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EDITTO DI GÜLHANE
• Editto imperiale del 3 novembre 1839, o “editto del roseto” in turco: data chiave nella storia dell’impero
ottomano. Del roseto perché c’era un giardino fuori dalle mura della struttura. I sultani vivevano in strutture
che ricordavano gli accampamenti con le tende, ma dalla seconda metà del 19esimo secolo fanno costruire
palazzi imperiali costruiti da architetti armeni.
• Questo editto reclama l’uguaglianza tra tutti i sudditi dell’impero. Chiaramente non erano a conti fatti tutti
uguali, ma col tempo questo principio viene affrontato. Alcuni autori hanno inteso sminuire l’importanza
dell’editto dicendo che la proclamazione non fosse quella ma che ci fosse stata una mitizzazione successiva
(come spesso accade).
Quando l’élite detentrice del potere decide di fare forti innovazioni, deve evitare di tagliare gli elementi di legittimità
del proprio potere (es. Pérestroïka di Gorbachev). Quando bisogna attuare radicalizzazioni, è importante dimostrare
di essere impeccabili sul proprio potere: l’inizio del testo c’è infatti un continuo richiamo alla giustizia e alla fedeltà
all’Islam.
Si vanno a toccare degli interessi consolidati e antichi, e tutto ciò produce un effetto pericoloso. La maggiore
apertura verso le comunità non mussulmane c’è una conseguenza molto seria: era possibile aizzare folle di
musulmani contro i miscredenti, quindi si creano forme di tensione che in passato era molto rara. Si creano così degli
interessi di usurpazione.
Editto del 1839: capitolazioni, vantaggi offerti dallo stato per chi si trasferiva nell’impero per portare la manodopera.
Praticamente chi si spostava nell’impero ottomano per lavorare non doveva pagare le tasse e poteva contribuire alla
modernizzazione dell’impero.
Questo editto inaugura un preciso periodo storico dal 1839 al 1876, chiamata “epoca delle Tanzimat”. Tanzimat si
potrebbe tradurre come riforme, ma la radice araba della radice è “ordine, organizzazione” quindi effettivamente si
potrebbe tradurre come “ristrutturazioni”.
• Il termine è stato scelto perché era appunto importane continuare ad affermare il potere attuale, senza
andare a stravolgerlo.
TANZIMAT E PERESTROJKA: entrambe evitano termini che evocano chiaramente i concetti di novità e riforma,
evitando di ripudiare apertamente le basi ideologiche del sistema.
Domanda sui Giannizzeri: No, i Giannizzeri non sono stati eliminati per via delle loro origini cristiane
Si verifica l’avvio di un processo in sé coraggioso (perché in condizioni critiche e sfavorevoli), da parte di certe élite
dell’Impero Ottomano più di un secolo dopo rispetto all’Impero Zarista. Osservando comparativamente queste
vicende, si nota che i tentativi e le politiche di modernizzazione hanno avuto tassi di successo differenti in varie zone
CASO DELLA CINA: per certi versi assomiglia all’impero ottomano, non fa la fine dell’India, rimane formalmente
indipendente ma lacerata e spartita in parte anche territorialmente e dal punto di vista economico da parte
dell’imperialismo europeo. Quando ha provato a ribellarsi, è stata duramente sconfitta e si è trovata in una
situazione estremamente umiliante.
• Fu sfruttata quasi da tutti, principalmente dall’impero britannico, ma ad un certo punto persino gli italiani
hanno voluto la loro fetta.
L’Impero Ottomano stesso è una ‘colonia per azioni’: formalmente fallisce nel 1881Gran parte delle sue entrate va a
questa amministrazione controllata.
Rispetto alla Cina, però, ha un ulteriore elemento negativo perché almeno la Cina è un Paese con una notevole
- compattezza etnica, mentre l’impero ottomano no.
Quello Ottomano è invece pluricomunitario, e le sue classi dirigenti devono fare continuamente i conti con una
profonda e dettagliata ortoprassi, l’Islam, radicata e codificata, un sistema forte che la cultura cinese e giapponese
non hanno avuto.
Un ulteriore elemento sfavorevole è che l’élite dominante rappresenta innanzitutto la comunità musulmana, a capo
della comunità superiore che si sente fondatrice e dominatrice dell’impero, quando in realtà dal punto di vista socio-
economico e culturale è più arretrata rispetto alle altre (ebraica, ortodossa, armena, levantina).
Al di là della buona volontà riformistica di certe élite e complessivamente dei Sultani a partire da Mahmood II,
l’Impero è in piedi grazie a quello britannico.
Da parte dell’ecumene musulmana comincia ad esserci una frattura significativa tra l’élite e la gente comune che
vede con diffidenza le riforme di stampo occidentale che vengono applicate nel 19esimo.
• L’argomento pressante delle riforme è quello del gettito fiscale, per fare sì che la maggior parte non venga
intascato da feudatari locali.
Alla fine, per la pressione della modernità occidentale, delle sue logiche ed esigenze, si sono imposte delle soluzioni
estreme, cioè quella di uno stato nazionale con forte compattamento etnico. Un concetto che cozzava quasi
totalmente con l’idea che c’era dei territori in Europa orientale, in cui la convivenza tra più popolazioni era la norma.
Nell’impero ottomano forse la pulsione indipendentista è stata più precoce e forse più forte. Ma la deriva è stata
comunque lenta e confusa.
