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SECONDA PARTE: IL PRIMO E SECONDO UTILITARISMO

8. Bentham, James Mill e il primo utilitarismo

L’utilitarismo è anzitutto una filosofia morale, che si apre di

conseguenza sui temi della filosofia politica e della filosofia del

diritto. Il principale esponente di questa corrente è Jeremy

Bentham, che arriva alla riflessione politica partendo da un

Frammento sul

ragionamento giuridico, iniziato con il saggio

governo , dato alle stampe postumo nel 1776, lo stesso anno in

La ricchezza delle nazioni.

cui Adam Smith pubblica

8.1 La filosofia del diritto di Bentham: contro la consuetudine

common law

Si tratta di una critica radicale al sistema di

britannico, in cui il giudice assumeva quasi una funzione

legislativa attraverso la produzione di consuetudine. La premessa

è la distinzione fra due diverse modalità di studio del diritto:

1) giurisprudenza espositiva e 2) giurisprudenza censoria.

La prima di esse si limita a indagare il diritto per ciò che esso

stesso è effettivamente (le norme e le leggi), viceversa la

giurisprudenza censoria va oltre e si propone di rappresentare il

diritto non per quello che è, ma per quello che il diritto dovrebbe

essere se si ispirasse a un principio di perfetta razionalità.

La polemica di Bentham è diretta soprattutto contro

common law

Blackstone, principale difensore del sistema di e

colpevole come gli altri suoi colleghi di mescolare le due diverse

prospettive di studio giuridico. Secondo Bentham questi studiosi si

soffermerebbero sul diritto com’è, pensando che questo

corrisponda anche al diritto come dovrebbe essere, malgrado

le evidenti irrazionalità.

Lo stampo della riflessione benthamiana è di tipo illuministico:

egli ritiene che, se il diritto com’è può anche non essere razionale,

certamente deve essere razionale il diritto come dovrebbe

essere e, conseguentemente in quanto ispirato alla medesima

ragione universale, esso dovrebbe essere uguale in ogni tempo

e luogo. Proprio il contrario quindi di un diritto consuetudinario

common law

come quello di britannico.

8.2 La filosofia del diritto di Bentham: la legislazione razionale

Per Bentham questo sistema deve quindi essere superato

avviando un’opera di codificazione in un sistema ordinato.

Esso deve andare oltre gli elementi irrazionali e contraddittori

legati all’interpretazione della norma da parte del giudice, che

rischierebbero di mettere in pericolo la stessa tutela delle libertà e

dei diritti per effetto di una crescente incertezza del diritto. L’idea

di Bentham è che quest’opera di codificazione debba centrare un

duplice obiettivo, tipico della tradizione culturale illuministica:

1) da un lato deve creare un diritto come sistema compiuto

della razionalità, 2) dall’altro deve basarsi sull’idea del

legislatore razionale universale.

Solo a questa persona che rappresenta il trionfo della ragione

universale, secondo Bentham, deve essere affidato il compito di

redigere il codice unico. Esso deve essere selezionato per

concorso, a prova delle sue capacità, e non deve ottenere

compenso, come dimostrazione della buona volontà, ma

soprattutto egli deve creare un codice completo, disciplinando

tutte le fattispecie giuridiche ipotizzabili ed evitando che si

lacuna regis.

possa verificare il caso di Ciò permetterebbe di non

ricadere mai nell’arbitrio interpretativo del giudice o nella lettura

analogia regis,

per analogia, sia essa per cui davanti a una

analogia iuris,

fattispecie non prevista ne applico una simile, o che

permette al giudice di far ricorso ai principi generali del sistema

giuridico.

Le norme però non devono solo essere chiare e precise, ma anche

motivate, deve cioè essere indubbia la coerenza della norma al

fine generale dell’ordinamento, che per Bentham si identifica

nella maggiore utilità per il maggior numero di persone.

Questo approccio razionalistico alla lettura utilitaria del diritto si

radicò soprattutto in Francia, dove andò ad accentuare il processo

di codificazione legislativa al punto che l’Assemblea post-

rivoluzionaria concedette la cittadinanza onoraria a Bentham. Egli

non ebbe tuttavia pari successo nel campo giuridico in Gran

Bretagna, dove non vi era corrispondenza nel linguaggio giuridico.

8.3 La filosofia morale di Bentham: piacere e dolore

Se su quello giuridico si può dire che Bentham non fu certamente

un profeta in patria, sul terreno della filosofia morale la sua

riflessione diventò il fulcro dell’utilitarismo britannico. Il

volume di riferimento in questo caso è l’opera del 1789 intitolato

Introduzione ai principi della morale e della legislazione , in

cui si ritrova fin da subito il principio dell’utile. La premessa è

che l’essere umano non sia capace di libera scelta, ma che i

suoi impulsi siano predeterminati da stimoli a cui esso non può

sottrarsi. Questi stimoli che governano necessariamente

l’essere umano sono il principio del piacere e il principio del

dolore.

