale spiega che l'oscurità dei classici è dovuta a un'estrema concentrazione stilistica e
confidenza nella materia trattata; anche gli Ossi sarebbe un'opera oscura anche se ormai, grazie alle
centinaia di edizioni critiche si sono liberati da quella oscurità.
Il poeta

quindi va oltre i due mottetti, facendo dichiarazioni generali, come se parlasse ai futuriGuarnieri per dire loro che non c'è bisogno di spiegare tutto riguardo alla poesia, anche se ci dàinformazioni molto importanti per decifrare in particolare l'ultima strofa e per capire che è venuto asapere della morte del padre di Clizia nel novembre del 1933.

4° mottetto:

Lontano, ero con te quando tuo padre

entrò nell'ombra e ti lasciò il suo addio.

Che seppi fino allora? Il logorì

odi prima mi salvò solo per questo:

che t'ignoravo e non dovevo: ai colpi

d'oggi lo so, se di laggiù s'inflette

un'ora e mi riporta Cumerlottio Anghébeni - tra scoppi di spolette

e i lamenti e l'accorrer delle squadre.

La poesia è databile 1939.

Al centro del mottetto ci è la forza salvifica della donna-angelo, ovvero Clizia, a partire dalla triste

occasione della morte del padre di Clizia deriva una nuova

consapevolezza della funzione salvifica della donna, come se tutti gli eventi trascorsi, tutti i pericoli corsi dal poeta durante la prima guerra mondiale fossero solo tappe preparatorie alla vera vita, quella scaturita dal successivo incontro con Clizia. L'episodio realmente accaduto di Montale che sta vicino alla donna dopo la scomparsa del padre viene trasfigurato in poesia e prepara la figura di Clizia ad essere la nuova ispiratrice del poeta, la nuova Beatrice, c'è un probabile addentellamento alla "Vita Nova": capitolo XXIV: Giovanna (moglie di Cavalcanti) prefigura l'arrivo di Beatrice. Nel Quaderno dei 4 anni vediamo che una donna di nome Giovanna era realmente esistita, Giovanna Calastri, amica della stessa Clizia, figlia del proprietario della pensione fiorentina Anna Lena, è probabilmente una coincidenza casuale che questo nome appaia qua ma diventa rilevante per la dimensione intertestuale perché collega le Occasioni con la Vita Nova.

La Giovannamontaliana fa parte del carteggio di Clizia e effettivamente preannuncia l'arrivo di Clizia, non sappiamo se Montale l'avesse fatto di proposito ma il testo propende al parallelismo.

Metrica: due strofe di quattro e cinque endecasillabi. C'è una rima interstrofica e rime perfette, e un'assonanza.

5° mottetto:

Addii, fischi nel buio, cenni, tosse e sportelli abbassati. E' l'ora. Forse gli automi hanno ragione. Come appaiono dai corridoi, murati!...

- Presti anche tu alla fiocalitania del tuo rapido quest'orrida e fedele cadenza di carioca? -

La speranza di pure rivederti m'abbandonava;

il mottetto è datato 1939, ma è stato aggiunto nell'edizione del 1940.

Viene rappresentato un prima e un dopo: la partenza di lei da una stazione ferroviaria e a separazione ormai avvenuta, il dialogo mentale del poeta con la donna assente, la cesura tra i due momenti è sottolineata dai puntini di sospensione.

Forma esibita di reticenza che sottolinea un evento taciuto: l'addio. L'emotività prorompe nella strofa conclusiva: il segno tangibile dell'intesa e dell'accordo privilegiato che nessun distacco potrà mai spezzare, risiede in un'ipotetica e casuale coincidenza uditiva, l'unica e disperata speranza di contatto si fonda sulla possibilità che la donna riesca a percepire nel rumore del treno in corsa la cadenza ossessiva di questa musichetta da una parte lugubre e spaventosa come "fedele cadenza di carioca" (danza brasiliana, molto ben conosciuta ai lettori dell'epoca), il ritmo è monotono e quasi piacevole, ci si affeziona, quindi la domanda finale pone questo auspicio che entrambi riescano a interpretare questi suoni.

Il modello riconosciuto per questa poesia è una delle Odi Barbare di Carducci: "Alla stazione una mattina d'autunno"

Oh quei fanali come s'inseguono

dietro gli alberi,

tra i rami stillanti di pioggia

sbadigliando la luce su 'l fango!

Flebile, acuta, stridula fischia

la vaporiera da presso. Plumbeo

il cielo e il mattino d'autunno

come un grande fantasma n'è intorno.

Dove e a che move questa, che affrettasi

a' carri fòschi, ravvolta e tacita

gente? a che ignoti dolori

o tormenti di speme lontana?

Tu pur pensosa, Lidia, la tessera

al secco taglio d'ai de la guardia,

e al tempo incalzante i begli anni

dài, gl'istanti gioiti e i ricordi.

