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PURIFICAZIONE DELLE PROTEINE

una volta scelta la fonte biologica dalla quale purificare la proteina è necessario pianificare una

strategia di purificazione, che va dal metodo di estrazione delle proteine dalla fonte biologica, ai

metodi di frazionamento da impiegare, alle analisi che dovranno essere effettuate per seguire il

processo di purificazione e determinare il grado di purezza e la quantità della proteina isolata.

I metodi di rottura delle cellule sono vari e dipendono dalla presenza o meno della parete cellulare e

della natura di quest'ultima. Si possono distinguere metodi meccanici e non meccanici. Con i primi si

omogenizzano i tessuti (si ottiene quindi un omogenato).

In ogni caso le pratiche utilizzate non devono alterare la funzionalità della macromolecola biologica

e in genere si esegue la rottura delle cellule in ghiaccio, i passaggi successivi si fanno a 4°C e il

processo viene effettuato in una soluzione tampone in modo che le cellule rotte vengano a trovarsi

in un ambiente controllato.

→soluzioni tampone = devono avere una composizione tale da mantenere il più possibile la

struttura nativa delle proteine e la loro attività biologica. Se la proteina si trova in un organello il

tampone deve preservare anche quest'ultimo.

La formulazione di queste soluzioni è basata sulle caratteristiche chimico-fisiche dei fluidi biologici:

in particolare devono avere un pH simile a quello fisiologico. Sono importanti anche parametri come

l'osmolarità e la forza ionica del tampone. Queste di solito vengono scelte in modo che siano simili a

quelle dell'ambiente intracellulare.

Il tampone ideale dovrà avere le seguenti caratteristiche:

elevata solubilità,

• non penetrare attraverso le membrane nel caso dello studio di organelli,

• non assorbire la luce nelle regioni dello spettro UV-visibile,

• non essere tossico.

I tamponi usati di solito sono formati da acidi deboli, soprattutto inorganici come H CO , H PO ,

2 3 2 4-

H BO , CH COOH e da alcuni tipi di ammine, aa e tamponi commerciali.

3 3 3

Per ottenere un valore di pressione osmotica simile a quello intracellulare di solito si usa il

saccarosio a concentrazione 0,25 M. Esso assieme a sali come NaCl e KCl in concentrazioni intorno a

120-150 mM che servono ad avere una forza ionica simile a quella della cellula, agiscono anche

come stabilizzanti delle strutture proteiche.

Si aggiungono poi composti che mantengano ridotti i gruppi sulfidrilici e inibitori delle proteasi.

Frazionamento

le tecniche di frazionamento sfruttano le diverse proprietà chimico-fisiche delle proteine per

separare un insieme complesso di esse in sottoinsiemi composti da proteine aventi proprietà simili.

Le proprietà che vengono sfruttate sono:

la solubilità

• la stabilità al calore e al pH

• la carica elettrostatica

• l'idrofobicità

• le dimensioni

• la capacità di legare in modo specifico ligandi o altre macromolecole.

CENTRIFUGAZIONE

le centrifughe per provette sono formate essenzialmente da un motore a velocità variabile al cui

asse viene ancorato un rotore che porta ancorati gli alloggi per le provette, il quale si trova in una

camera chiusa che a volte può essere termostata e in cui può essere fatto il vuoto.

Le tecniche centrifugative si basano sul fatto che un corpo che si muove lungo una traiettoria

circolare è soggetto ad un’accelerazione centrifuga diretta radialmente rispetto all’asse di rotazione.

Tale accelerazione è legata alla velocità angolare ω e alla distanza dall’asse di rotazione r, ed essa

descrive la velocità di sedimentazione di una particella. La seguente relazione mostra come la si

calcola: 2

G=ω ∗r

Il campo centrifugo può essere riferito al campo gravitazionale terrestre che corrisponde ad

un’accelerazione di 9,8 m/sec . Si definisce quindi campo centrifugo relativo, RCF, il rapporto

2

tra campo centrifugo e campo gravitazionale:

2

(ω ∗r )

RCF= g

Se esprimiamo la velocità di rotazione in termini di rivoluzioni al minuto (RPM), ricordando che una

rotazione è pari a 2π radianti (dove un radiante è definito come il rapporto tra la lunghezza dell'arco

di circonferenza spazzato dall'angolo e la lunghezza del raggio della circonferenza), si ha che

2 2

4 RPM r)

( π ∗( )

e quindi . Il campo centrifugo relativo, noti RPM e r, può

G=

ω=2 π/60 3600 2 2

4 RPM

( π ∗( ) ∗r) 5

essere ricavato dalla seguente relazione dove r è espresso

RCF= =1,1∗10 ∗r

(3600∗980)

in centimetri.

RCF dipende non solo dalla velocità di rotazione, ma anche dalla distanza dall’asse di rotazione.

Durante la centrifugazione, anche se la velocità di rotazione non varia, una particella che sedimenta

è sottoposta a campi centrifughi di intensità diversa a seconda della distanza dall’asse di rotazione.

Nella pratica, perciò, ci si riferisce ad un valore di RCF corrispondente a r medio.

