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Il folle volo dell’Ulisse → navigazione temeraria, ardita, oltre le colonne d'Ercole, sfida Dio.
Non ha a che fare con il tema della follia, anzi → azione consapevole che va oltre i limiti fissati.
Dante ha rispetto della chiesa ma è costretto dal bisogno di dire la verità.
Dante fa riferimenti agli apostoli (Pietro e Mattia). Poi fa un riferimento storico → Nicolò III tolse
la carica di vicariato imperiale a Carlo d’Angiò. La cupidigia di questi Papi è qualcosa che oscura il
mondo opprimendo i buoni e sollevando i cattivi. Dante fa diverse citazioni bibliche e storiche . . .
• Viene fatto riferimento a → S. Giovanni ha una visione di una donna (simbolicamente
rappresenta una Roma corrotta) che sulle acque aveva rapporti con i re del mondo e stava
seduta su un mostro. Questa donna è il simbolo della curia (corte, tutto l’insieme
dell’apparato ecclesiastico) papale. Di questi Papi così avari, corrotti, si accorse S. Giovanni
nella sua visione apocalittica. 7 testa e 10 corna→ 10 comandamenti → argomenti di virtù
finché piacque al Papa che così fosse.
• Altro riferimento → Vitello d’oro idolatrato come una divinità. Dante si chiede quale sia la
differenza tra l’idolatra della Bibbia e loro.
• Ultimo riferimento → se la prende con l’imperatore romano Costantino (300 d.C.). Va
biasimato per due cose, nonostante sia uno dei primi imperatori che si converte al
cristianesimo. Ha portato l’Aquila reale da ovest a est → da Bisanzio a Costantinopoli.
Secondo fatto, più grave, la famosa donazione di Costantino, documento che attesta
l’origine del potere temporale della chiesa. → Quando Costantino si converte al
cristianesimo dona a Silvestro, Papa di Roma, la città di Roma. La fonte del male fu la dote
che donò al primo Papa che diventa ricco di questo bene materiale.
Mentre Dante si lamentava, Nicolò III spingeva forte i piedi per rabbia o perché gli rimordeva la
coscienza. Dante si sente interprete della voce della giustizia, dell’umana politica nei confronti del
papato che così facendo non si comporta da guida spirituale. Qui Virgilio si dimostra davvero
contento per come Dante si comporta con il Papa, lo abbraccia e insieme riprendono la via verso un
altro cerchio.
Lezione 10
Canto XXVII Inferno – Canto V Purgatorio
Dante incontra un politico e militare valoroso e astuto, Guido di Montefeltro. Quest’ultimo fece un
gesto considerato eclatante, quello di convertirsi e farsi frate francescano. In seguito egli dovette
dare un consiglio fraudolente a Papa Bonifacio XVIII e ha peccato di essersi fidato di lui.
Avviene uno scontro tra San Francesco ed un diavolo che riesce a portare all’Inferno l’anima di
Guido. Suo figlio è Bonconte di Montefeltro e fu protagonista della battaglia del 1289 in cui morì.
Bonconte nel Purgatorio spiega cosa è successo al suo corpo e che un angelo è venuto a prenderlo.
Le anime che si trovano in Purgatorio sono lì per una questione intima che riguarda la loro
posizione di fede.
Guido chiede quale sia la sorte della sua Romagna ma non chiede notizie dei suoi famigliari.
La sua terra si trova in una condizione disastrosa perché governata da tiranni.
Guido spiega a Dante di essere stato chiamato da Bonifacio per essere guarito dalla sua febbre di
potere.
Nel canto XXVII Dante spiega in che cosa consista la salvezza, ciò che può salvarlo in estremis.
Ci troviamo nell’antipurgatorio in compagnia di spiriti pentiti in punto di morte. Spiriti, ombre
uccise violentemente. Jacopo del Cassero muore di morte violenta inseguito da sicari. La carne si
disfa ma l’anima ne esce vittoriosa siccome in punto di morte si converte.
Lezione 11 - 12
Boccaccio è stato, dopo Dante, l’autore che ha avuto più cura della memoria di Dante. Ha curato la
memoria dantesca e a lui dobbiamo la trascrizione di diverse parti della commedia dantesca.
Boccaccio nasce nel 1313 e muore nel 1375. La sua vita è parallela a quella di Petrarca ed entrambi
hanno un debito nei confronti di Dante. Boccaccio lo apprezza ed infatti scrisse un trattato su di lui
ed un commento sulla Commedia. Di lui è caratteristica la volontà di rimanere in linea con la
letteratura dantesca, allegorica. Prima cosa a pubblicare fu un romanzo in prosa.
Inventò la narrazione in ottave. A Napoli realizza un poema epico. Tutta la sua opera letteraria è un
omaggio a Dante e alla letteratura allegorica.
Di lui è caratteristica la volontà di narrare con libertà, senza confini tematici. Agli inizi scrive in
volgare, negli ultimi anni in latino.
A Firenze scrive “Commedia delle Ninfe fiorentine”, un prosimetro.
In seguito scrive “L’elogio di Madame Fiammetta”, un romanzo psicologico che descrive la storia
d’amore travagliata della protagonista. La maggior parte delle sue opere vengono scritte tra il 1340
e ‘48, anni di peste. È proprio dalla peste che Boccaccio prende spunto per il Decameron.
