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L'introduzione della catena di montaggio e il fordismo

L'introduzione della catena di montaggio era solo un aspetto del disegno di riorganizzazione dell'impresa capitalistica e, in particolar modo, delle officine Ford. Ford puntava anche a formare un nuovo tipo di forza lavoro: l'operaio di massa doveva essere anche compartecipe del sistema aziendale. Il fordismo per funzionare richiedeva non solo una produzione di massa, ma anche un consumo di massa. Ford fu il primo industriale a guardare i propri dipendenti anche come consumatori. Da qui anche il ruolo della pubblicità. La produzione di massa implica, da un lato, un continuo ampliamento della dimensione di scala degli impianti per abbattere il costo di produzione del prodotto e il suo prezzo finale; dall'altro, però, implicava anche dei salari più alti concessi per la necessità di sostenere il livello di consumo sempre crescente. Naturalmente c'era anche un risvolto dell'efficacia della disciplina aziendale di questo sistema.

Ford pretendeva una disciplina assoluta sul posto di lavoro, attuata anche con metodi di polizia interna, e prevedeva l'esclusione dei sindacati dai ruoli di lavoro; egli non riconosceva alcun valore all'azione sindacale, giudicandola come fattore di perturbazione. Non ammetteva nessun altro strumento di regolazione sociale al di fuori di quelli racchiusi nella sfera aziendale, ossia la diretta contrattazione tra il datore di lavoro e la propria manodopera (non fu infatti un caso che fra i grandi gruppi industriali, il gruppo Ford fu quello che più si oppose alle riforme della presidenza Roosevelt che prevedeva un maggior ruolo da parte del sindacato).

Tutto questo spiega perché la crisi del 29 fu una crisi di sovrapproduzione, cioè ad un certo punto il sistema industriale americano produsse molto di più di quello che il mercato era in grado di consumare. Anche perché, mentre gli Stati Uniti si trovavano in un periodo di espansione economica,

L'Europa si trovava in una situazione di profonda crisi economica, e non era dunque in grado di assorbire ciò che il mercato americano non riusciva ad assorbire. La drammaticità della crisi venne amplificata ulteriormente da due fattori:

  • uno già presente a partire dalla Seconda rivoluzione industriale, cioè il rapporto sempre più stretto tra grande industria e finanza, e quindi quando il sistema industriale americano comincia ad entrare in crisi, travolge con sé anche una parte del sistema finanziario e bancario americano, perché le banche possedevano direttamente i pacchetti azionari di molte industrie travolte dalla crisi, oppure il sistema finanziario aveva prestato capitale alle industrie. Con il crollo del giovedì nero e poi i successivi crolli, si innescò un panico tra i risparmiatori che iniziarono a ritirare i propri risparmi dalle banche, provocando un meccanismo perverso anche in esse.
  • l'altro fattore
fu l'errore della politica economica dei presidenti americani di operare una politica deflazionistica, ossia una politica che, ritenendo l'inflazione il peggiore dei mali, aumentò il costo degli interessi bancari, complicando la crisi, che era in parte monetaria, ma che aveva radici e cause più profonde che non potevano essere risolte da una politica di carattere monetario, men che meno con una politica di aumento dei tassi di interesse. Questa situazione doveva essere affrontata con una politica opposta, ossia una politica inflazionistica e di allargamento dei cordoni del debito come suggerito dai consiglieri economici di Roosevelt. Tutte queste cause giungono ad un momento di svolta tra il settembre e il novembre del 1929 e visibile dall'indice "Dow Jones", che è uno dei principali indici della borsa di New York, perché è quello che misura il valore delle cosiddette "blue chips", ossia le industrie/aziende.

più importanti. È l'indicatore perfetto per valutare il complessivo valore della borsa di New York. L'indice "Dow Jones" tra settembre e novembre 1929 scende dalla quota 381 a quota 198: il valore delle azioni delle principali industrie americane si dimezza nel giro di due mesi. Nel 1930 (la crisi, infatti, non dura solo nel 29, ma anche nel periodo successivo) ci furono dei momenti illusori di ripresa e superamento della crisi, che però vengono presto smentiti, infatti il peggior momento della crisi non fu nel 1929, ma nel 1932. Se confrontiamo il valore di alcune azioni di enormi aziende americane dal 1929 al 1932, crolla profondamente (come la "General Electric", dove si passa dai 100$ agli 8$). Ciò si riverbera sull'economia dell'intero paese, portando al fallimento delle imprese e ad un'alta disoccupazione. I disoccupati nel 32 negli Stati Uniti erano saliti a 13 milioni. Nel 1931 la crisi investe in

