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PRIMA MEDITAZIONE
1. “Distruzione e messa in dubbio di ciò che ci dicono i sensi”. I Sensi sono ingannatori,
non fidarsi mai di quelli che una volta ci hanno ingannato. In sensi potrebbero essere
considerati nell’indubitabile fattuale.
2. “L’ipotesi del sogno” è un ipotesi che distrugge ciò che noi crediamo siano cose
indubitabili: “noi siamo veramente in un luogo? Noi siamo veramente in quest’aula?”.
Questa ipotesi toglie la certezza su ciò che noi sentiamo (mediante i nostri sensi). Non è
chiaro quando noi sogniamo e quando in realtà siamo svegli, in qualche modo la nostra
certezza è basata sul fatto che quando siamo svegli tutto ci appare più nitido e le nostre
sensazioni sembrano più vere, ma è veramente così?
3. “Le verità geometriche-matematiche”. Le cose assolutamente vere, dalla quale possiamo
costruire i nostri sogni, le nostre sensazioni, sono costruite dalle verità geometriche-
matematiche. La realtà è costruita su tale verità. Le verità sensitive si sono verificate false;
nel sogno è vero che 2+2=4 tanto quanto nella realtà.
4. “L’ipotesi di un Dio ingannatore”. Ma possiamo dubitare anche delle verità geometriche-
matematiche: chi ci dice che 2+2=4 e non è =7? L’ipotesi di un Dio ingannatore è una
ragione plausibile per mettere in dubbio le verità geometriche-matematiche. Questo Dio ci
ha creato “così come siamo” ma non è detto che la nostra logica sia vera, forse Dio ci ha
creato ingannandoci.
5. “L’ipotesi del genio maligno”. Il genio maligno è astuto e ingannatore, questo genio però
può farmi credere in qualcosa ma non può impormi di dare l’assenso a quello che mi
sembra dubitabile: pur essendo capace di sbagliare, l’essere umano ha la forza.
Dubbio iperbolico: si spinge a negare non soltanto ciò che è falso, ma anche ciò che sembra
falso ma che potrebbe essere vero (verosimile). C’è una sospensione del giudizio su ciò che è
verosimile, non diciamo che è vero, ma lo consideriamo falso.
Tutto quello che io penso, posso dubitarlo, ma non posso dubitare del fatto che sto
pensando.
“Non posso dubitare di star dubitando”.
“Non c’è dubbio che io esista”, “io sono, io esisto” è necessariamente vera tutte le volte che
la pronuncio o che la concepisco nel mio spirito.
L’esistenza del soggetto passa nel pensiero, io posso dire di esserci perché penso. Posso pensare
di essere ingannato da un Dio ingannatore che mi sta facendo pensare una determinata cosa ma
comunque sto pensando e il pensiero non può essere fermato. “Cogito, ergo sum".
L’essere deriva dal pensare, indipendentemente da ciò che sto pensando. C’è un primato del
pensiero (soggetto) sull’essere (oggetto), che è al contrario dell’idealismo antico.
Noi sappiamo che Dio ci inganna;
Attraverso una conoscenza (il sapere) c’è un essere;
Noi potremmo arrivare a Dio soltanto attraverso il pensiero (che è idea);
2
Il pensiero non riesce ad annullare se stesso;
Le cose non ci sarebbero se noi non ci pensassimo;
Quando smetto di pensare, io non esisto più;
Il pensiero:
È autocoscienza;
È coscienza;
È anche il dubbio;
Sono anche i sentimenti (amare, odiare, dubitare, volere, ecc.). Se io voglio, non posso
dubitare di volere, in quanto io voglio;
L’attività del pensiero è presente a se stessa;
Quando pensiamo, il pensiero sa che sta pensando. (“io penso e so che sono io a
pensare”);
Ma se una persona mi dice “penso, dunque sono”, io posso pensare che mi sta o si sta
ingannando? Le ipotesi sono varie: potrei essere in un sogno, potrei essere io a ingannare me
stesso (della presenza dell’altra persona). Solo io posso essere sicura che io esisto, delle altre
persone posso solo dubitare. Questo ragionamento sembrerebbe creare una sorta di
individualizzazione: tutti sono certi di se stessi, ma nessuno è certo dell’esistenza dell’altro.
Seconda Obiezione
Sillogismo: “Tutto ciò che pensa, esiste”. Io (inteso come parte del tutto) penso. Io esisto.
Quando dico che è vero il cogito è perché è vero il sillogismo?
Risposta: No, perché il pensiero che sta pensando non deriva da una “coscienza maggiore”, cioè
“tutto ciò che pensa, esiste”, perché potrei dubitare di questa premessa. Non ci sono verità che
precedono il cogito e che lo rendono vero. Io non devo ragionare per capire di esserci ma devo
avere un’intuizione intellettuale subito; il cogito è un assioma (qualcosa che vale e che non deriva
la propria validità da qualcos’altro). La verità del cogito non è mediata, ma immediata.
Terza Obiezione
Per poter pensare, io devo esistere, quindi non è vero che devo partire dal pensiero per esistere,
ma viceversa “io esisto, dunque penso”.
La prima ipotesi non può essere soggetta al dubbio, la seconda (b) può essere messa in
dubbio.