• La formazione dello stato nazionale è stata la più violenta e traumatica, ma allo stesso tempo è quella che
una soluzione l’ha prodotta. MIGRAZIONE MUSULMANA
Come ulteriore elemento di difficoltà per l’impero ottomano c’è l’afflusso dei profughi musulmani. A partire dagli
ultimi decenni del ‘700 si crea una forte spinta verso l’impero ottomano, soprattutto da territori persi dall’impero, di
milioni e milioni di musulmani.
La cifra complessiva per il periodo che va dal 1770/74 al 1823 è di 5-6 milioni, perlomeno per coloro che sono
- riusciti ad arrivare vivi, soprattutto perché in certi casi una quota abbastanza consistente non ce la fa.
L’esodo, fino alla guerra di Crimea, è a bassa intensità. La conquista del Caucaso settentrionale si configura presto
come una conquista molto dura nei confronti delle popolazioni native. Queste popolazioni avevano adottato
formalmente l’Islam e avevano come rifugio l’impero ottomano.
Le élite ortodosse, ma di più quelle armene, si espongono nel sostenere lo sforzo riformatore delle tanzimat
(periodo delle ristrutturazioni), essendo un momento di grande ascesa. A Istanbul tutto ciò viene premiato e si crea
l’espressione che gli armenti sono per eccellenza la comunità fedele. Ha continuato ad essere così per molto tempo.
L’enorme afflusso di profughi nei balcani, dove nel frattempo è iniziata la presa di coscienza delle élite, e
nell’Anatolia centrale e orientale, produce una saldatura tra gli ideali di nazionalismo delle classi alte e il semplice
contadino.
• Le élite poi obbligano i cristiani locali a sovvenzionare la vita dei profughi musulmani. Questo potrebbe
essere effettivamente il motivo che fa “saltare tutto”.
La Transcaucasia venne conquistata prima della Ciscaucasia. L’Impero Zarista ha interesse nella prima perché lì
ambivano ad avere territori particolarmente redditizi; la Russia acquisisce mentalità e strumenti occidentali, ovvero
non accettare sacche di anarchia nel proprio territorio.
C’è una frizione continua, causata soprattutto dalla violenza nella zona del Caucaso, intensificata quando un capo
militare (Imam Shamil, grande capo religioso, politico e militare) riesce ad unificare le popolazioni del Caucaso
centro-settentrionale e soprattutto nord-orientale, un po’ come era riuscito a fare Scanderbeg.
- le federa sotto una carismatica leadership, mette d’accordo tutte queste piccole popolazioni che spesso in
passato erano impegnate in faide e rivalità. Non riesce però a federare anche le popolazioni del Caucaso nord-
occidentale (Circassi)
1834-1859 guerre di Imam Shamil: guerra terribile di 25 anni, in cui Shamil riesce a creare un’unione amministrativa.
È anche un imam, quindi ha un forte prestigio religioso.
I Circassi (popolazioni del Nord Ovest), non si uniscono all’Imam, che alla fine si arrende. I russi riconoscono la sua
resa onorevole (iustus hostis, tanto è che due figli diventeranno ufficiali dell’esercito ottomano e altri due di quello
zarista).
Nel corso di questi venticinque anni molti locali sono fuggiti, e in particolare, dopo il 1856, dopo la Guerra di Crimea,
la Russia può nuovamente impegnarsi nel Caucaso: ecco che la curva di profughi inizia a salire in modo consistente.
Alcune date:
1856: la guerra di Crimea finisce e la Russia viene sconfitta
1859: resa di Imam Shamil e annessione della Cecenia.
1861: uno degli anni più significativi della storia contemporanea, perché in tre parti diverse del mondo succedono tre
cose diverse, ma che portano tutte al capitalismo moderno.
• In Russia si capisce che è necessario liberarsi della servitù della gleba, cosa economicamente sconveniente e
arretrata. La liberazione dei servi della gleba, come quella dei neri in America, provocò uno sbandamento e
ai servi non fu data la terra su cui lavoravano.
• Scoppia la guerra civile americana, scontro tra nord insutriale e sud patriarcale e schiavista
• Unificazione italiana, in cui spinge un capitalismo più dinamico del nord Italia
Sono tre cose estremamente importanti ma tutte con la stessa radice, quella di proseguire verso il capitalismo e la
modernità.
Nel 1861 c’è fame di terra e una situazione di tensione sociale che è bene scaricare all’esterno del paese. Quelli del
Caucaso erano territori particolarmente appetibili e pianeggianti: si discute come conquistarli e cosa fare con le
popolazioni. Prevale la soluzione più semplice: se ne devono andare, vivi o morti. Molti pochi accettano l’idea di
trasferirsi a Nord, e prevale l’opzione di muoversi in direzione dell’Impero: dopo aver avuto delle fasi di difficilmente
comprensibile inerzia, una quota significativa di popolazione rifiuta di andarsene.
Soli contro l’impero zarista ci sono la buona maggioranza delle varie popolazioni dei Circassi (popolazioni native del
caucaso). Come risposta alla posizione di strenua resistenza della maggioranza delle popolazioni circasse, viene
applicata così la “soluzione finale”.
• Tra il 1862 e il 1864 c’è una sorta di gigantesco rastrellamento: le azioni militari sono feroci e coinvolgono
tutta la popolazione