Pieno anche l'Europa. La finanza americana era anche il grande prestatore di capitale ai paesi dell'Europa occidentali in crisi e, in particolare, alla Germania, dove il dover pagare i danni di guerra aveva causato una grande inflazione nella repubblica di Weimar (che in certi casi tocca anche il 600%), enorme inflazione ancora presente nella memoria dei tedeschi. Link all'immagine è stata un'inflazione tale che i prezzi dei beni di consumo e degli stipendi erano ridefiniti di giorno in giorno perché, perdendo il valore la moneta, devono essere ridefiniti i prezzi e gli stipendi. La finanza era intervenuta una prima volta nel 1924 con il "Piano Dawes" (prende il nome dal finanziere che lo progetta) ed era un piano di prestiti all'economia tedesca che

mirava ad un successivo spalmare del debito tedesco, ossia un annullamento dei termini di pagamento. Nel 1925 l'economia tedesca sembra riprendersi, anche perché il cancelliere Stresemann porta avanti una politica che, da una parte, assicura agli europei che la Germania non aveva intenzione di mettere in dubbio i trattati di Versailles e che, dall'altra parte, porta ad un cambio della moneta, introducendo il Rentenmark (chiamato così perché garantito sul suolo tedesco). Questa somma di decisioni di Stresemann sembra stabilizzare a metà degli anni '20 l'economia tedesca. Però l'inflazione riprende, e viene dunque progettato un nuovo piano, ossia il piano Young. Nel 1929, quando questo piano sta per essere attuato, si abbatte sull'economia americana la crisi del '29. Il piano Young non può essere attuato e la crisi americana si abbatte dunque sull'Europa, e in particolare sulla Germania. Nel giugno 1931 la Germania.

dichiara la propria impossibilità di rispettare le scadenze imposte per il risarcimento dei debiti di guerra (si è calcolato che la Germania abbia pagato alla fine solo il 25% del denaro che essa doveva versare a causa dei debiti di guerra risultato delle decisioni prese a Versailles).

La crisi bancaria americana travolge non solo i tentativi di ripresa dell’economia tedesca, ma tutto il sistema finanziario europeo. Nel 1931 è anche la stessa sterlina (valuta forte dell’economia mondiale) a sfiorare il collasso, al punto di costringere la Banca di Inghilterra a sospendere la convertibilità aurea della sterlina.

Anche in Italia la finanza ha un ruolo molto importante. Le principali banche italiane dell’epoca (Bancacommerciale, Credito italiano e Banco di Roma) erano esposte alle grandi aziende, di cui avevano finanziato il processo di sviluppo. Queste grandi banche possedevano una quota consistente dei pacchetti azionari di molte grandi imprese.

Sectori strategici tipici della Seconda rivoluzione industriale (siderurgia, meccanica…). La Banca commerciale possedeva da sola il 25% dell’intero capitale azionario italiano.

In realtà le economie europee vengono sì travolte dalla crisi del 29 (crisi del 31), ma avevano già perso molta della propria competitività subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, quando la mobilitazione di tutte le risorse imposte dalla necessità di sostenere lo sforzo bellico aveva spezzato i ritmi e gli assetti tradizionali dell’industria di certi paesi europei. Erano cresciuti a dismisura, anche in Europa, impianti di capacità produttiva e, con il ritorno ad un’economia di pace, dovettero essere ridimensionati in modo da corrispondere ad un mercato che si era contratto per vari fattori:

  • inevitabile decremento della natalità e della popolazione (muoiono 13 milioni di europei in guerra);
  • dal sistema dell’economia europea

Era uscito uno degli attori più importanti, ossia l'Unione sovietica, che viene isolata dal resto d'Europa per il timore dell'espansione della rivoluzione bolscevica anche in Occidente. La capacità di assorbimento del mercato europeo si era ristretta. Una delle conseguenze economiche, già negli Stati Uniti, ma ancora di più in Europa, è quella di esasperare la crisi sociale. Anche sotto questo punto di vista la Germania in Europa funge da epicentro. La Germania aveva percepito la fine della guerra come una pace ingiusta e umiliante e Keynes, membro della confederazione inglese a Versailles, aveva cercato di dimostrare nella sua opera "Le conseguenze economiche della pace" che le riparazioni imposte alla Germania erano ad un livello insostenibile e questa pace così umiliante "cartaginese" avrebbe innescato una serie di squilibri tali da influire su tutto lo stato dell'economia mondiale. La repubblica di

Weimar nacque in un contesto e in una situazione difficilissima per la crisi economica, perl'instabilità monetaria, la radicalità della lotta politica e sociale degli anni tra il 1919 e il 1923 che porta a numerosi tentativi di colpo di stato, e che porterà all'iperinflazione del 1922-23. L'esempio più eclatante è che tra il 13 e il 20 novembre del 1923 il valore di un solo dollaro passò da 840 a 4900 milioni di marchi. Il risanamento cominciò nel 1924-25 grazie all'intervento americano che con il piano Jones soccorreva la finanza europea. All'azione del governo Stresemann e della banca centrale tedesca (Reisenbanke) venne attuata una stretta deflazionistica e venne creata una nuova moneta. Anche il governo italiano (fascista) tra il 1926 e il 1927 si avvia all'indirizzo deflazionistico sia per domare la spirale dell'aumento dei prezzi (che però non era a livello di quello tedesco), sia per poteraccedere ai prestiti americani, sia per motivi di prestigio della nuova dittatura fascista, che era al potere da sola dal 1925 (dopo il delitto Matteotti e la crisi del fascismo, che porta all'instaurazione di una dittatura). Non solo per motivi di prestigio, venne imposto il cambio con la sterlina a 90 lire (quota).
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher meowbinie di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Scirocco Giovanni.