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L'ONTOLOGIA ALLA BASE DEL DISCORSO

Tutti i giudizi possibili su una cosa sono sempre esprimibili linguisticamente con l'uso della copula,

cioè del verbo essere. Per esempio, proposizioni come L'uomo cammina sono sempre convertibili

in proposizioni come L'uomo è camminante. Secondo Aristotele, ciò è possibile proprio perché

qualunque cosa può essere detta su qualcos'altro grazie alla possibilità di descrivere l'essere in

varie accezioni. Per questo motivo ogni tipo di predicazione deve essere riconducibile alle

categorie, cioè ai soli ed unici modi in cui si può dire l'essere.

Ogni giudizio, inoltre, contiene sempre per forza due predicazioni, di cui una implicita. Prima di

formulare un giudizio su qualcosa, è necessario al linguaggio e all'ontologia stessa di predicare

un'indicazione sostanziale sull'oggetto. Rimanendo nell'esempio precedente, la proposizione

L'uomo cammina intende contemporaneamente L'uomo esiste come tale e L'uomo è

37

camminante. Questo servì al filosofo per capire che tutte quante le nove categorie accidentali sono

subordinate alla prima, nel senso che la condizione di possibilità di ogni predicazione di proprietà è

la predicazione di una sostanza. Senza una sostanza, in poche parole, non sarebbero possibili

nemmeno i suoi accidenti.

IL PROBLEMA DEGLI ENTI PER ASSENZA

La predicazione sostanziale può essere intesa come un giudizio o sull'essere in quanto tale, o sulla verità delle

proposizioni – diremmo oggi che il verbo essere può esprimere l'ontologia della realtà così come la correttezza del

linguaggio che la descrive.

Se una cosa è predicata esistente nella realtà, allora sicuramente è predicata anche vera logicamente – secondo la

logica classica. Tuttavia, non è necessariamente vero il contrario. Per esempio: la proposizione Pietro esiste predica

l'effettiva esistenza di Pietro e ne implica anche la verità logica; la proposizione La cecità esiste predica certamente una

verità logica, però non sta descrivendo in realtà un ente presente nel mondo – invero, quest'ultimo esempio può

essere anche detto più esplicitamente come È vero che la cecità è un caso realizzato nel mondo. Come osserverà San

38

Tommaso nei suoi commenti alla Metafisica, il nostro intelletto è portato per trattare come enti, a livello del

linguaggio, anche delle cose che effettivamente non sono enti ma privazioni: la cecità, rimanendo nell'esempio, non è

veramente qualcosa, ma è più propriamente la mancanza di un ente che è la vista.

Diversi filosofi contemporanei, su questa linea, andranno avanti comprendendo che tutte le predicazioni essenziali

negative sono sempre del secondo senso – l'essere come vero (esse ut verum, come lo popolarizzò San Tommaso). La

proposizione Pegaso non esiste non descrive certamente un ente per sua costituzione logica, ed è bensì sempre

convertibile in Non è mai vero il caso che Pegaso esista.

IL PRINCIPIO DI NON-CONTRADDIZIONE

Tutto l'essere, in quanto essere senza ulteriori specificazioni, ha due proprietà fondamentali che si

esprimono in due principi di tutta la realtà: il principio di non-contraddizione e il principio del terzo

escluso.

Il primo principio enuncia che è assolutamente impossibile che una caratteristica appartenga e non

appartenga ad una cosa nello stesso tempo, sotto lo stesso aspetto, nello stesso senso. Per

esempio: è impossibile che un foglio sia di carta e non sia di carta allo stesso tempo; oppure, è

impossibile che un foglio sia di carta e sia di metallo (il che escluderebbe implicitamente che esso

sia fatto di carta) allo stesso tempo. In un'altra formulazione, è impossibile che una cosa sia e non

sia.

37 - Aristotele scriverebbe letteralmente che L'uomo cammina implica L'uomo è camminante e L'uomo è: nella lingua greca, il verbo essere indica

contemporaneamente l'esistenza di per sé e l'esistenza di qualcosa come quello che è.

38 - L'esempio appena citato, tra l'altro, è suo. 61

Aristotele scrive che questo principio è intrinsecamente evidente nella realtà, e che non può essere

dimostrato in alcun modo perché è la condizione di possibilità di qualunque dimostrazione. Infatti,

come si vedrà più avanti, non solo è base comune di tutte le scienze, ma anche e soprattutto della

logica. Tutto ciò che è possibile fare è darne una dimostrazione per confutazione (in greco,

elenchos): chiunque volesse negare il principio, dovrebbe dirlo o pensarlo intendendo qualcosa di

determinato (la falsità del principio) e quindi automaticamente escludendo il suo contrario. Se

anche qualcuno volesse ostinarsi ad ammettere entrambe le possibilità, continua Aristotele,

sarebbe costretto involontariamente ad affermare la validità del principio nei suoi gesti: se si

spingesse uno scettico di questo calibro giù da un pozzo, lui cercherebbe di liberarsi, esprimendo la

scelta di ribellarsi piuttosto che del suo contrario, di lasciarsi andare.