Nel momento stesso in cui io affermo che “per pensare è necessario esistere”, sto
pensando, quindi è falsa.
Soltanto pensando so di esistere.
L’esistenza non precede il pensiero in quanto io soggetto penso per capire se è giusto ciò
che è l’ipotesi B. 3
C’è un primato del soggetto (Io) a un terzo o sugli altri (Giovanni)
Il pensiero non appartiene al corpo, ma alla mente, allo spirito. Non ha nulla a che fare con il
cervello, che è considerato “materia”. Per il pensiero, non è necessario il corpo; il pensiero non si
colloca in nessuna parte del corpo ma è in qualcosa di immateriale: l’anima.
Evidenza= Chiarezza + Distinzione
Una cosa può essere chiara (“io provo dolore”) ma non ancora evidente, in quanto non so ancora
localizzare, quindi distinguere, il dolore.
Abbiamo raggiunto l’evidenza del nostro esistere, perché ci deve essere chiarezza e distinzione. È
più facile conoscere il nostro essere che i nostri corpi (perché i sensi ci ingannano).
L’Io cartesiano non è un animale razionale, non è un’anima. La natura dell’Io è il pensiero, è un
attributo che gli appartiene. Solo mediante il pensiero io riesco ad ingannare il dubbio.
Secondo Cartesio, il corpo è una macchina. Il “sentire” non può essere la natura dell’Io, perché il
corpo si distacca dall’io. L’io è diverso dal corpo, è talmente indipendente che si può reggere da
solo. C’è una distinzione reale tra la sostanza pensate (io) e la sostanza corporea (corpo).
“L’io è una cosa che pensa” RES COGITANS (cosa pensante)
Se c’è la qualità (l’atto del pensiero) ci deve essere anche qualcosa che compie l’atto (l’io). Il
pensiero ha bisogno di un soggetto, che è “Sostanza” L’io.
Esempio della cera
Prendiamo un corpo, un pezzo di cera, appena estratto dall’alveare, con caratteristiche ben
precise (solido, rumoroso, ecc.) se si avvicina al calore, la cera si scioglie e di conseguenza
determinate caratteristiche che possedeva prima ora sono diverse. Però noi possiamo affermare
che è sempre la stessa cera. Come facciamo ad affermarlo? Non possiamo definire che è cera
attraverso i sensi (perché, appunto le caratteristiche che aveva prima ora non le ha più), noi quindi
conosciamo la cera al di là dei sensi. Potrei usare l’immaginazione: attraverso di essa potrei
immaginarmi forme e aspetti differenti, ma, secondo Cartesio, non si può fare perché
l’immaginazione avrà immagini finite e non infinite come dovrebbe essere (per immaginarsi la
cera). Si può dire che noi conosciamo la cera attraverso l’intelletto, che è la stessa cera che io
tocco e che immagino, percependola con l’intelletto diventa una visione della mente; noi vediamo
l’essenza. La visione della mente della cera è in grado di percepire la stessa cosa, con qualità
differenti (prima e dopo l’avvicinamento al fuoco).
L’uomo non casca nell’inganno, grazie all’intelletto riesce a superare i sensi. Noi conosciamo
grazie agli occhi della mente. Esempio: se, noi da una finestra vediamo degli uomini che
indossano dei cappelli, se ci fermassimo a ciò che percepiscono gli occhi allora diremmo “ci sono
dei cappelli che camminano”, ma grazie all’intelletto, noi possiamo affermare che “ci sono degli
uomini con i cappelli che camminano”.
La conoscenza del corpo è sempre una conoscenza intellettuale; noi abbiamo una conoscenza
chiara e distinta che può essere più o meno oscura e confusa, a seconda di come i sensi
“interferiscono”.
Noi siamo la sostanza pensante, il nostro esserci è condizione di possibilità di conoscere gli
oggetti; ma noi ci conosciamo meglio in quanto condizione di pensiero (“conoscerò meglio me
stesso degli oggetti”). 4
Nonostante le affermazioni fatte finora, Cartesio non è ancora stato in grado di confutare l’ipotesi di
un Dio ingannatore.
Che cos’è una cosa che pensa?
“Una cosa che dubita, intende intellettualmente afferma, nega, vuole, non vuole, e anche
immagina e sente”
Tutte le cose che ha elencato sono miei atti della mente, non di qualcun altro.
Il pensiero è sempre stato considerato al di fuori dei sensi, ora, con questa nuova
definizione, SEMBRA rinnegarlo.
“Sentire” è consapevolezza, è un “sentirsi nella mente”;
Io sento di sentire con il corpo e ho la consapevolezza di tutti gli atti della mente ma non ho ancora
la certezza che queste sensazioni siano vere, perché è ancora presente il Dio ingannatore che
potrebbe ingannarmi. Devo confutare l’ipotesi del Dio ingannatore per rendere irrevocabili tutte le
evidenze (l’unica certa è il pensiero). Per togliere questa ipotesi dobbiamo affermare che Dio
esiste ma non è ingannatore, come possiamo dimostrarlo? Cartesio ha tre dimostrazioni: due di
esse sono “a posteriori” e sono spiegate nella terza meditazione, l’altra è presente nella seconda
ed è “a priori”.
“A posteriori” indica che è stata dimostrata dopo il fatto e che, quindi, Dio &egr