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METRICA

Cos'è un endecasillabo? Un verso di undici sillabe, lo direbbe l'etimologia della parola.

Per esempio:

Nel mezzo del cammin di nostra vita → se voi contate ha undici sillabe.

Mi ritrovai per una selva oscura → dodici sillabe.

Considerate la vostra semenza → undici sillabe.

Fatti non foste a viver come bruti → dodici sillabe.

Ci sono sillabe in più. Ma sono tutti endecasillabi, compresi questi:

E come albero in nave si levò → dieci sillabe

Ora cen porta l'un de' duri margini → dodici sillabe.

Quindi la definizione di endecasillabo come verso di undici sillabe è sbagliata. Per quanto comprenda la

maggior parte dei versi della Commedia, ma questo solo perché l'italiano è fatto per lo più da parole piane,

come il francese è fatto da parole tronche cioè accennate sull'ultima, l'italiano come lingua è fatta per più del

90% da parole piane, cioè accentate sulla penultima, e questo fa sì che la maggior parte degli endecasillabi

siano composti di undici sillabe.

In realtà l'unica definizione corretta, che comprenda tutti i casi, tutti gli endecasillabi, senza eccezione è: un

endecasillabo consta di dieci posizioni, in cui l'ultimo accento forte, l'ultimo ictus (non l'unico, l'ultimo,

quello fisso) è sistemato in decima posizione. Dopo la decima potrete avere: zero sillabe, una sillaba, due

sillabe. Ma sono atone, cioè non hanno accento. Se ce ne sono oltre la decima sono sprovviste di accento.

Normalmente avrete l'accento sulla penultima, quindi sempre necessariamente sulla decima, più un'altra

sillaba atona. 28/10/14 sera

Riprendiamo il discorso relativo ai nostri due innamorati preferiti.

Abbiamo lasciato Francesca che esauriva la prima parte del suo discorso, con le tre terzine più famose di

tutta la Commedia probabilmente. Una prima parte del discorso in cui Francesca si muove su un piano

generale più che particolare, individuale.

Nel senso che di fatto parla come un libro stampato, parla citando continuamente una serie di autori e di testi

piuttosto conosciuti all'epoca.

"Amor ch'al cor gentil ratto s'apprende" citava Guido Guinizzelli;

"Amor ch'a nullo amato amar perdona" il trattato De Amore di Andrea Cappellano.

Il quinto canto è in generale un canto denso di riferimenti intertestuali, cioè di relazioni con altri testi

letterari. Questo è forse, di tutto l'inferno, il canto più metaletterario, dove la prima parte del termine, meta,

sta a indicare la tendenza di un testo poetico a contenere dentro di sé altre opere poetiche, e in questo caso la

pagina del testo, i versi danteschi diventano uno spazio in cui si discute del fare letteratura. Del fare buona

letteratura o del fare letteratura meno buona.

Nella prima parte Francesca cita Guinizzelli, cita Cappellano, cita i principi su cui si fonda l'amor cortese.

Abbiamo visto due diverse situazioni, da un lato Francesca che parla, espone i capisaldi dell'alor cortese,

dice amor, amor come lo intendono gli stilnovisti, come lo intendono prima ancora degli stilnovisti la scuola

siciliana, come lo intendono i provenzali, l'amore, quello che mi ha ispirato ad amare Paolo, ad innamorarmi

della sua bella persona, con un amore che nasce da uno sguardo.

Abbiamo visto come Dante reagisce al racconto di Francesca:

(109-110) Quand’io intesi quell’anime offense, china’ il viso e tanto il tenni basso → è un atteggiamento

quasi di prostrazione, certo di grande commiserazione, di grande compassione nei confronti dei due amanti,

tanto che Virgilio lo deve distogliere dai suoi pensieri.

(111) fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?» → Virgilio gli chiede a cosa caspita stia pensando.

L'atteggiamento pietoso e compassionevole di Dante non ce la conta giusta. Il poeta e critico dantesco

argentino Borges ha parlato a proposito di Dante di "pietoso carnefice", e occorre di nuovo introdurre quella

distinzione di cui abbiamo già parlato tra il Dante personaggio che muove all'interno del poema, che deve

trovare lo sbocco dagli inferi, e il Dante autore che ha scritto il poema.

E allora è facile distinguere tra il personaggio che compatisce, che mostra pietà, che mostra addirittura

empatia nei confronti di Francesca laddove, viceversa, il Dante autore è quello che li ha sistemati all'Inferno.

Che funzione può avere questa discrepanza tra il giudizio di Dante autore e il comportamento,

l'atteggiamento di Dante personaggio? Noi in qualche modo ci immedesimiamo nella reazione di Dante

personaggio. Il discorso è un po' sempre quello. Dante autore ha, tra gli altri problemi, quello concreto di far

credere al lettore una specifica cosa, vale a dire lo deve persuadere, lo deve convincere del fatto che il

giudizio non lo stia dando lui. Cioè lui scrive un poema sacro, ispirato da Dio, il che significa che tutto

quello che descrive dipende dalla volontà e dal giudizio di Dio, il che significa che lui deve far credere a noi

che il giudizio provenga direttamente da Dio.

E quale migliore escamotage per farci credere una cosa del genere se non, appunto, mostrarsi in quanto

personaggio che agisce all'interno dell'opera quasi in disaccordo con le pene che sono state assegnate?