IL PRINCIPIO DEL TERZO ESCLUSO

È impossibile che tra due cose contraddittorie esista un valore intermedio, ovvero non può non

essere che una cosa o sia vera o sia falsa. In logica, questo precetto significa che gli unici due valori

di verità esprimibili da un giudizio sono appunto la verità o la falsità – uno dei punti messi più in

dubbio dalle logiche contemporanee anti-classiche. Questo principio è fondamentale soprattutto

per la dialettica, poiché rende possibile dimostrare una tesi confutando la sua contraria, proprio

come si è fatto per dimostrare il principio di non-contraddizione.

DEFINIZIONE DI SOSTANZA

Aristotele osserva che, se è vero che la sostanza è il sostegno di tutti i sensi possibili dell'essere sia

per logica che per metafisica, allora le cause prime della sostanza corrispondono alle cause prime

dell'essere. Per quanto detto nella fisica, ogni ente in quanto tale contiene in sé sia materia che

forma. Tuttavia, non è possibile che una sostanza sia originata solo dalla materia né solo dalla

forma, perché hanno senso l'una in contrapposizione all'altra. Perciò, la sostanza è definita come

un sinolo (unione identitaria) di materia e forma.

LE QUATTRO CAUSE DELLA SOSTANZA

Detto questo, la sua causa materiale è sicuramente la materia.

La sua causa formale è detta invece essenza, ed è precisamente la sua forma generale, individuata

dalla predicazione che si chiama definizione. In particolare, il fulcro dell'essenza di una sostanza è

specificato dalla sua differenza specifica, che è la determinazione più precisa possibile che l'uomo

può fare a riguardo dell'essenza .

39

La sua causa finale è detta perfezione o entelecheia , e la potremmo dire la realizzazione della

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forma. Come già accennato nella fisica, infatti, ogni ente si dà nel mondo e diviene nel tentativo di

realizzare a pieno la sua forma tra le potenze che contiene.

La sua causa efficiente è di più difficile trattazione, e rimanda al problema del primo motore

immobile.

39 - Attenzione: questo non vuol dire, come molti intendono nello studiare il pensiero antico, che per Aristotele come per tutti i suoi contemporanei

l'essenza sia immediatamente coglibile. Infatti, determinare la definizione di qualcosa non è necessariamente cogliere la pienezza del suo essere, ma

significa individuarla in modo univoco in uno dei tanti contesti possibili – irriducibili tra loro. Secondo Aristotele, trovare l'essenza in sé al di là del

linguaggio non è neanche un problema del sapere razionale. Per esempio, l'uomo è definito da Aristotele animale razionale da un certo punto di vista,

secondo cui la sua essenza sarebbe la razionalità, così com'è definito altrove un bipede implume da un altro punto di vista.

40 - Termine coniato da Aristotele sulla base del greco telos, scopo, che significa letteralmente processo di raggiungimento dello scopo. 62

IL PRIMO MOTORE IMMOBILE

Come si è già detto in coda alla fisica, il fatto che il divenire esista implica alla fine che la causa

prima di ogni movimento sia un motore immobile. In particolare, si può dire che la stessa esistenza

di moti eterni ha bisogno di un motore che sia costantemente in atto, quindi mai in potenza,

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quindi sia immateriale e immobile (infatti, c'è movimento solo laddove c'è potenza di movimento).

Il modo in cui il motore muova i cieli e dunque tutti gli esseri è oscuro: sicuramente, li muovono

con gli unici procedimenti osservabili che permettono di muovere qualcosa senza subire un azione,

cioè l'intellezione e il desiderio. Quindi, i cieli si muoverebbero intendendo e volendo imitare il

motore immobile – e, non a caso, il loro movimento è quello perfetto ed eterno che più di tutti

assomiglia all'immobilità. A dire il vero, poi, il primo motore immobile muove solamente il primo

cielo, mentre tutti gli altri 55 cieli della cosmologia aristotelica sono mossi da altrettanti motori

immobili in un certo senso subordinati al primo.

I CARATTERI DIVINI DEL PRIMO MOTORE IMMOBILE

La sostanza del primo motore immobile non può che essere il puro pensiero. Come si vedrà nel

prossimo paragrafo, infatti, esso è l'unico atto perfetto (o attività, cioè atto che ha in sé il proprio

fine) che non presuppone in alcun modo della materia per realizzarsi. In particolare, è pensiero che

può pensare solo sé stesso come pensiero, dato che non potrebbe avere alcun oggetto

lontanamente materiale: è pensiero di pensiero.

Il primo motore immobile è quindi divino, perché è vivente e intelligente (dato che pensa), perché

è eterno e perché è massimamente felice – secondo l'etica di Aristotele, infatti, il pensiero è

l'attività che concede più felicità di tutte. Inoltre, è trascendente rispetto all'universo ed è causa di

tutto ciò che succede. Insomma, per essere il Dio della Bibbia manca solamente di un carattere

come la Provvidenza e il fatto di essere stato creatore del mondo.

PROPRIETÀ DI POTENZA E ATTO

Nella Metafisica Aristotele osserva che potenza e atto sono proprietà che riguardano sia le

sostanze che gli accidenti, quindi sono stati fondamentali dell'essere in quanto essere. Secondo il

filosofo, proprio questa loro universalità non

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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/07 Storia della filosofia antica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher EmanueleMartinelli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia antica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Ventimiglia Giovanni.