Il Decameron nasce come libro per consolare le donne e insegnare loro cosa sia l’amore e come
poterlo conoscere, gestire → finalità di tipo conoscitivo, didascalico. Boccaccio inventa una cornice
per collegare le sue novelle. Nesso → Se la peste è anarchia, la distruzione delle norme di
convivenza civile allora la decisione dei 10 ragazzi di portarsi fuori da Firenze è causata dalla
necessità di preservare le virtù che rischiavano di essere compromessi a Firenze. Ognuno pensa a
salvarsi, pensa per sé. Anche il governo viene meno al suo ruolo, lasciando tutti nell’anarchia;
nessun rispetto per le leggi. Saltano tutti i vincoli morali che legano le persone e gli ideali dello
stato e delle leggi.
Le novelle che occupano i pomeriggi stabiliscono l’arte del racconto, un’arte civile, l’arte di
trasmettere dei contenuti, degli stili a vantaggio del futuro… I temi che vengono pensati per le
singolo giornate sono vaghi.
Al centro del Decameron c’è la novella di Madonna Oretta che ha una funzione di apologo e anche
metaletteraria → si tratta di un’opera di letteratura che ha a che fare con la letteratura stessa. In un
pomeriggio di festa questa gentildonna deve andare da un posto all’altro e chiede ad un cavaliere
che l’accompagna di raccontarle una novella.
La novella di per se era bellissima ma quest’ultimo non sapeva raccontarla.
Il Decameron ha un catalogo di temi infiniti, le novelle tutte belle ma l’importanza sta nello stile,
nell’ordine che si da alle parole. Dalle novelle si può prendere spunto per quanto riguarda la
retorica.
Il novellare è un atto di educazione civile e serve anche a spiegare a chi ne ha bisogno in che cosa
consista la vita e, nel caso specifico delle donne, l’amore. 10 giornate → spiegazione di cosa la vita
sia. È un libro che Boccaccio pensa per un’utenza alta.
Prima giornata → introduzione della peste. La quarta giornata è dedicata agli amori infelici, tema
fondamentale all’interno dell’economia del Decameron.
Boccaccio ha la necessità di trattare questo tema come infernale, luttuoso.
Le conclusioni dell’autore ribadiscono delle sue riflessioni sullo stile.
ragazzi (dopo 15 giorni) decidono di tornare a Firenze perché sono cambiati.. In forma altamente
allegorica, tra la nona e la decima giornata, i 10 giovani balleranno e canteranno, ma questa volta
cingeranno le loro teste con delle foglie di quercia → albero simbolo di forza d’animo, una delle
virtù cristiane più interessanti. In quei giorni in cui avevano vissuto dandosi regole e strutturando la
loro giornata con ordine e raccontandosi ogni giorno 10 novelle.. dopo 15 giorni sono più forti e
sicuri delle loro virtù morali, possono quindi tornare a firenze senza il pericolo di essere corrotti
dall’anarchia morale che governa la città. Boccaccio ha fiducia nell’uomo nell’atto di contrastare il
male, ha fiducia nella nuova classe borghese che sta emergendo a Firenze in quel momento.
Nella prima giornata il tema della novella da raccontare è libero. Novella riguarda anche la seconda
e la terza. → tema comune: rapporto con la religione. La prima tratta di un uomo ebreo che,
conosciuta la curia papale, decide di convertirsi al cristianesimo. In un’altra un ebreo forgia tre
anelli per i suoi figli (tolleranza e equità).
Prima novella → Storia di un uomo corrotto, temibile che, trovandosi in punto di morte e
trovandosi presso degli usurai in Francia, decide di salvare se stesso e gli usurai architettando una
grande menzogna. Ciappelletto chiede agli usurai di convocare il frate più santo che ci fosse in città;
di fronte a lui Ciappelletto ha l’astuzia usare l’ultima confessione per dichiararsi un santo → il frate
gli crede e, dopo la morte dell’uomo, fa in modo che sia santificato e adorato.
Uso di un’arte retorica astuta, conclusione della novella con riflessioni sulla religione e sulla bontà
divina.
Dante stabilisce che è possibile attaccare la religione portando comunque rispetto per la fede,
Boccaccio continua questa tradizione.
Il narratore della prima novella, Panfilo, la introduce partendo dal tema della grazia di Dio.
Quest’ultima non discende in noi per nostro merito ma grazie alla infinità bontà di Dio che dispensa
la grazia agli uomini anche per mezzo della mediazioni di coloro che un tempo furono beati: i santi.
Bisogna pregare i santi perché intercedano per noi con Dio.
I motivi per cui l’uomo debba rivolgersi a loro:
1. sono informati della fragilità dell’uomo.
2. l’uomo non è abbastanza audace da rivolgersi direttamente a Dio. La generosità pietosa di dio è
alta e misteriosa per noi mortali e si può vedere dal fatto che talvolta trasformiamo in procuratore
(in santo) qualcuno che in realtà è all’inferno; qualche volta, sbagliando, preghiamo santi
inesistenti. Questo non importa perché Dio non guarda alla bontà dell’intermediario ma alla purezza
della fede di chi sta pregando in quel momento e quindi salva e preserva questo.
Musciatto Francesi manda Cepperello da Prato a fare una commissione importante.
Ciappelletto era notaio che conosceva bene la vita e non faceva che peccare, voleva seminare
discordia e creare danno alla gente. Era un assassino, iracondo, bestemmiatore. Tutti i sacramenti
della chiesa li offendeva. Non andava in chiesa ma in taverna e in luoghi disonesti.
Non gli piacevano le donne. È un lussurioso, un ladro. Era un gran bevitore. Giocatore d’azzardo.
Era il peggiore uomo che potesse esistere.
Per queste qualità Musciatto lo convoca e Ciappelletto v