Van lungo il nero convoglio e vengono

incappucciati di nero i vigili,

com'ombre; una fioca lanterna

hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei

freni tentati rendono un lugubre

rintócco lungo: di fondo a l'anima

un'eco di tedio risponde

doloroso, che spasimo pare.

E gli sportelli sbattuti al chiudere

paion oltraggi: scherno par l'ultimo

appello che rapido suona:

grossa scroscia su' vetri la pioggia.29. Già il mostro, conscio di sua metallica30. anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei31. occhi sbarra; immane pe 'l buio32. gitta il fischio che sfida lo spazio.33. Va l'empio mostro; con traino orribile34. sbattendo l'ale gli amor miei portasi.35. Ahi, la bianca faccia e 'l bel velo36. salutando scompar ne la tenebra.37. O viso dolce di pallor roseo,38. o stellanti occhi di pace, o candida39. tra' floridi ricci inchinata40. pura fronte con atto soave!41. Fremea la vita nel tepid' aere,42. fremea l'estate quando mi arrisero:43. e il giovine sole di giugno44. si piacea di baciar luminoso45. in tra i riflessi del crin castanei46. la molle guancia: come un'aureola47. più belli del sole i miei sogni48. ricingean la persona gentile.49. Sotto la pioggia, tra la caligine50. torno ora, e ad esse vorrei confondermi;51. barcollo com'ebro, e mi tócco,52. non anch'io fossi

distanza, creando una sua personale interpretazione. Il testo formattato con i tag html è il seguente:

dunque un fantasma.53 Oh qual caduta di foglie, gelida,54 continua, muta, greve, su l'anima!55 io credo che solo, che eterno,56 che per tutto nel mondo è novembre.57 Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere,58 meglio quest'ombra, questa caligine:59 io voglio io voglio adagiarmi60 in un tedio che duri infinito.

La situazione è la stessa, ma la novità di Carducci è grande perché lui scrive negli anni '70 dell'800 quando i treni sono qualcosa di molto recente, una modernità che Carducci fa diventare "poetabile", ma ricoprendola di una classicità in quanto poeta neoclassico (contenuti nuova per una forma antica).

Montale riprende nel mottetto alcune delle parole di Carducci, ma non vi si attiene fino in fondo, egli dà per scontato, prosciuga e riassume tutto l'aspetto sentimentale che Carducci esprime nelle ultime strofe, quindi lo prende come modello ma se ne tiene a distanza, creando una sua personale interpretazione.

distanza.“forse gli automi hanno ragione”: riferimento all'Osso breve

“forse un mattino”:Forse un mattino andando in un'aria di vetro,

arida rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:

il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro

di me, con un terrore di ubriaco

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto

alberi case colli per l'inganno consueto.

Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto

tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Gli automi infatti sono intesi come gli uomini che non si voltano; Montale si chiede se coloro che

scelgono di vivere non voltandosi non avessero fatto la scelta giusta, perché in fondo vivono senza

problemi, rimanendo immobili e senza coscienza, il poeta sembra quasi invidiarli.

Nel primo degli ossi brevi, che può essere inteso come una dichiarazione di poetica viene

giustificata la visione negativa di Montale e la sua volontà di rifiuto verso il ruolo del poeta

vate.Metrica:due strofe di quattro e tre versi separate da una fila di puntini, una ellissi strofica che sottolinea lafrattura esistente tra i due tempi del mottetto, quello seccamente descrittivo della prima strofa equello evocativo-esistenziale della seconda.Cinque sono versi endecasillabi e due sono settenari. Proprio per bilanciare una situazione e unascelta lessicale tendenzialmente prosastiche, la forma metrica è accuratamente lavorata: cosìaccanto ad un'unica rima perfetta ci sono una rima quasi-baciata e una rima al mezzo.6° mottetto:e mi chiesi se questo che mi chiudeogni senso di te, schermo d'immagini,ha i segni della morte o dal passatoè in esso, ma distorto e fatto labile,un tuo barbaglio:(a Modena, tra i portici,un servo gallonato trascinavadue sciacalli al guinzaglio).Il poeta è sempre assorto nel pensiero dominante della donna ormai lontana ed è disperatamentedubbioso sulla possibilità di vederla, proprio mentre

la speranza sta per abbandonarlo del tutto, assiste a un'insolita scena: due sciacalli vengono portati al guinzaglio per i portici di Modena, egli si chiede se siano allucinazioni di una realtà alienata o segni miracolosi irradiata dalla donna assente per comunicare con lui.

La progressione cronologica è invertita nella disposizione formale del testo: l'incontro con gli sciacalli, posto in chiusura, è in realtà un'analessi, cioè l'evocazione di un evento che secondo lo stesso Montale ha preceduto in senso temporale e provocato l'inquieta riflessione della seconda strofa.

In questo modo la risposta all'interrogativa indiretta non è data esplicitamente.

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
67 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LauraFrosini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Pacca Vinicio.