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Il 1920 sarebbe stato segnato dal moltiplicarsi delle manifestazioni rivelatrici: reciproche accuse,

affermazioni di taglio estremistico, reciproca negazione dell’appartenenza alla comunità nazionale,

scontri fisici.

La retorica del nemico in campagna elettorale

Il momento elettorale costituisce l’occasione in cui le diverse fazioni poterono affrontare il nodo

del rapporto con il ricordo della guerra, dimostrando che il paese si trovava nel pieno della

transizione. Il clima di grande incertezza era confermato dallo scarso utilizzo del tema patriottico,

e dal frequente tentativo di utilizzare il ricordo del conflitto per delegittimare l’avversario politico:

partiti politici o singoli candidati.

Il partito socialista uso le armi della criminalizzazione dei concorrenti. Il ricordo della guerra servì

per individuare il responsabile delle sofferenze popolari: la borghesia, militarista e guerrafondaia,

utilizzata come prova decisiva da usare nel grande processo che il proletariato stava celebrando

contro la classe borghese. I liberali furono definiti guerrafondai, dei cinici individui che non

avevano esitato a trascinare il paese in guerra, ma c’era di peggio, infatti gli sgherri della

borghesia non avrebbero esitato a provocare una nuova guerra pur di impedire l’inevitabile

successo del partito socialista. Il discorso socialista nei confronti dei cattolici Negava il ruolo di

legittimi rappresentanti delle classi popolari, in quanto si celavano uomini appartenenti alla

borghesia. Non a caso i cattolici avevano infine sposato le ragioni della guerra e inviato i contadini

e gli operai a morire nelle trincee.

Le strategie di delegittimazione dispiegate dai liberali furono molteplici: fermo restando la

condanna senza appello per i socialisti (diffamatori della guerra che si aggrappano a Caporetto

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Il nemico in politica

perché non hanno voluto fabbricarsi nel 1915 un paio di polmoni capaci di respirare altra

atmosfera che non sia quella della sconfitta) il sistema argomentativo adoperato vuoto attorno al

topos pericolo del salto nel buio. Alle forze tradizionalmente estranee al processo risorgimentale

non poteva essere affidata la responsabilità della guida del paese perché avrebbe voluto dire

precipitare la collettività nazionale in un sicuro disastro.

Contro il partito guidato da Sturzo liberali adottarono una tattica tesa a mettere in dubbio

l’autonomia del partito popolare dai voleri del Vaticano, confondendo deliberatamente gli obiettivi

del partito con i fini della Chiesa facendo ricorso a una serie di radicati pregiudizi. In particolare

accanto alla sottolineaturadella estraneità dei cattolici alle vicende della nazione italiana, venne

messa in risalto il tema della gesuitica e naturale ambiguità degli uomini di Chiesa. Inoltre liberali

batterono sull’atteggiamento cauto dei cattolici nei primi mesi di neutralità. Il non aver compreso

tempestivamente la necessità di entrare in guerra era una prova della loro scarsa attitudine al

comando e alle responsabilità. Infine motivo di delegittimazione era il continuo refrain attorno al

rischio che il voto per i popolari si trasformasse nel più classico dei cavalli di Troia per

l’affermazione dei socialisti e della rivoluzione.

“La Provincia Di Brescia”, foglio liberale, scriverà: “Noi constatiamo che per conservare il dominio

delle masse, i clericali corrono al fianco dei bolscevichi rossi”.

Il partito popolare fu quello che meno si affida alla carta della delegittimazione dell’avversario, in

quanto non aveva bisogno. La proposta politica era efficace, l’organizzazione con laterale forte e

motivata, l’appoggio della struttura ecclesiale efficace. L’unico vero nemico era rappresentato dai

socialisti, e concentrare il fuoco su di loro significava candidarsi alla guida del paese come eredi il

linea diretta dei notabili costituzionali. “Il Cittadino” scrisse: “ voi lavoratori sapete che dietro le

macerie di questo mondo che crolla sta per sbucare per voi un padrone ben più triste e tirannico

dell’antico.”.

Nicolas Rousseellier ci ha ricordato come in Francia l’aver indossato la divisa divenne le plus se

moyen de se faire elire en novembre 1919. In Gran Bretagna, l’invito di George a fare del regno a

land fit for heroes. Inoltre in entrambe le nazioni gli ex combattenti furono eletti all’interno di liste

approntate alla tradizionali formazione politiche.

In Italia, I candidati ex combattenti furono proporzionalmente meno premiati. Soprattutto lo furono

in virtù di altre qualità.

Anche i candidati excombattenti doc furono premiati più per il carattere di novità che quel

particolare partito rappresentatava, come il “Partito dei Contadini del Sud”.

Mentre al di là delle Alpi le numerazione dei meriti di guerra da parte dei candidati fu sempre

nettamente preponderante rispetto all’ironia o le frasi adatte a delegittimare il patriottismo, in Italia

avvenne l’esatto contrario. La legittimità offerta dal ricordo della guerra era fragile e molto

insidioso. In ogni banchetto elettorale sarebbe bastato un nonnulla per trasformare l’atout in

svantaggio.