La natura ha posto il genere umano sotto il dominio di due

supremi padroni: il dolore e il piacere. Spetta ad essi soltanto

indicare quel che dovremmo fare, come anche determinare quel

che faremo. Da un lato il criterio di ciò che è giusto o ingiusto,

dall’altro la catena delle cause e degli effetti sono legati al loro

trono. Dolore e piacere ci dominano in tutto quel che facciamo, in

tutto quel che diciamo, in tutto quel che pensiamo: qualsiasi sforzo

possiamo fare per liberarci da tale soggezione non servirà ad altro

che a dimostrarla e confermarla. A parole si può proclamare di

rinnegare il loro dominio, ma in realtà se ne resta del tutto

soggiogati. Il principio di utilità riconosce tale soggezione, e

la assume a fondamento di quel sistema il cui obiettivo è

innalzare l’edificio della felicità per mezzo della ragione e

della legge. (Bentham, 1789)

Non vi è alcun giudizio di valore, poiché non vi è possibilità di

scelta: l’essere umano è come una macchina che reagisce a

stimoli esterni, perseguendo alternativamente la ricerca del

piacere o la fuga dal dolore. Questo è un criterio meramente

descrittivo, ma su un simile terreno ciò che è, cioè questa

dialettica fra piacere e dolore, in realtà si intreccia anche a ciò che

deve essere, poiché a livello di governo la legislazione deve allo

stesso modo cercare di minimizzare il dolore e massimizzare

il piacere per la maggioranza dei componenti della società.

8.4 La filosofia morale di Bentham: il principio di utilità

L’altro elemento deducibile è il rapporto che sussiste fra individuo

e società, che per Bentham ha uno stampo strettamente

individualistico, tanto che l’interesse generale corrisponde

con la somma di interessi individuali. La società non esiste

quindi al di fuori delle singole individualità che la compongono.

La comunità è un corpo fittizio, composto degli individui che la

compongono come membri. Allora l’interesse della comunità

che cos’è? È la somma degli interessi dei membri che

compongono la comunità stessa. (Bentham, 1789)

Il principio di utilità, la massima per cui si deve perseguire la

maggiore felicità per il maggior numero di persone, diventa

il giudice di qualsiasi altro principio, tanto che qualunque

principio differisca da esso è sbagliato. I due principi opposti

individuati da Bentham nel campo morale sono quello

dell’ascetismo e quello della simpatia/antipatia.

Il principio dell’ascetismo è sempre l’esatto contrario di

quello di utilità. Quest’ultimo infatti approva la ricerca e

l’accrescimento del piacere, condannando il suo contrario, mentre

l’ascetismo sostiene la diminuzione del piacere e sanziona

negativamente il suo incremento, arrivando nelle sue

manifestazioni più radicali, cioè quelle religiose, ad esaltare il

dovere del dolore. Il pensiero di Bentham è in questo caso rivolto

alle forme più mortificanti della religione, tipiche della storia della

fede cristiana, che influiscono sul corpo stesso (cilicio,

autoflagellazione, etc.).

Essendo contrario al principio di utilità, che è per sua

natura vero, l’ascetismo è sempre falso. Se questo non

bastasse comunque, Bentham fornisce un’altra prova della sua

falsità, sostenendo che, anche se potesse valere come regola di

comportamento individuale, essa non potrebbe valere come

principio universale. L’ascetismo manca per Bentham della

capability of being consistently pursued , ossia la capacità di

poter essere perseguito da tutti e con buoni risultati. Per Bentham

infatti, se anche solo un decimo della popolazione seguisse questo

principio, si arriverebbe alla distruzione della società.

Per quanto riguarda il principio della simpatia e antipatia,

definito da Bentham come quel principio che approva o

disapprova certe azioni non in quanto tendano ad aumentare la

felicità o diminuire l’infelicità, ma semplicemente perché un

essere umano si trova disposto ad approvare o

disapprovare certe azioni, come se disapprovazione o

approvazione fossero un metro di giudizio autonomo senza dover

ricercare ragioni più intrinseche.

Secondo Bentham questo non è neppure un vero principio,

ma piuttosto la “parodia su un principio”, poiché si limita a

giudicare l’azione sulla base di una preliminare disposizione che

rinvia a un mero criterio sentimentale di giudizio. Alla base di

questa valutazione stanno infatti i sentimenti più basilari,

quelli di amore e odio, con il risultato che dal punto di vista del

diritto e dei suoi strumenti l’unico principio applicabile è

l’odio, che rischia di condurre la legislazione a una severità

eccessiva.

Se hai molto odio punisci molto, se hai poco odio punisci poco.

Punisci sulla base dell’odio che hai. (Bentham, 1789)

Così come questi due principi (quello dell’ascetismo e il “non

principio” della simpatia e antipatia) non possono essere

accettati, allo stesso modo vale per tutti gli altri, richiamati

da Bentham in una nota in cui porta ad esempio senso comune,

regola di giustizia, legge di ragione e anche quella di natura, un

principio accettato invece dagli utilitaristi precedenti a Bentham.

Tutti questi sono infatti semplicemente delle invenzioni che

gli esseri umani hanno concepito, frasi vuote escogitate per

nascondere la loro adesione al principio di utilità,

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
70 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher joeMarco di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero politico contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Palazzolo Salvatore.