Perché Dante personaggio in fondo ci dice quello, ci dice "fosse per me Paolo e Francesca non li avrei rdotti

in quello stato, in quella condizione", è un modo di "contestare" (molto tra virgolette) il giudizio, di far

credere che il giudizio non appartenga a Dante autore, e di far credere che quindi derivi direttamente ds Dio,

in quanto il giudizio di Dio è ovviamente inappellabile e indiscutibile.

La seconda questione, molto più importante, è la seguente: se Francesca ha fatto tutto quel che ha fatto, cioè

ha amato di un amore eccessivo al punto tale che l'ha spinta a tradire il proprio marito e a commettere un

peccato di adulterio, che poi ne ha procurato la morte e la dannazione, è stata ispirata da una concezione

d'amore, quella dell'amor cortese e dell'amor stilnovistico, qual è la concezione che Dante autore ha di quella

teoria d'amore? Una concezione negativa, nel senso che è un amore che nasce dalla carne, nasce dall'aspetto

fisico, dalla percezione fisica dell'oggetto amato, è un amore che va oltre i limiti e che come tale ti può anche

portare alla dannazione. C'è qui la condanna di un'intera concezione d'amore e se volete di un'intera

esperienza poetica del giovane Dante, il giovane Dante che muove le prime armi e che scrive i suoi primi

componimenti sull'onda dello stilnovo.

Sentirete spesso nominare la scuola dello stilnovo o la scuola dei poeti siciliani, quando si parla di scuola si

tende a creare un effetto di omogeneizzazione tra autori che in realtà possono essere anche molto diversi tra

loro. Guinizzelli e Cavalcanti sono tutti e due autori della scuola stilnovistica ma Cavalcanti ha una

concezione dell'amore che è completamente diversa da quella di Guinizzelli. Per Cavalcanti amore è

passione dei sensi che travolge l'intelletto, per cui la passione d'amore mai ti potrà elevare fino a Dio.

Comunque, il giovane Dante muove i primi passi entro quelli che sono i canoni dello stil novo, così inizia la

Vita Nova, quando incontra per la prima volta Beatrice e la rincontra nove anni dopo, l'amore nasce dallo

sguardo, nasce dalla presenza fisica di Beatrice, è beatificato nel momento in cui riceve il saluto da Beatrice,

è disperato nel momento in cui perde il saluto da Beatrice. Occhio però che già la reazione, questa prima

disperazione da parte di Dante, in parte viene fuori dai binari stilnovistici, nel senso che a un certo punto

Dante supera la crisi scrivendo, nella Vita Nova: d'ora in poi a me basterà semplicemente cantare la lode

della donna. Cioè non avrò più bisogno della presenza fisica di Beatrice, mi basterà semplicemente cantarle

la lode, non avrò pi bisogno del suo saluto, non avrò più bisogno di incrociarla per strada. E' già una prima

forma di superamento della presenza fisica della donna, poi il fatto che Beatrice muoia rappresenta l'ulteriore

superamento con tutta evidenza, Beatrice morta è già una donna che non è più una presenza fisica.

Rappresenta di fatto già un primo moto di distanziamento di Dante dallo stilnovo. Lo stilnovo con la

Commedia non ha più niente a che fare. Caratteristica dello stilnovo è, per esempio, il fatto che tratti un

unico tema, un unico argomento, che è l'amore. La Commedia parla di politica, di religione, di fede, di storia,

di fisica, non certamente solo d'amore. Da un punto di vista dello stile, si chiama dolce stilnovo, l'ha coniato

Dante il termine, non a caso, perché sta a identificare uno stile particolarmente dolce, uniforme, tagliato

verso l'alto. La Commedia è il trionfo del pluristilismo, della varietà degli stili e dei linguaggi. Quindi la

commedia è lontanissima dall'esperienza dello stilnovo, ed è lontanissima anche dalla concezione d'amore

che aveva lo stilnovo. Ma lo stilnovo non diceva che la donna è come un angelo e conduce a Dio? Intanto la

prima volta che ricorre in Guido Guinizzelli, proprio nella canzone manifesto "al cor gentile rempaira sempre

amore", paragona la donna ad un angelo quasi per scusarsi. Casomai Dio mi dovesse rimproverare il fatti di

aver amato tropo la donna terrena, lui dice "beh ma assomigliava a un angelo, quindi tutto sommato era

giusto che l'amassi così intensamente". La metafora della donna angelo, che esiste molto prima degli

stilnovisti, esiste nella poesia dei siciliani, esiste per i provenzali, è una metafora, che in Dante diventa una

vera e propria metafisica, nel senso che per Dante non è più semplicemente che la donna assomiglia, è come

un angelo. Nella Commedia Beatrice è di fatto un angelo, o meglio è di fatto colei che conduce fisicamente

Dante di fronte a Dio, quindi non è più un linguaggio metaforico, è proprio una via di fatto, Beatrice conduce

di fronte a Dio, innalza l'uomo fino a Dio. E lo può fare perché è totalmente sprovvista di un corpo, della sua

fisicità. L'ha avuta in passato, ovviamente, Dante passa attraverso l'esperienza anche dell'amore fisico,

dell'attrazione che nasce dallo sguardo, ma lo supera, il suo amore diventa un amore interamente spirituale,

ed è questa la ragione per cui Dante personaggio incontra Francesca e soffre del suo racconto, la compatisce,

può riconoscersi nella sua sofferenza d'amore ma la supera, e Francesca se ne

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A.A. 2014-2015
124 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Eli.M09 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Cannas Andrea.