Lo scoglio degli articoli prodotti in quelle settimane conferma che l’arte della denigrazione superò

di gran lunga quella dell’esaltazione dell’eroismo dei candidati. Assai incisiva fu l’offesa di

imboscato che si coniugò con quella di interventista, neutralista e imboscatore. Infine non vanno

dimenticati gli appellativi di pescecane, disfattista, caporettista e rinunciatario, come dimostra la

cronaca di un comizio repubblicano tenuto a Napoli.

In Italia la delegittimazione passo per la denigrazione delle loro qualità personali. Accusare il

candidato avversario di essersi imboscato equivaleva a colpirlo nel profondo, mettendone in

dubbio non solo il coraggio ma anche la fibra morale. Essere definito come pesce cane insisteva

sulla mancanza di coraggio e la presenza di spregevolezza. Tutto ciò dimostrava il clima di

tensione e di reciproca delegittimazione.

Conclusione

Tutto ciò dimostra l’incapacità di elaborare formule politiche in grado di sfruttare le opportunità

offerte dallo stesso conflitto. La sensazione che la grande occasione fosse stata perduta avrebbe

reso inefficiente l’atout politico più importante a disposizione dei popoli e delle classi dirigenti. Il

definitivo passaggio dell’Italia al campo dei paesi vinti sarebbe avvenuto con le campagne

elettorali amministrative del 1920 da quelle politiche del 1921 e del 24. Infatti il timbro

complessivo fu dato dalla guerra civile tra fascismo e bolscevismo.

Queste elezioni sembravano rientrare nella frustrazione e nella ricerca di un capro espiatorio

trovato nel socialismo, soprattutto nel elezioni del 1924 la figura stessa del nemico subì una

variazione: da strumento di mobilitazione, in grado di aggregare lo schieramento conservatore in

25

Il nemico in politica

virtù della sensazione di pericolo, esso si trasformò in feticcio. Quel nemico non solo era già vinto

ma soprattutto come tale venne descritto.

Si trattava di una delegittimazione della memoria di un nemico più che del nemico stesso.

Su “La Fiamma” di brescia, nel 1921 si scriveva: “ il fascismo ha salvato l’Italia dalla tragedia

grottesca del bolscevismo: amici e avversari devono riconoscerlo.”

Evidentemente in Italia non esistevano più nemici. La collettività della grande guerra si era

finalmente ritrovata ed era divenuta la padrona del paese, e a lei spettava il compito di far

scomparire anche i residui avversari. 26

Il nemico in politica

5. Uno Strumento di conquista dello spazio politico. De

Gasperi e i liberali 1900-14

Introduzione

Il government by discussion non sarebbe infatti immaginabile senza una competizione fra

tendenze politiche diverse.

Ciò non ha significato che si fosse in presenza di un’automatica legittimazione alla rilevanza

politica per tutte le forze che potevano affacciarsi nell’arena elettorale facendo leva su una quota

di consenso sociale.era problematico l’accesso all’arena politica di forze diverse da quelle che si

arrecavano, alle varie anime del liberalismo e alle ragioni di rappresentatività vantate dai membri

delle elite burocratiche. Il dibattito infinito sulla normatività del modello inglese aveva perso la sua

presa con l’affermarsi del modello tedesco, un modello legato alla tecnicità dell’agire politico che

sarebbe stato legato solo alle scienze dello stato la cui interpretazione era appannaggio della

burocrazia che trovava il suo vertice nel governo.

Questo contesto rese problematico l’affermarsi sulla scena politica dei nuovi partiti sociali, dando

maggiore attenzione ai partiti di classe per i quali erano a disposizione due strumenti che

permettono di definirli come liberali: la legittimazione attraverso una ideologia politica che entrava

direttamente nello schema competitivo del costituzionalismo attraverso l’idea della classe

generale ad unione una società percorsa da tensioni, che molti erano disposti a considerare come

risorse per l’inserzione nel sistema di nuove componenti con effetti di riequilibrio sociale che

potevano presentare i loro vantaggi.

Il problema dei partiti cattolici fu un fenomeno più difficilmente integrabile ne sistema liberale, il

cui successo era derivato dal venire meno del presupposto del government by discussion

nell’originario significato di confronto di tesi parafilosofiche e la dialettica parlamentare era già

stata accettata come una dialettica di forze insediate nel sociale, per questo l’ingresso di forze

politiche sotto la bandiera del cattolicesimo poneva problemi sul terreno della legittimazione

politica (partito conservatore inglese-anglicanesimo)

Legami forti con il retroterra religioso esistevano in altri partiti senza che ciò facesse particolare

problema. Il cattolicesimo era pero altra cosa dal cristianesimo, il problema era la sua presunta

subordinazione alle direttive del vaticano: un fatto che lo avrebbe posto fuori della legittimità

costituzionale, in quanto essa si subordinava alla volontà del pontefice romano, vertice di una

sovranità estranea. Questa e la ben nota polemica dell’ultramondanesimo.

Tuttavia la capacità di controllo del Vaticano fu marginale e labile, infatti De Gasperi si batté per

dimostrare come il cattolicesimo politico fosse prima di tutto nazionale e solo successivamente

universale.

Il caso Trentino

Il Trentino era considerato dall’Impero Asburgico come parte della principesca contea del Tirolo:

abitato solo da popolazioni di lingua ed etnia italiana e di religione cattolica. Le restanti parti della

contea erano di lingua tedesca ma sempre cattolici. Formalmente la g

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Publisher
A.A. 2017-2018
54 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher El-diez di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Cammarano Fulvio.