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(BIEDERMEIER: STILE BORGHESE AUSTRIACO)*

Caspar Friederich:*

Formatosi a Copenhagen, poi a Dresda cominciò ad essere apprezzato nelle mostre

annuali. Si immergeva nell’immensità del paesaggio, fortunato fu quando le sue opere

furono acquistate da Federico Guglielmo III di Prussia, che determinarono il suo ingresso

nell’accademia di Berlino, ed il successo. Un tema molto frequente nelle sue opere è il

tema della morte, dipinti con tombe o cimiteri, tutto ciò dovuto probabilmente ai suoi lutti

familiari. Nel 1824 comincia la malattia misteriosa che lo porterà al decesso. Lo si può

definire un pittore romantico, religioso, e molto altruista in quanto conduceva una vita

quasi da povero, in quanto regalava tutti i suoi guadagni. Opere: Viandante sul mare di

nebbia; il mare di ghiaccio, Monaco sulla spiaggia, etc..

Philipp Runge:

Ideale mistico e spirituale, si dedicò inizialmente alle copie delle sculture classiche, con

inclinazione per la musica il teatro e la letteratura. La sfera del colore è una raccolta di

opere emblematiche, non copiosa. I momenti del giorno invece riguardava una

decorazione, per un ipotetico edificio, mai costruito però (concepito dall’artista come

tempio dell’arte). Ebbe anche un’ideologia romantica, intravedibile nei suoi ritratti agli

infanti.

Nazareni:

Gruppo di pittori romantici tedeschi attivi a Roma, che stimolati inizialmente dalle teorie

artistiche di Wilhelm August von Schlegel, si ribellarono al classicismo accademico,

aspirando ad un'arte rinnovata su basi religiose e patriottiche, dato da un forte uso del

colore crudo, steso con pennellate uniformi.

Accademia dei Pensieri: di Felice Giani, si poneva come una sorta di laboratorio delle

tendenze più varie, le sommosse antifrancesi la costrinsero a chiudere. Accademia del

regno Italico: per permettere ai giovani artisti della penisola di completare la loro

formazione nella città eterna.

Francesco Heyez: *

artista di passaggio tra neoclassicismo e romanticismo, ebbe una prima fase neoclassica

e una d’impronta romantica poi. Formazione in Veneto, ricevette l’importante commissione

di Murat per Ulisse alla corte di Alcinoo, dove espresse componenti classiche e

neoclassiche. La sua ritrattistica era moderatamente realistica (es: ritratto a Alessandro

Manzoni), ma diede più importanza alla pittura di storia rinnovata (es: Il Carmagnola, I

Profughi di Praga). Fu Milano poi a decretare il suo successo, nella quale ebbe la capacità

di cogliere iconografie molto popolari, realizzate in diverse versioni e allusive alla crisi degli

ideali risorgimentali (es: Bacio del volontario, Malinconia, Meditazione).

Giovanni Carnovali:

Partecipò al ritratto per eccellenza della famiglia Bellelli fatto da Degas, detto il Piccio,

entrò nell’accademia Carrara e fu definito subito straordinario, fu apprezzato da Hayez, e

viaggiò molto nelle capitali. La ritrattistica è il suo campo, nel quale ricerca la psicologia

del personaggio raffigurato. Nell’ultima fase di vita alterna ritratti a paesaggi, a scene

sacre o mitologiche.

Architettura pre e post Restaurazione:

Utilizzare i modelli dell’antichità costituiva il compito dell’architetto, questo modo di fare era

definibile “accademico”, cosicché nell 800 diviene sistema d’istruzione nella Francia

Napoleonica. Questo repertorio serve a dare forma ai nuovi temi dell’edilizia civile, e

investe anche campi come la cultura, la politica, e l’economia. Il museo con biblioteca

diventa un tema centrale (vedi Londra con il British Museum). Questo registro vale molto

per i centri dove è forte la volontà di avere un nuovo assetto urbanistico (es: Monaco,

Berlino). L’Italia invece è troppo spezzettata per aspirare a ciò, troppo modeste le

dimensioni dei centri maggiori, troppo città capitali ed inoltre sembra esaurirsi quella spinta

napoleonica che generò grandiosi progetti.

Un contributo essenziale viene dal francese Jean Durand, egli pubblica un atlante

sull’architettura classica, in cui definisce un metodo fondato sulla scomposizione e

ricomposizione di elementi ripresi dalla tradizione antica. Come in un grande “puzzle”, il

metodo di Durand avrà grande successo, condizionerà la progettazione degli edifici

pubblici, resteranno però esclusi i temi legati alla religiosità e alla spiritualità. La

concorrenza viene data dalla “moda inglese”, un miscuglio di riferimenti esotici, un pò

bizzarri. Questa moda ha valori opposti: l’irregolare, il fantastico, lo spirituale e tutto quello

che la poesia romantica e il romanzo gotico suggeriscono. Il termine anticlassico compare

nel linguaggio degli architetti per definire tutto questo in una parola, da qui nasce il Gothic

Revival, un ritorno ai castelli e alle cattedrali medievali. Da un lato l’ideale freddo e

razionale dell’arte classica, dall’altro l’ideale emotivo dell’arte barbarica, tra i due estremi si

creano polemiche. L’800 non ha uno stile caratteristico, infatti è neoclassico per edifici

culturali, neogotico per edifici religiosi, e neorinascimentale per immobili residenziali.

