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IL COMMENTO DI GIGANTE A DIOGENE LAERZIO
Gigante provò a rivalutare la figura di Diogene. Il punto di partenza per Gigante fu
Benedetto Croce (storicismo). Benedetto Croce diede una nuova impronta storiografica,
risvegliando la passione per l'aneddoto e per il dettaglio. Gigante prendendo spunto
dall'approccio di Croce cercò di sottolineare l'importanza della trattazione di Diogene.
Tuttavia lo stesso Croce non era molto propenso a considerare attentibile la testimonianza
di Diogene in quanto nelle Vite egli aveva proceduto secondo una storia delle successioni,
di conseguenza non reputava che quello fosse il modo corretto di procedere nella
ricostruzione del passato. Hegel riteneva che il testo di Diogene Laerzio non fosse altro
che una galleria di opinioni superflue e noiose, una vera e propria filastrocca. All'interno
degli scritti di Diogene Laerzio troviamo sicuramente delle doxai, opinioni. è effettivamente
vero che le opinioni siano superflue?
Senza Diogene Laerzio ci mancherebbero pezzi interi del passato filosofico. Tuttavia
secondo la nozione di storia dell filosofia Hegeliana, il modo di filosofare di Diogene non si
potrebbe reggere in piedi. Nonostante Croce sia Hegeliano, dovette ammettere una cosa,
ossia che i filosofi del passato fossero innanzi tutto uomini, pieni di interessi e passioni.
Per Croce quindi i filosofi antichi erano prima di ogni cosa uomini, quindi per raccontarli
era necessario dare spazio anche al bios, a quegli interessi e a quelle passioni. Non ci si
poteva quindi accontentare di una anatomizzazione o sterilizzazione, considerando
solamente ciò che concerneva il pensiero. Secondo Gigante quindi bisognava rivolgere lo
sguardo anche all'aneddotica. per Croce l'aneddotica "si nutriva del bisogno di tenere viva
ed accrescere l'esperienza delle più varie manifestazioni dell'anima umana" quindi si dava
voce direttamente all'anima umana, il passato diventa interessante anche per la ricchezza
e l'esame dell'intero bios. Gigante quindi apprezzò il fatto che Diogene si fosse occupato
della biografia. Croce scrisse che la biografia intesa come storia, non si differenziasse
dall'idea generale della restante storiografia, infatti entrambe condividevano lo stesso
problema, ovvero determinare e qualificare ciò che è stato creato nel mondo spirituale e
che è sia opera individuale, sia superiore alle persone stesse. Entrambi quindi ricercavano
la novità nel passato? Oltre all'individuale Diogene Laerzio fu capace di percepire
l'universale? Egli fu in grado di cogliere il ritmo della filosofia nell'individuo ed oltre
l'individuo? Il suo scritto può essere definito una vera storiografia? Il vero obiettivo di
Gigante è quello di qualificare l'opera di Diogene Laerzio attribuendogli l'appellativo di
cronista e storico dei filosofi antichi e non della filosofia antica. Diogene Laerzio ha
assunto così sia il ruolo dello storico sia quello del cronista. In Diogene non è possibile
rintracciare alcuna simpatia particolare per una certa scuola filosofica, non gli si può
attribuire una casacca filosofica tipica di una scuola d'appartenenza. A proposito di
Diogene bisogna parlare quindi di una bio/dossografia che possiede certe caratteristiche
1) coglie il nuovo del passato 2) ci aiuta ad individuare la creatività e la discontinuità del
passato 3) fornisce un ritratto dell'uomo che è sia personale ma anche universale e
tipizzabile ( forma di vita ) 4) capacità di analizzare la peculiarità di un filosofo ma anche la
sua tipicità
Gigante isola 5 macrocaratteristiche
I) emerge l'interazione tra biografia e dossografia ( l'elenco delle doxai è quindi già filosofia
) II) la funzione del bios è sicuramente informativa, ma anche formativa, in nessun caso è
eulogetica o panegeristica, non è finalizzata a lodare un particolare filosofo. Le biografie
sono frutto delle molte letture e dell'erudizione di Diogene. Aveva la possibiltà di dare
informazioni per formare, ovvero perchè se ne traesse una morale, un valore paideutico.
III) si intravede uno statuto del bios filosofico come un genere letterario. Ciò sta a
significare che non è un'opera improvvisata ma risponde ad uno schema, ad un modello
dotato di regole e norme interne. Confine invalicabile come garanzia di riconoscibilità.
IV) si può evidenziare la cooperazione tra notizia e pensiero, aneddoto(accidente) e
interiorità di pensiero. V) il bios laerziano è concepito come profilo sufficiente, e nei casi
migliori globale senza essere completo, del filosofo. Non è quindi possibile attribuirgli la
completezza assoluta.
PROEMIO
Il fatto che ci sia questa non uniformità, questo carattere disomogeneo dei bios, ha fatto
pensare che quest'opera fosse incompiuta. (unfertishkaint) Di conseguenza non si
potrebbe pretenderne la perfezione formale. Altri invece ne hanno sostenuto la
completezza, considerando l'incoerenza interna come un risultato dell'aver lavorato con
delle schede legate tra loro non sempre organicamente. L'ipotesi più attendibile è che
questo testo non abbia subìto una revisione finale. Tuttavia il metodo compositivo
assomiglia molto a quello di qualcuno che utilizzi delle schede. Il metodo di Diogene
Laerzio è quello di sostanziare con citazioni testuali e rinvii bibliografici la propria
trattazione. La controllabilità di un'affermazione risulta essere un criterio innegabile
adottato dal Laerzio. Nel Proemio Diogene afferma che la filosofia abbia avuto origine dai
barbari. A supporto di questa ipotesi cita Aristotele e Sozione, quali ne avrebbero descritto
la provenienza da popoli e luoghi diversi. Viene quindi relativizzata la genesi della filosofia.
