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Sicché la posizione “laica” di Grozio sul diritto naturale non comportava affatto una visione
areligiosa della vita né della fonte prima del diritto.
identificare una serie di principi generali e di regole fondate sulla
Il fine dell’opera era di
ragione, in grado di essere condivise da tutti gli uomini
Da questa esigenza nasce l’enunciazione del principio da Grozio ritenuto fondamentale che
impone di osservare i patti (“pacta sunt servanda”). L’autore ne fa derivare ogni altra
regola.
La prospettiva dell’ordine violato e delle forme legittime con le quali esso può restaurarsi è in
realtà, in Grozio, comune al diritto pubblico, al diritto privato, al diritto penale e al diritto
internazionale.
de iure belli ac pacis fondamento del diritto naturale risiede
Nel veniva espressa l’idea che il
nella natura razionale dell’uomo e non nel comando diretto di Dio . L’affermazione divenuta
il diritto naturale sarebbe vero e giusto anche se per assurdo si ritenesse che Dio
celebre –
non esiste – significava proprio questo. Grozio si contrapponeva con ciò all’indirizzo
volontaristico che vedeva la radice del diritto naturale nel comando di Dio, anziché nella
ragione.
È perciò giustificata la designazione di questa configurazione del diritto naturale con la
denominazione di “giurazionalismo”.
Il pensiero di Grozio esercitò il suo principale influsso soprattutto nella dottrina del diritto
internazionale pubblico. Grozio si propose di individuare una “legge comune tra le
nazioni”. concezione in cui figurano da un lato i
Grozio muoveva infatti, su questo terreno, da una
principi della ragione che formano i fondamenti del diritto di natura, dall’altro le regole di
diritto delle genti che racchiudono i comportamenti creati e sedimentati, nei rapporti
internazionali di pace e di guerra, dalla consuetudine, cioè dalla storia .
La moderna storiografia giuridica ha mostrato che una gran parte delle proposizioni di Grozio
derivano dal pensiero della Scolastica spagnola; inoltre, Grozio ha saputo riproporre tesi già
presenti nel pensiero scolastico e nella tradizione canonistica medievale. Tractatus
Cenno relativo alle idee politiche di uno tra i massimi filosofi del 600, Spinoza: nel
theologicus-politicus sono espressi con assoluta chiarezza alcuni principi fondamentali: la
piena libertà di pensiero e di fede religiosa deve essere garantita ad ogni persona; il fine dello
Stato è di assicurare la libertà.
Hobbes
“de cive” “Leviatano”,
Nel e nel Hobbes diede espressione teorica vigorosa ai fondamenti
in cui ogni uomo si trova a lottare
teorici dell’assolutismo. Da un originario “stato di natura”
con gli altri uomini per soddisfare i propri bisogni vitali, l’individuo e la collettività possono
uscire, per Hobbes, soltanto rinunciando unilateralmente ad ogni diritto autonomo e affidando
la somma di tutti i poteri ad un sovrano. Una teoria che contrasta evidentemente con quella
del “ ” in quanto il sovrano non si assume alcun obbligo e i sudditi non
contratto sociale
mantengono per sé alcun diritto.
Solo ciò che il sovrano stabilisce ha valore di legge, alla quale nessuno può ribellars i, neppure
se il suo contenuto sia ingiusto in termini di ragione. Persino nel campo della religione chi
decide è il monarca.
Positivismo legislativo di Hobbes, in virtù del quale egli ritiene che possano qualificarsi
come giuridiche solo le normative stabilite dal potere politico e divenute in tal modo leggi
vincolanti, non le leggi naturali non positivizzate;
Dottrina della legge a comando, valida in sé indipendentemente dai suoi contenuti etici.
Locke
Concezione razionalistica del diritto naturale .
In una fase succeduta a un originario stato di natura – che per Locke, a differenza che per
Hobbes, era uno stato di pace e libertà – gli uomini avevano convenuto, allo scopo di evitare
e di correggere le prevaricazioni e le iniquità, di affidare ad autorità riconosciute i poteri di
governo e di giudizio (contratto sociale). Potere primo e fondamentale era il potere
legislativo, che Locke riteneva doversi conferire ad un organo rappresentativo, distinto
dunque dal potere di governo in senso stretto che spettava al sovrano.
Secondo Locke la fonte prima del potere legislativo, dunque la vera sovranità, risiedeva nel
ma ne conservava per così dire le
popolo, che l’affidava bensì all’organo rappresentativo
chiavi anche nella dinamica posta in essere con il contratto sociale.
il popolo avrebbe potuto legittimamente
Locke ne faceva derivar l’importante corollario che
revocare la delega qualora il legislatore avrebbe infranto i limiti che la legge naturale gli
imponeva. infranto quando il potere legislativo
Il patto fiduciario col popolo si doveva ritenere
tentasse di rendere sé stesso, o parte della comunità, padrone o arbitro delle vite, delle
libertà e dei beni del popolo. Anche la proprietà privata costituiva per Locke un diritto innato e
inviolabile, oltre quello alla vita.
