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La Tunisia
Anche in Tunisia, come in Egitto, vi è l'azione di una dinastia locale con l'obiettivo non di spingere verso una scissione dall'impero, ma di acquisire maggior potere all'interno di esso. Parliamo della dinastia husaynide ('700-'800), che prende il nome dal suo fondatore Husayn, iniziatore del moto riformista tunisino. In seguito, la guida di Tunisi verrà presa da Ahmad Bey (1837-1855).
Uno dei primi provvedimenti attuati è proprio la riforma dell'esercito, considerato il promotore di questo processo di modernizzazione (come era successo, d'altronde, in Egitto); possiamo parlare di una corsa al riarmo come scenario degli anni '30 dell'Ottocento, un periodo chiave in cui ha luogo anche l'occupazione francese della attuale Algeria. C'era la necessità impellente di armarsi di fronte al desiderio d'espansione della Francia in nord Africa, ma senza chiedere aiuto al
Sultano ottomano, in quanto ciò avrebbe fatto cadere le ambizioni autonomiste del paese. Sempre in questi anni viene fondata la prima scuola moderna a Tunisi: prima vierano solo quelle coraniche, dopo vengono introdotte le scuole politecniche, invenzione della Francia napoleonica, dove si insegnavano le scienze, discipline appartenenti al cosiddetto "sapere moderno". All'interno di questo processo fondamentale di rinnovamento, vengono anche aperti i primi ospedali. Possiamo, dunque, affermare che sono molti i punti di contatto tra il caso tunisino e quello egiziano; l'unica differenza riguarda la riforma dell'esercito, che in Tunisia non arriverà mai ad avere la portata che ha in Egitto. L'esercito tunisino non avrà mai una politica espansionistica tale da sfidare l'incolumità della Sublime Porta (tant'è che non vengono più coinvolte soltanto le élite egiziane, ma viene avviato un servizio di leva su
1855: il processo di riforma in Tunisia cambia profondamente traiettoria, non tanto per la successione al vertice, ma a causa di un fatto militare, ossia la partecipazione dell'esercito tunisino alla guerra di Crimea. La Tunisia adotta una posizione simile all'Italia: prende parte al conflitto pensando di ottenervi un compenso; la Tunisia manda il proprio esercito in Crimea con l'idea di:
- Dimostrare fedeltà al sultano
- Dimostrare la potenza militare tunisina (tant'è che vengono mandate solamente le truppe d'élite del nuovo esercito, quelle che erano state addestrate dalle forze straniere)
La spedizione tunisina in Crimea fu particolarmente sfortunata, in quanto gran parte del contingente militare tunisino viene decimato dalle malattie, non riuscendo nemmeno a mettere alla prova la propria capacità offensiva.
2. MUHAMAD AL-SABIQ
Non rinnoverà l'impegno di Ahmad Bey nella riforma dell'esercito, in quanto
La progettualità di avere un grande esercito tunisino era sfumata in Crimea. Prenderà invece la strada delle riforme civili, che conferirà alla Tunisia il più grande traguardo riformatore dell'intero impero ottomano e del "mondo arabo". Tra queste riforme troviamo la Costituzione tunisina del 1861, un atto giuridico inteso a regolamentare il patto di convivenza sociale della società dell'epoca; rappresenta una vera e propria rivoluzione per il paese, in quanto fino a quel momento questi stessi precetti erano contenuti solamente all'interno dell'Islam e del diritto islamico. Lo Stato inteso come organizzazione civile e attività amministrativa era qualcosa di interno all'Islam stesso. La promulgazione della costituzione rappresentava sì un progetto di riforma civile, ma anche il tentativo delle élite locali di sottrarsi (anche se non completamente) e relativizzare il peso che la shari'a aveva sulla società tunisina.realtà spirituale e religiosa aveva sul paese e soprattutto sull'attività di governo (in particolare limitare il potere degli Ulama). Da momento critico e conflittuale, la successione al potere diventa dunque per la Tunisia l'occasione per dare inizio ad un nuovo processo di rinnovamento delle istituzioni politiche, amministrative e sociali del paese. Cambiava anche il rapporto suddito-governante, il suddito acquisiva una maggiore rilevanza all'interno del sistema. La Costituzione, tuttavia, non ha vita facile e viene ritirata 3 anni dopo a causa delle crescenti opposizioni. Questi grandi tentativi di riforma (prima militare e poi civile) tendono a fallire nel contesto tunisino, e il risultato è che l'indebitamento del paese cresce progressivamente verso la fine dell'800, fino ad arrivare ad una situazione simile a quella egiziana, che prefigura la costituzione di una Commissione del debito (nel 1869 per la Tunisia). I membri della Commissione sono.Gli stessi anche per la Tunisia: Francia, Inghilterra e Italia. Ciò portava ad un'implicazione di natura non solo economica, ma anche politica, dove però le parti sono invertite: in Tunisia sono i francesi ad avere mire di conquista, per paura di minacce esterne. Difatti, i successivi accordi franco-inglesi per l'Africa sono principalmente di natura spartitiva.