Il materiale biologico sottoposto a tale pratica è sempre presente in soluzione e quindi la velocità di

sedimentazione di una particella dipende anche dalle caratteristiche delle particelle stesse e dalla

viscosità del solvente in cui esse si trovano. La legge di Stokes tiene conto di ciò:

2

2 r p−ρ m)∗G

∗(ρ

v =( )∗( )

η

9

dove r è il raggio della particella, ρ p è la densità della particella mentre ρ m è quella del mezzo e G

è la forza a cui è sottoposta.

Da tale formula si evince che una particella ha velocità proporzionale alla sua massa, alla differenza

tra la densità della particella e del mezzo e al campo centrifugo applicato. È invece inversamente

proporzionale alla viscosità del mezzo. Infine la velocità dipende anche dalla forma della particella

perché maggiore è la superficie maggiore sarà l'attrito che si oppone al moto. In particolare la forza

F cui è sottoposta una particella sferica che sedimenta quando è sottoposta ad una velocità angolare

di ωrad/sec è 3 2

data da: dove rp è il raggio della particella, ρp è la densità della

F=4 p−ρ m)∗ω

π/3∗rp ∗(ρ ∗r

particella e ρm è la densità del mezzo.

La forza di attrito F0 che si oppone al moto della particella è data invece da dove f è il

F 0=f∗v

coefficiente d’attrito e v è la velocità di sedimentazione.

Ricordando che per una particella sferica e non idratata , dove eta è la viscosità

f =6∗π∗η∗rp

del mezzo, si ricava che la forza di attrito è data da: .

F 0=(6∗π∗η∗rp)∗v

Tale particella sferica non idratata, di volume e densità noti, sospesa in un mezzo a densità costante

e sottoposta ad un campo centrifugo, tende ad accelerare fino a che la forza F non eguaglia la forza

3 2

di attrito F0. Se F = F0, allora .

4 p−ρm)∗ω

π/3∗rp ∗(ρ ∗r=6∗π∗η∗rp∗v

2 2

2/9∗rp p−ρm)∗ω

∗(ρ ∗r

Perciò la velocità di sedimentazione v è data da v = ( η)

Se la particella che sedimenta non è sferica, occorre correggere l’equazione per il rapporto tra il

coefficiente di attrito f della particella e il coefficiente di attrito f0 di una particella ideale di

2 2

2/9∗rp p−ρm)∗ω

∗(ρ ∗r

forma sferica. Quindi .

v = 0))

(η(f /f

Tale quantità una volta definito il sistema, è una costante. A questa costante viene dato il nome

di coefficiente di sedimentazione (s). Esso può essere anche definito come la velocità di

v

sedimentazione per unità di campo centrifugo. Infatti .

s= 2

( ω ∗r )

Questo parametro dipende da temperatura, densità e viscosità. Dato che gli studi di sedimentazione

vengono effettuati con soluzioni diverse si usa correggere tale coefficiente trovato

sperimentalmente nel valore che si otterrebbe in un mezzo, la cui densità e viscosità, sarebbero pari

a quelle dell'acqua a 20°C. I valori tipici delle molecole biologiche sono nell'ordine di 10 s e tale

-13

quantità è stata definita 1 unità Svedberg.

Le tecniche centrifugative in generale possono essere suddivise in:

preparative = permettono di separare e raccogliere cellule intere, organelli e macromolecole

• come acidi nucleici o proteine.

Analitiche = usate per studiare le caratteristiche di sedimentazione di un campione e per

• determinarne il grado di purezza o la massa molecolare.

In una comune centrifuga da banco si raggiungono al massimo 8-10000 g mentre in

un'ultracentrifuga si arriva fino a 9000000 g e si possono separare classi di molecole relativamente

simili come DNA plasmidico e genomico. Bisogna notare però che tali valori di g vengono raggiunti

solo se la camera del rotore viene posta sotto vuoto spinto e refrigerata (dato il surriscaldamento

che viene provocato).

→rotori = ne esistono ad angolo fisso, verticali e oscillanti. È bene ricordare che nel porre le

provette negli alloggiamenti, queste devono essere sempre bilanciate ovvero il peso di due

campioni in posizioni diametralmente opposte deve essere identico.

→controllo della temperatura= tanto più è lunga e ad alta velocità tanto più è importante.

Sulla base di ciò si distinguono:

centrifughe da banco = le più semplici e le meno costose, usate spesso per raccogliere

• piccole quantità di materiale che sedimenta rapidamente. Alcuni modelli hanno il sistema di

refrigerazione e raggiungono RCF compresi tra 3000 e 7000 g.

microcentrifughe = sono piccole centrifughe da banco che raggiungono rapidamente

• velocità tra gli 8000 e 13000 g.

centrifughe refrigerate ad alta velocità = raggiungono una velocità massima di 8000- 20000

• rpm, hanno tutte camere refrigerate e la differenza tra l'una e l'altra sta sostanzialmente nel

numero massimo degli alloggiamenti nei rotori. Con esse si hanno rotori sia fissi che

oscillanti, i quali sono usati preferenzialmente quando è richiesta la massima risoluzione di

particelle che hanno valori con coefficienti di sedimentazione simili: infatti hanno tutta la

lunghezza della provetta per la separazione.

ultracentrifughe = divise in preparative e analitiche. Nelle loro

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulylencio.95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologie biochimiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Cappiello Mario.