Pufendorf
Anche per Pufendorf, come per Grozio, il diritto naturale è comune a tutti gli uomini
perché fondato sulla ragione; e si distingue dalla religione e dalla teologia, che invece
lo distingue dal pensatore olandese l’idea che
sono diverse presso i diversi popoli. Ma
l’essenza della legge consiste in un comando di Dio per le norme di diritto naturale, del
principe per le leggi positive.
Si manifesta qui un’impostazione volontaristica del diritto, legata in parte ai principi della
teologia di Lutero da lui professata, in parte all’influsso esercitato dal pensiero politico di
Hobbes.
Tale impostazione non riguarda solo il diritto positivo ma si estende anche al diritto naturale,
che per Pufendorf è bensì fondato sulla ragione, ma (a differenza che in Grozio) impensabile
al di fuori della volontà divina che ne imprime nell’uomo i precetti, dimostrabili razionalmente .
Ciò che rende operanti i principi del diritto naturale è la coattività, legata al diritto positivo
attraverso il potere regio.
E poiché il diritto, sia naturale che positivo, consta di comandi e di sanzioni, là dove gli uni e
le altre mancano si estende il campo della libertà. Ne consegue una netta distinzione tra
diritto e teologia: l’uno avendo per oggetto i rapporti (e i doveri) dell’uomo con altri uomini,
l’altra il rapporto dell’uomo con Dio. E ne consegue la concezione di uno spazio molto ampio
che viene lasciato alla libertà umana. l’opera sui rapporti tra Stato e Chiesa
Tra i contributi di Pufendorf si deve menzionare , nella
quale egli elabora la distinzione tra la disciplina giuridica delle chiese nel contesto del diritto
pubblico (ius circa sacra) e le norme di organizzazione interna delle chiese stesse (ius in
sacra), la prima riservata allo stato, le seconda affidate alle singole chiese.
I caratteri anticipati da Pufendorf, ad esempio, nel definire i necessari requisiti della legge – la
generalità, l’irretroattività, la pertinenza al mondo del diritto dei soli comportamenti esterni –
anticipano alcune delle posizioni di fondo dell’illuminismo giuridico. Non a casa esse verranno
ampiamente percepite da Rousseau.
Leibniz
Al volontarismo di Pufendorf egli contrapponeva la struttura razionale delle leggi del
diritto naturale, che si estendeva per lui anche al foro interno, tanto da indurlo a
aspirazione di
considerare persino la teologia quale una sorta di giurisprudenza divina. Sua fu
mostrare come sulla base di pochi principi di base, attraverso un metodo combinatorio
assimilabile a quello della matematica, fosse concepibile disegnare un “sistema” coerente di
norme applicabili ad ogni caso concreto, pur con l’ausilio indispensabile dell’interpretazione
dei giuristi di professione. Netta era la sua posizione in sostegno del razionalismo giuridico,
nel senso che i precetti della giustizia avevano per lui la medesima inconfutabile base
razionale di quelli dell’aritmetica.
I contenuti erano per Leibniz non difformi da quelli del diritto comune romano, del quale non
discuteva il merito, ma propugnava una più razionale sistemazione, che lo indusse anche
all’auspicio di un vero e proprio Codice risolutore di una serie di casi controversi.
Damat “le leggi civili nel loro ordine naturale”.
Trattato
La natura imperfetta dell’uomo, derivante dal peccato originale, lo condanna al lavoro e alla
fatica vincolandone le attività entro regole “naturali” che sono comuni a tutti i popoli . Anche la
Le
cura di sé stessi e dei propri interessi può essere foriera di attività utili alla collettività.
regole del diritto naturale si possono concretare in regole positive non identiche nei diversi
ordinamenti e sono in larga misura contenute già nei testi giuridici romani. Altre regole hanno
carattere di norme arbitrarie e sono perciò di altra specie rispetto a quelle del diritto naturale,
immutabili. L’ordine sociale deve essere accettato senza obiezioni né sovvertimenti.
È una visione complessa, nella quale la tradizione romanistica era valorizzata alla luce del
diritto naturale, questo era identificato non solo con i criteri della ragione ma anche con quelli
dell’etica, a sua volta scaturenti dalla fede religiosa.
Thomasius
Nella sua opera più nota egli sostenne che occorreva distinguere con chiarezza l’ambito del
diritto da quello della morale individuale e sociale. Di qui la distinzione da lui formulata tra ciò
Solo la prima categoria
che è “giusto”, ciò che è “onesto” e ciò che è “decoroso”.
appartiene al mondo del diritto perché riguarda i rapporti intersoggettivi e detta le regole
volte ad evitare la lesione dei diritti altrui .
In questo modo non si chiariva solo il confine tra ciò che è diritto naturale e ciò che diritto non
si determinava una sorta di limite del territorio specifico del diritto
è, ma , lasciando un ampio
margine alla libertà dei singoli al di là di tale limite. Ciò consentiva di emancipare la morale
del legalismo etico proprio di alcune correnti del protestantesimo.
Thomasius dimostrò il suo temperamento anticonformista non solo nella critica a taluni
metodi correnti nell’insegnamento universitario, propugnando una didattica più vicina alla
concreta realtà del diritto, ma anche nel condannare come contrarie alla ragione e perciò alla
legge naturale una serie di istituzioni ancora ben vive al suo tempo. Critic