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La dottrina più importante è l’Etica, eudaimonistica: lo scopo dell’azione morale è la felicità
comune. Pertanto può sembrare un’affermazione utilitaristica ma la felicità non è intesa come
privata. La massima felicità è realizzare quella degli altri. Questo è dunque il bene. Per Socrate il
male è la non conoscenza del bene; pertanto anche l’ignoranza diventa colpa. Secondo Socrate,
all’uomo buono non può capitare nulla di male. Platone dice però nella VII lettera che Socrate è
l’uomo più giusto del suo tempo. Come può dunque Socrate, uomo buono, essere messo a morte ed
essere felice? La risposta è che Socrate sceglie di morire. Nell’Apologia, Critone, l’amico pratico
che di filosofia non s’intende, si chiede perché Socrate non fuga, dato che è supportato da amici e
che nessuno, nemmeno i suoi accusatori, vogliono la sua morte. Socrate sceglie di morire perché lui
stesso dice di non sapere se la morte sia un bene o male, ma sa di certo che il vizio è un male.
Sceglie dunque l’incertezza invece del male certo. Il Socrate dell’Apologia di Platone non è la
figura del filosofo stoico dantesco bensì ha fatto un calcolo preciso per scegliere la morte. Nel
Fedone quindi è essenziale l’immortalità dell’anima per presupporre la felicità del filosofo, ovvero
una prospettiva ultraterrena e metafisica.
Nel II libro della Repubblica, Platone identifica l’Etica con la felicità. Le ultime due parole
dell’opera sono infatti eu prattein, saremo felici. Ovviamente dietro questo c’è l’aspetto politico
della filosofia platonica, in cui nei governanti (filosofi) coincidono virtù/etica e felicità (episodio
dell’anello di Gige).
• La cornice del Fedone
Il dialogo di svolge a Fliunte, in Argolide, sede di una comunità pitagorica. Questo richiama subito
il rapporto tra la filosofia platonica e il pitagorismo:
1) L’ambientazione
2) Gli interlocutori, che sono Simmia e Cebete, due tebani che conoscono (anche se non sono
definiti allievi) Filolao, primo filosofo pitagorico ad aver messo per iscritto il pensiero del
maestro (V secolo a.C.)
3) La teoria della metempsicosi* e l’allusione ai misteri orfici
*Il poeta filosofo Senofate (VII-VI secolo a.C.) in un frammento schernisce Pitagora dicendogli di
non picchiare quel cane, poiché aveva riconosciuto in lui la voce dell’amico morto.
Nel Gorgia, Platone riprende la definizione del bene secondo il dualismo pitagorico limitato-
illimitato. Il bene è ciò che è limitato.
Fedone, come accade spesso nei dialoghi platonici, è un personaggio storico. È il fondatore di una
scuola socratica minore. Bellissimo giovane, fu venduto come schiavo in un bordello e lì riscattato
da Socrate, grazie ai suoi ricchi amici. La vicenda del protagonista può rimandare metaforicamente
alla salvezza dell’uomo dalla realtà corporea. Questo, infatti, è il dialogo più ascetico, in cui c’è una
divisione netta tra anima e corpo, data forse dal genere dell’opera, ovvero una consolazione, dove
quindi l’anima immortale doveva avere un’importanza maggiore.
Nella Repubblica l’anima è invece tripartita e assume su di sé delle funzioni attribuite al corpo,
sfumando così la netta distinzione.
Editio princeps del Fedone è dello Stephanus (metà del ‘500). Le prime edizioni dei dialoghi di
Platone risalgono al I secolo d.C., divise in 9 tetralogie dal grammatico Trasillo. Il Fedone è nella
prima, quella che comprende le opere più antiche perché narravano la morte di Socrate.
• Testo
To farmakon: è una vox media. Sottolinea l’ambiguità se Socrate abbia assunto un veleno o una
medicina che l’ha salvato grazie alla morte. Quest’ ambiguità è presente in tutto il dialogo.
Cos’ha detto? Com’è morto: non è una curiosità morbosa ma è importante per un filosofo la
coerenza con il suo pensiero. Antistene, precursore del cinismo e maestro di Diogene, rifiutò la
morte, smentendo così la sua filosofia.
Teseo: richiamo mitico. Re d’Atene, figlio di Egeo, fu l’iniziatore e il legislatore della civiltà
ateniese.
Da quando partiva la nave del pellegrinaggio al suo ritorno non si poteva compiere esecuzioni
pubbliche, data la credenza orfica che la morte pubblica macchiasse la città. Il tema della
purificazione prima della morte ricorre in tutto il dialogo. I 14 (due volte sette) Ateniesi del mito
rimandano ai 14 presenti all’esecuzione. Fedone dice che Teseo salvò se stesso e loro. Questa è
un’anticipazione della funzione salvifica di Socrate.
Socrate prima di morire chiede che sia sacrificato un gallo ad Asclepio, dio della medicina, facendo
intendere la sua guarigione attraverso la morte. Chi Socrate, con il suo comportamento, riesce a
salvare? Sicuramente i suoi amici ma non la città che l’ha condannato a morte. Platone dice che chi
non riesce a educare è lui il cattivo educatore. Perché questo non vale per Socrate? Forse perché il
ruolo salvifico di salvare se stesso e gli altri è l’obiettivo di Platone. Infatti lui stesso dice che, se il
tempo in cui il filosofo vive, è iniquo, non gli resta che stare in disparte. Nel Fedone dice che però
questa non è la massima aspirazione. La filosofia ha un’intrinseca funzione politica: salvare gli altri.