A loro volta gli Egizi sostenevano per DL. che fosse Efeso, figlio del Nilo ad aver iniziato la
filosofia, che fu coltivata da sacerdoti e profeti. DL. calcola che la filosofia sia nata 48863
anni prima della morte di Alessandro Magno, tempo computato in base alla riconoscibilità
di eventi naturali come le eclissi di sole e di luna. DL riporta anche dei dati cronologici
accreditati storicamente da aaltri autori, i quali coinfluirebbero sul medesimo risultato
finale, equivarrebbe ad una sorta di confronto dei dati registrati su base naturalistica con
quelli ricavati da testimonianze storiche. DL ha quindi riportato una certa tradizione per
avversarla subito dopo, asserendo che siano stati i Greci a dare inizio al filosofare. DL
pone come primi filosofi Museo e Lino, ritenendo che già in essi fosse presente una
speculazione filosofica. DL conserva anche epigrammi e frammenti di poemi. Museo e
Lino potrebbero essere considerati personaggi mitici, Lino avrebbe scritto una cosmogonia
riguardante il corso del sole e della luna , ma anche la nascita delle piante e degli animali,
argomenti filosofici. Addirittura DL. riporta l'incipit del poema. "Vi fu un tempo in cui tutte le
cose nacquero insieme". DL confronta questo incipit con Anassagora per il quale tutte le
cose nacquero insieme fino a che non giunse la mente ( nous ) a disporle insieme.
Anassagora dipenderebbe quindi dalle filosofie precedenti ed il suo pensiero si porrebbe
in continuità con esse. DL dimostrerebbe la maternità greca della filosofia, poichè lo
stesso nome "filosofia", essendo greco, ci dice che la filosofia
necessariamente deve essere greca. Tuttavia quelli che sono di un'altra opinione mettono
in campo anche Orfeo. Secondo DL Orfeo non potrebbe essere assolutamente
annoverato tra i filosofi poichè parlò in modo sacrilego contro gli dei. Se quindi si voleva
appartenere alla categoria dei filosofi, non si poteva parlare in un certo modo della divinità.
I sostenitori della tradizione barbarica della filosofia ( orientalismo ) espongono di ciascun
filosofo barbaro il loro modo di filosofare. L'esempio è quello dei Gimnosofisti e dei Druidi,
dei Caldei e dei Magi. La vera fonte di queste informazioni è Erodoto, grande miniera
etnografica ed antropologica.(descriveva usi e costumi ). A proposito dei Magi DL indica
diverse forme bibliografiche nell'attribuzione di un primitivo dualismo cosmologico. Tutte le
fonti riguardo l'origine orientale della filosofia, è peripatetica, ci sarebbe quindi un tentativo
da parte degli allievi di Aristotele di rileggere la genesi della filosofia superando il loro
maestro. Essi si abbeverarono tutti alla fonte di Erodoto. Eudemo ed Ecateo addirittura si
occuparono soltanto di storie Egizie. L'invenzione della filosofia è stata quindi attribuita da
alcuni dotti ai barbari, questi dotti avevano apportato come prove delle testimonianze per
lo più tratte da Erodoto. Diogene Laerzio, non concorda con questa visione, tanto più che
la filosofia è un termine greco che sarebbe stato inventato da Pitagora.
LIBRO X DIOGENE LAERZIO
Diogene nel decimo libro riportò alcune lettere ed alcuni degli Ipsissima Verba di Epicuro
difficili da reperire anche in quell'epoca. In questo modo ebbe la consapevolezza di
svolgere un servizio per l'intera comunità. Un'altra importanta fonte per i testi epicurei è la
Syntaxis ton philosophon di Filodemo di Gadara che visse ad Ercolano proprio nel periodo
dell'eruzione del 79 d.C e che frequentò il circolo della villa dei Pisoni o villa dei papiri. La
testimonianza circa le diadokai ( successioni filosofiche ) ci è fornita proprio da Filodemo di
Gadara e da Diogene. L'opera di Filodemo è stata rinvenuta in età napoleonica tra i papiri
Ercolanei. Lo studioso Dorandi decise di rieditare le vite dei filosofi in maniera ecdotica (da
ekdosis o pubblicare/editare ). Fece ciò per rendere il testo editato il più simile possibile a
quello scritto e redatto da Diogene stesso. La struttura del libro X risultò essere la
seguente:
1-16 notizie biografiche riguardo Epicuro
16-21 testamento di epicuro nel quale il maestro lascia i propri beni e la proprietà giuridica
del Kepos
22-26 Discorso sugli Epicurei e sulle diadokai
26-28 catalogo delle opere di Epicuro
29-34 silloge della Canonica o logica epicurea
35-83 Epistola ad Erodoto concernente la fisica
84-116 Epistola a Pytocle riguardante i meteora o fenomeni celesti
117- 121a Dossografia sul saggio
122-135 Epistola a Meneceo
136-138 differenza tra la dottrina edonistica degli epicurei e quella dei cirenaici
139-154 Massime capitali.
Dorandi ha voluto rieditare il testo di Diogene perchè fosse vicino alla stesura originale
voluta da Diogene e non aveva intenzione di editare Epicuro all'interno del X libro,
stravolgendo così l'edizione laerziana.
Ad esempio nella lettera ad Erodoto è presente il termine "amighè" che Diogene e