3. L'occupazione coloniale
Nel 1881 avrà luogo l'occupazione militare della Tunisia, che ha luogo in un contesto di messa in sicurezza dei confini tunisini - che, in ottica francese, "perturbavano l'ordine coloniale" - su proposta del parlamento francese. L'occupazione non sarà così semplice, diversamente da come ipotizzato dai francesi: ci impiegheranno ben tre anni e solo nel 1883 verranno firmati i trattati definitivi di capitolazione.
IL RUOLO TRASVERSALE DELL'ITALIA
Gli obiettivi italiani all'interno di queste dinamiche non erano
così lontani da quelli inglesi e francesi: parliamo della speranza di un ritorno economico e di espansione territoriale; la differenza sta nel ruolo di influenza che gioca l'Italia sul piano internazionale, rispetto ai paesi satelliti. L'Italia aveva reso evidente la volontà di esercitare una politica estera in chiave mediterranea; ciò che fa è esprimere, invece, il desiderio di una politica imperiale di penetrazione (dal punto di vista dell'economia, commercio, amministrazione, ecc.). Tant'è che al Congresso di Berlino del 1878, dove si pone fine alla guerra russo-turca e si discute della pace, l'Italia partecipa avendo in mente una linea politica ben chiara, esplicata dall'allora rappresentante italiano Benedetto Cairoli e riassumibile nel motto "mani nette" (= mantenere lo status quo, evitando un intervento). Da queste dichiarazioni, emerge l'idea che l'Italia non aspirasse ad avere una vera e propria politica imperialista, ma piuttosto a mantenere e consolidare le proprie posizioni nel Mediterraneo.politica coloniale, vista quasi come un tallone d'Achille, ma esercitare semplicemente forme di controllo indiretto, senza ricercare un legame esclusivo tra madre patria e colonia (e dunque player ammettendo l'ingerenza di altri nella regione). 11.03.2022
LA LIBIA millet 2
Costituzione ottomana del 1876: porta alla fine del sistema del ,introducendo un concetto univoco di sudditanza: a livello imperiale, questo cambiamento è molto funzionale alla riforma dell'esercito, ovvero alla costituzione di un esercito di coscritti.
Questo processo di riforme ottomane non ha un grande impatto sul nord Africa, in quanto la maggior parte dei paesi si ritrovava soggetta all'amministrazione straniera. L'unico spazio era il territorio dell'attuale Libia, che a metà '800 era divisa in 3 province ottomane: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan.
L'impero ottomano decide di intervenire attraverso una vera e propria guerra per riportare sotto il proprio
Controllo soprattutto la Tripolitania, proponendosi come forza conquistatrice-riformatrice. La guerra inizia nel 1835, anno spartiacque da un punto di vista storiografico per definire il cosiddetto "secondo periodo ottomano". La guerra termina soltanto nel 1855, in quanto gli ottomani faticano molto ad occupare lo spazio al di là della linea costiera, dove vi è una maggiore resistenza.
In quest'area non vi era, infatti, la presenza di un organo di tipo statuale, ma piuttosto si registrava la presenza di molteplici tribù e dinastie locali radicate nelle principali realtà urbane (era, difatti, una zona molto difficile da governare):
- Sistema del kabila: definiva un forte senso di appartenenza, quasi di natura familiare, in quanto vi è la consapevolezza di far parte di un gruppo, una logica connettiva-comunitaria.
- Confraternite musulmane: un sistema di gestione e organizzazione della società alla cui base vi era l'appartenenza religiosa.
della Tripolitania. In ottica occidentale, il tentativo ottomano appare come l'atto finale di un potere che si trova ormai in uno stato di inesorabile decadenza; si tratta di una lettura estremamente eurocentrica, dal momento che l'800 ottomano risulta invece un secolo di grande effervescenza culturale, politica e sociale.
Nonostante questo progetto di riforme susciti opposizioni all'interno degli ambienti culturali ottomani, esso innesca infatti anche una logica di passaggio alla modernità. Ricordiamo soprattutto che l'Impero ottomano aveva una storia di presenza in Africa molto più rilevante rispetto alle potenze europee; questo fa della Tripolitania non una specie di provincia marginale - come l'ha definita la tradizione di studi italiani per giustificare l'occupazione italiana in quanto intervento di liberazione delle popolazioni locali dal dominio arabo-ottomano.