Scholè: il tempo libero. Per Platone, se non hai tempo, non puoi dedicarti alla filosofia, che
abbraccia la tua vita. Nei dialoghi, infatti, benché si protraggano a lungo nessuno si allontana, e chi
lo fa è perché sconfitto e privo di argomentazioni.
Tò memnesthai: tema del ricordo. Inoltre Fedone si ricorda tutto il dialogo intricato e fitto di
argomentazioni filosofiche. Eric Havelock giustifica questo fatto, per noi inverosimile, dicendo che
per gli antichi era fondamentale citare a memoria data la difficoltà di lettura e consultazione. Si
pensi ai suoi studi sui poemi omerici.
Thaumasia: può avere significato positivo, negativo o neutro.
Epathon: messa in evidenza di ciò che accade dentro il personaggio (mi è capito, ho
sentito/sofferto). La filosofia diventa pathos.
Theia moira: predestinazione divina.
Atopov, aethes: strano, non abituale. Descrizione di una situazione indescrivibile.
Eschine: non è l’omonimo oratore. Scrisse i logoi socratici (decodificati da Aristotele nella Poetica.
Furono scritti logoi socratici anche da Senofonte e Platone. Questo genere ebbe una vasta fioritura
forse perché nel 390 a.C., Policrate scrisse un libello di accusa contro Socrate. Antistene, forse il più
legato al maestro, dà un’immagine diversa da quella di Platone, togliendo al filosofo ogni aspetto
metafisico ma lasciandoli quello etico e dialettico.
Questione del suicidio
Il presupposto necessario per il ragionamento di Socrate è l’etica eudemonistica.
Aporretois “ciò che non si può dire”: prima allusione ai misteri.
Froura: è stato spesso tradotto con “prigione”, con un’accentazione degli aspetti ascetici, come nel
Cratilo. Qui l’interpretazione è diversa: può essere che gli uomini sono stati posti a guardia del
mondo oppure che essi sono sotto la custodia degli dei (questa è quella accettata nella traduzione,
poiché è in linea con la provvidenza divina). La provvidenza divina (il segno demonico di Socrate)
interveniva per fermare Socrate e non, invece, per consigliarlo. Nell’Apologia, Socrate dice che
durante il processo non ha sentito alcun segno e che pertanto tutto quello che gli stava succedendo e
che stava dicendo era opera del dio (motivazione religiosa dell’Apologia >Socrate storico).
Eoiken solitamente si trova accompagnato da un verbo; qui: è molto simile ad una stranezza (2°
richiamo alla atopia di Socrate).
Eiper: se pure ma con certezza assoluta
Discorso se è meglio servire dei buoni padroni o essere liberi.
Per Platone e, più in generale, l’uomo antico è ovvio servire buoni padroni, poiché la felicità ti
viene regalata dall’altro. Perché essere libero quando puoi avere la felicità (etica eudemonistica)?
Per Platone la libertà è un difetto. Lo stesso discorso si ritrova nell’Etica Nicomachea di Aristotele
(in cui però non c’era un prospettiva di vita ultraterrena).
Pragmateia: argomentazione (successivamente verrà utilizzata per indicare i trattati di Aristotele)
Cebete non si lascia convincere: Platone non tenta mai di vincere facilmente, al contrario rafforza al
massimo le tesi avverse per poi confutarle con maggior forza. La filosofia per Platone tratta di un
argomento serio, ovvero come vivere, quindi non importa vincere la discussione come in un gioco.
L’accusa di Simmia a Socrate: Socrate non tiene conto degli affetti (ripreso da Leopardi nel dialogo
di Platone e Porfirio delle Operette Morali). Inizia la seconda difesa di Socrate, i cui giudici sono gli
amici. Platone vuole arricchire il pensiero socratico oltre alle confutazioni. Nel Critofonte,
brevissimo dialogo, l’allievo di Socrate, Critofonte, passa alla scuola di Trasimaco (sofista) perché
il maestro non è capace di fornirgli precetti su come vivere. Platone vuole dunque allontanare da
Socrate l’accusa di essere un cattivo maestro.
Elpizo: parola chiave che si ritroverà in tutto il dialogo (la buona speranza).
Critica alla scarsa umanità di Socrate: M. Nussbaum, La fragilità del bene, in cui l’autrice oppone
Platone al pensiero tragico.
Platone ha una concezione del bene pari a quella di una moneta sempre quantificabile. Secondo il
suo pensiero si possono paragonare due beni diversi come due numeri. Nei suoi dialoghi si usa
spessissimo il verbo logizomai, che significa propriamente fare un calcolo. Pertanto in Platone non
c’è una conflittualità insanabile tra i beni, tipico elemento tragico. Ad esempio gli viene
contrapposta il dialogo dell’Antigone tra Creonte e il figlio. Qui Creonte ragiona secondo il
pensiero platonico, dicendo al figlio che Antigone, essendosi messa contro la città, non è una donna
virtuosa e che per questo avrebbe dovuto trovarne un’altra. Per Creonte quindi non esiste una
componente amorosa e passionale ma solo il gelido calcolo per cui una donna vale l’altra ed è
sempre comparabile secondo determinati parametri. Pertanto è possibile fare una valutazione
comparativa dei beni platonici. Socrate, non contando gli affetti, compie un calcolo totalmente
razionale. Nella tragedia