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Il genio di Filippo Brunelleschi

"Molti sono creati dalla natura piccoli di persona e di fattezze, che hanno l'animo pieno di tanta grandezza ed il cuore di sì smisurata terribilità, che se non cominciano cose difficili e quasi impossibili, e quelle non rendono finite con maraviglia di chi le vede, mai non danno requie alla vita loro [...] come apertamente si vide in Filippo di ser Brunellesco, sparuto nella persona [...], ma d'ingegno tanto elevato, che ben si può dire ch'ei ci fu donato dal ciel per dar nuova forma all'architettura, già per centinaia d'anni smarrita; nella quale gli uomini di quel tempo in mala parte molti tesori avevano spesi, facendo fabbriche senza ordine, con mal modo, con tristo disegno, con stranissime invenzioni, con disgraziatissima grazia, e con peggior ornamento" (Vasari, Vite).

Con queste parole Giorgio Vasari attribuisce a Filippo Brunelleschi (Firenze, ...)

(1377-1446) l'onore di aver dato inizio alla nuova architettura del Rinascimento. Figlio del notaio ser Brunellesco Lippi, Filippo dovette avere una formazione che comprendeva anche lo studio della lingua latina. Erano tuttavia le scienze esatte quelle che più lo appassionavano e in modo particolare la matematica, come narra il suo biografo, Antonio di Tuccio Manetti (1423-1497). Ma soprattutto egli prediligeva il disegno, la pittura, la scultura e l'architettura. Dopo aver propria in qualità di orafo (come tale viene immatricolato all'Arte della Seta il 2 luglio 1404, avendone fatto richiesta a 21 anni, nel 1398) ed essersi poi affermato pubblicamente nel 1401 al concorso per la Porta Nord del battistero fiorentino, Brunelleschi dedicò tutta la sua vita all'architettura. Alcuni soggiorni di studio a Roma — i primi da collocarsi, verosimilmente, attorno al 1404-1409, assieme al giovane amico Donatello, e un successivo nel 1417-1418 — permisero

A Filippo di avere una profonda conoscenza dell'architettura degli antichi: «e veggendovi dentro molte maraviglie e belle cose (per-ché furono fatte in diversi tempi, e buona parte da maestri ecellentissimi [...]), fece pensiero diritrovare el modo de' murari5 ecellenti e di grandi artificio degli antichi e le loro proporzionimusicali […]. E veduto le gran cose e difici che erano intra esse […] non gli venne meno pensierod'intendere e modi che coloro avevano tenuti e con che strumenti» (Manetti, Vita di Filippo Brunelleschi).

Aspetti strutturali della costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore sotto la guida di Brunelleschi Forte di queste conoscenze, Filippo, che Maria dei Fiore già era stato consultato dall'Opera di Santa Maria del Fiore per questioni inerenti al completamento delle tre tribune (1404) e alla sopraelevazione deltamburo (1410) della cattedrale fiorentina, partecipò al concorso (bandito nel 1418 dalla

Potente Artedella Lana) per la realizzazione dellacupola, che ancora mancava per laconclusione della fabbrica. In queglianni la cattedrale della città toscanaera ancora senza copertura nellazona del coro e l'immane spazioottagonale su cui era stata previstauna cupola aveva il considerevolediametro di ben 78 braccia fiorentine,cioè circa 46 m. Se mettiamo in contoanche lo spessore del tamburoarriviamo a 92 braccia (pari a circa 54 m): dimensione che avrebbe impressionato qualunquearchitetto, per quanto coraggioso. Brunelleschi propose di costruire una cupola che noi oggichiamiamo autoportante, cioè capace di sostenersi (reggersi) da sé durante la costruzione, senza21richiedere l'aiuto delle armature di legno. La loro realizzazione, peraltro, sarebbe stataimproponibile per l’altezza dell'imposta della cupola (circa 50 m da terra), per la quantità dimateriale necessario e per l'incapacità di una qualunque armatura lignea

A sostenere il grandepeso della struttura durante l'esecuzione. La proposta sembrò folle: Filippo fu oggetto di scherno e per ben due volte fu portato via di peso dalla sala dove — alla presenza dei massimi esponenti dell'Arte della Lana — maestri toscani, italiani e stranieri presentavano le loro proposte e discutevano su come voltare I la cupola fiorentina. Alla fine, però, il suo progetto ebbe la meglio su quelli, spesso anche stravaganti, degli altri concorrenti. Nel 1420, dunque, egli poté iniziare la costruzione della "grande macchina" — come Michelangelo definì la cupola della cattedrale di Firenze. A Filippo venne dato per compagno nell'impresa Lorenzo Ghiberti, che pure aveva presentato un suo progetto non ebbe più una parte di rilievo nella costruzione. Con Brunelleschi, d'altra parte, nasce una nuova figura di moderno architetto: un artefice geloso delle sue invenzioni e orgoglioso del proprio ruolo intellettuale,

tanto da richiedere per sé solo il controllo dell'intera opera, dall'ideazione all'esecuzione finale. La cupola si erge su un tamburo ottagonale forato da otto grandi finestre circolari (oculi) che danno luce all'interno. Vista dall'esterno essa appare come una rossa collina segnata da otto bianche nervature marmoree che convergono verso un ripiano ottagonale. Su questo poggia una leggera lanterna cuspidata (a punta) stretta da otto contrafforti avolute (coprire gli edifici con una volta) (le prime volute del Quattrocento), simile a un isolato tempietto a pianta centrale. La cupola è talmente alta e maestosa che, come scrisse il Vasari, "i monti intorno a Fiorenza paiono simili a lei". L'Alberti, sottolineandone il valore tecnico e, per riflesso, la fama che essa dava a Firenze che poteva, perciò, primeggiare sulle altre città toscane la descrisse suggestivamente come "struttura sì grande, erta sopra e' cieli".