“Eclettismo” sta appunto ad indicare il passare da uno stile all’altro. Antoine de Quincy

ripropone la centralità del canone classico, per lui tutto quello che si colloca al di fuori del

Classicismo non è architettura. In questo periodo l’attenzione degli architetti neoclassici si

rivolge al mondo greco antico (Revival neogreco). In fine nasce la questione della

policromia, che sta ad indicare la fine di una concezione universale dell’arte classica,

secondo la quale questa debba essere monocolore (questione sollevata da Jacques

Hittorf).

Rivoluzioni e Realismo:

Quest’epoca è segnata dalla rivoluzione del 1848. Gli artisti furono colpiti da questi eventi

e si adoperarono a raffigurare gli effetti della rivoluzione con una rappresentazione

dell’essenziale, ovvero quella del Realismo. La vera rivoluzione trionfante fu industriale,

non sociale. Questo naturalismo si connota di caratteri più precisi attraverso la ricerca del

“vero”, sia nella scelta dei soggetti sia nel modo di rappresentarli. Questa attitudine si

colora di un particolare valore di denuncia sociale, che darà origine al fenomeno del

Realismo, il quale, proprio in virtù dell’impegno sociale dell’artista, si distingue dal

verismo. Parigi sarà il punto di riferimento, dove si profileranno due tendenza, una

realistica, l’altra “parnassiana” (Charles Baudelaire, Mallarmé).

Honoré Daumier:

Marsigliese e autodidatta, ci ha lasciato un corpus imponente, tra sculture, dipinti, disegni

etc.. Egli frequentava i pittori della scuola di Barbinzon, e ammirava i vecchi maestri. Dal

48 cominciò a dedicarsi alla pittura, Baudelaire lo paragonò a Moliere, e Champfleury a

Goyà. La sua tecnica di scultura però era approssimativa, in quanto non era completata

dalla cottura, né tradotta in bronzo (per difficoltà economiche), per questa ragione i suoi

pezzi sono risultati molto fragili.

Infine, Daumier credeva che per giungere alla verità, bisognava sfoltire la realtà dalle

apparenze, a volte anche distorcerla.

Gustave Courbet:

Nato da una famiglia di ricchi agricoltori, a Parigi disertava i corsi di giurisprudenza per

visitare il Louvre e copiare i pittori antichi. Viene ricordato come il fondatore del realismo,

egli definisce il realismo come una conclusione umana contro l’ideale convenzionale.

Partecipò anche ai Salon ma spesso venivano accettate solo alcune delle opere

presentate, fu anche in Olanda e partecipò ai moti che decretarono la caduta di Luigi

Filippo. Con gli anni 60 non mutò la sua forza pittorica, diventò un esperto nell’uso della

spatola, e dava molta attenzione ai critici. Infine fu incarcerato con l’accusa di aver

distrutto la colonna Vandome simbolo del I Impero Napoleonico, e questi insieme e

all’alcol lo condussero alla morte. Opere: Autoritratto con il cane nero; Dopopranzo ad

Ornans; gli Spaccapietre; le Bagnanti; Funerali ad Ornans.

Jean François Millet:

Appartenente alla seconda generazione della scuola di Barbinzon, nato in una famiglia

contadina benestante, i suoi inizi lo vedono interessato più alla figura che al paesaggio. A

Parigi si esercitò copiando al Louvre Mantegna, Giorgione e Michelangelo, poi iniziò a

dipingere soggetti nudi (donna nuda distesa). Nel momento in cui la rivoluzione stava

trasformando la società, la figura del contadino divenne un’effige chiave. Millet aveva una

visione del mondo contadino pessimista, in quanto convinto che nessuna riforma sociale

avrebbe potuto liberare l’uomo dal fardello della sua condanna. Tuttavia quando i riformisti

intesero i suoi personaggi come figure in lotta, lui non si oppose; dall’accusa di essere

stato un rivoluzionario, si difese affermando che quello, il mondo contadino, era tutto ciò

che aveva visto e vissuto fin’ora. In realtà i suoi Cavatori, Segatori e Seminatori hanno un

significato rivoluzionario implicito. I dipinti di Millet riflettono il contrasto fortemente

avvertito da lui fra la bellezza della natura e la dolorosa condizione dell’uomo.

Jean Baptiste Carpeaux:

Il più importante rappresentante della tendenza rococò, negli anni 60 ricevette

commissioni molto prestigiose (Ugolino della Gherardesca e i suoi figli – esposto al

d’Orsay), ciò che lo caratterizzò fu l’eleganza festosa, suo tratto inconfondibile. Inoltre gli

venne commissionato La Danza per la facciata dell’Operà di Parigi, e realizzò numerosi

busti-ritratto con grande attenzione a tutti i particolari.

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Pittura di Macchia:

Nasce a Firenze da un gruppo di artisti rappresentanti del vero, chiamati appunto

macchiaioli, il fondatore e Diego Martelli, poi ci sono Domenico Morelli, Saverio Altamura,

Serafino De Tivoli etc..

Fondata sulla ricerca della verità di luce, la macchia veniva associata alla pittura di storia,

uno dei primi a sperimentare fu Telemaco Signorini, poi Cristiano Banti, e Nino Costa

(raffinato paesaggista). La differenza tra la macchia toscana e napoletana sta nel fatto che

quest’ultima è il risultato di un’unità cromatica alla quale si arrivava partendo da un colore

brillante, mentre la macchia toscana partiva dalla ricerca di un colore vivace e piacevole

per giungere ad un più deciso contrasto di luce. La macchia era diventata un punto di

riferimento per molti artisti, come: Abbati, Cabianca, D’Ancona, e Boldini. Anche la scuola

di Rivara in Piemonte si avvicinò molto ai macchiaioli italiani.

Giovanni Fattori:

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
25 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fabri95_oft di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Valente Isabella.