ampia da coprire con sua ombra tutti i popoli toscani. La grande struttura è costituita da due calotte distinte, una interna (di grande spessore) e l'altra esterna (più sottile). Fu Filippo Brunelleschi a volerla così "per conservarla dallo umido e perché la torri più magnifica e gonfiata". Tra l'una e l'altra calotta esiste, quindi, un'intercapedine, cioè uno spazio che rende possibile la presenza di scale e corridoi, percorrendo i quali si giunge sino al piano su cui si imposta la lanterna. Le due calotte ogivali sono collegate da otto grandi costoloni d'angolo, i soli che si vedono anche dall'esterno perché rivestiti di creste di marmo bianco, e da sedici costole intermedie disposte lungo le facce delle vele. Costoloni e costole intermedie sono anch'essi uniti per mezzo di 9 anelli in muratura. Contrariamente a quanto avviene per le volte gotiche, che prevedono che i costoloni (struttura portante)

siano costruiti per primi e poi si proceda con le vele (elementi di semplice tamponamento, perciò portati), la cupola fiorentina è costruita tirando su contemporaneamente e con omogeneità costruttiva tutte le parti, strettamente connesse le une alle altre e tutte 22 portanti. Come abbiamo accennato, la cupola è autoportante e nessuna struttura lignea fu usata per sorreggerla durante la costruzione. Dovettero essere adoperate solo delle centine mobili in corrispondenza degli angoli dell'edificio, per guidarne correttamente il tracciato a quinto acuto. La possibilità di costruire l'immensa mole di mattoni è dovuta a due fattori: all'impiego della muratura a spina di pesce e all'aver costruito una cupola di rotazione e non una semplice volta a padiglione. La spina di pesce è una tecnica, dedotta dall'opus spicatum romano, che consiste nel disporre dei ricorsi di mattoni verticalmente, di seguito ad altri collocati di piatto. In talmodo l'intera doppiacupola è attraversata, da parte a parte, da un insieme di "eliche murarie" che stringono la muratura raccogliendosi alla base della lanterna. Filippo Brunelleschi trattò la cupola - che ha l'aspetto di un padiglione a pianta ottagonale - come una cupola di rotazione. Infatti i mattoni non sono disposti su piani orizzontali, ma risultano inclinati verso i loro centri di curvatura e giacciono su superfici coniche. Che tale fosse la tecnica adottata da Filippo lo si può riscontrare anche salendo sulla cupola stessa: i mattoni di ciascuna vela - filare per filare, da un costolone all'altro - risultano tutti inclinati secondo una curva che ha il massimo della sua concavità proprio nel centro di ogni vela. La costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore, con i problemi che essa comportava - scelta delle tecniche costruttive, organizzazione del cantiere, invenzione di macchine per sollevare

I pesi e per risparmiare fatica — tenne occupato Brunelleschi per tutta la vita. Ci vollero, infatti, ben sedici anni — dal 1420 al 1436 - per poter concludere la struttura con l'anello di chiusura (l'apertura, o occhio, sommitale a pianta ottagonale) sul quale avrebbe dovuto essere edificata la lanterna. Per quest'ultima, inoltre, Filippo dovette affrontare un nuovo concorso che pure vinse: alla sua morte (1446), però, la lanterna era ancora in costruzione. Tuttavia, non appena ultimata (o forse anche prima), la «grande macchina» — che nel corso dei secoli ha stato l'interesse di molti architetti che ne hanno tratto spesso dei rilievi, confrontandone le dimensioni con quelle del Pantheon e di San Pietro — cominciò a lesionarsi. Le lesioni (profonde rotture della muratura che vanno dalla lanterna fin oltre il tamburo) interessano soprattutto quattro delle otto vele, quelle che non hanno il contrasto di parti della fabbrica.

che si comporta no come grandi contrafforti (tali parti sono le tre tribune e il corpo longitudinale della cattedrale). Per il loro studio fu creata un'apposita commissione granducale già a partire dal 1695 e venne persino progettato di circondare (cerchiare) la cupola e il tamburo con quattro grandi catene di ferro che si opponessero alla dilatazione e al propagarsi delle fratture, progetto che non andò in porto, benché una catena fosse stata addirittura costruita [Fig. 14.90]. Dal 1988, poi, è in funzione un sistema automatico di monitoraggio elettronico mediante il quale è possibile il controllo continuo dello stato delle fessure. Cupola di Santa Maria del Fiore, Firenze 23 Donatello Donato di Niccolò di Bevo Bardi, detto Donatello, nasce a Firenze nel 1386. Di modestissime origini, inizia il suo apprendistato artistico presso la bottega del già affermato Ghiberti, dal quale acquisisce sia le tecniche della fusione in bronzo sia l'amo
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A.A. 2020-2021
251 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aquiri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di storia dell'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Tedeschi Francesco.