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ELEMENTI CHE FANNO DIVENTARE IL FU MATTIA PASCAL UN
ANTI-ROMANZO:
il fluire di elementi dal romanzo al saggio e il fatto che il romanzo sia una
sperimentazione pratica del saggio sull'umorismo fanno capire che c'è una continuità
fra questi due, la quale è novità per il genere, proprio perchè nel romanzo stesso
Pirandello riflette sulla crisi del romanzo tradizionale. Mazzacurati (in "pirandello nel
romanzo europeo", saggio in cui Mazzacurati legge Pirandello in rapporto alle
esperienze europee) dichiara che il fu mattia pascal è il primo anti-romanzo di
Pirandello e che sia anti-romanzo lo vediamo bene nel I tipo di romanzo, quello del
Fu Mattia, la cui conclusione avviene nei due luoghi simbolici al centro della scena,
che sono la biblioteca (a cui Mattia affida la propria autobiografia, sfidando le rovine
del vecchio universo tolemaico) e il cimitero.
Sono due luoghi -è stato detto da Mazzacurati- che sono espressione di un sogno
protagonistico che è andato male e che si è esaurito, di una centralità perduta dell'eroe
romanzesco, che poi diventerà il personaggio scenico: dunque c'è un personaggio che
si colloca agli antipodi di altri personaggi precedenti a Pirandello, come gli eroi della
vita sublime dannunziani, a cui Pirandello contrappone gli eroi della vita interstiziale
(perchè vivono in spazi interstiziali, minimi), sopravvissuti non tanto alla caduta
dell'universo tolemaico (che è troppo lontana), quanto alla catastrofe dell''ideologia
800esca, cioè la crisi dell'ideologia 800esca condanna questi eroi al nichilismo.
Sopravvivono alla catastrofe di cui lo schianto vero e proprio sarà la IGM, evento che
porterà a compimento un processo di crisi degli intellettuali e della cultura di fine
800, che nella prima parte del secolo assumerà aspetti divesi, perchè per Pirandello è
la reificazione e il nichilismo del personaggio, per altri sarà il vitalismo. In qualche
modo questa cultura ha il suo ultimo esito con la guerra, da tanti intellettuali auspicata
come la rigenerazione del mondo, come Marinetti che dice "guerra, la sola igiene del
mondo" e D'Annunzio (moltissimi intellettuali vogliono la guerra alle soglie del
1915). Fra le molte reazioni ci sono anche i personaggi di Pirandello, che vivono
sopra la storia (come vorrebbero vivere gli eroi di D'Annunzio, contrapponendosi alla
crisi inventandosi una superiorità agonistica, ma nemmeno dentro, ma sotto la storia)
e che scelgono, contro lo smacco dei grandi miti, la forze che incombono del passato
con una retorica opprimente e vana, l'isolamento silenzioso nel loro cerchio senza
compiti, mandati, maschere e destini. Per questo il simbolo più esplicito del romanzo
è la biblioteca che segna la morte della cultura occidentale che ha reso impossibile il
romanzo e la tragedia, e che ha reso la storia infinitesimale, piccolissima. Questo è il
senso ultimo del primo romanzo, che è il primo anti-romanzo.
Tuttavia l'antiromanzo consiste proprio in questo: la consapevolezza della crisi del
romanzo tradizionale. Il romanzo del fu mattia ce l'ha, però esita a staccarsi dal
romanzo formale, tradizionale, preferendo disintegrarlo dall'interno. Dunque è un
lavoro incompiuto e questo spiega anche il perchè il romanzo storico di Pirandello -i
vecchi e i giovani- si muova fra quella tradizione e il suo rovesciamento.
Il romanzo ha già degli elementi inconsueti della tradizione, soprattutto
quell'alternanza che sarà poi tipica del suo libro più antiromanzesco (Serafino
Gubbio), cioè l'alternanza di narrazione e meta-narrazione, cioè l'alternanza fra
racconto dei fatti e la riflessione sulla narrazione (racconto vs riflessione teorica).
Attraverso questi passaggi Pirandello mette in crisi la verità della narrazione.
Anche nel romanzo dei vecchi e giovani si arriva a mettere in discussione la verità
della narrazione, proprio come nel fu mattia Pascal, il quale dice che "l'opera è
scritta per distrazione dall'unica verità, niente ha senso nel mondo e a questo non
senso di tutto non si sottrae neanche la scrittura": è chiaro che uno che dice così non
crede alla veridicità della narrazione. Questa messa in crisi della validità di ciò che
uno racconta (per i naturalisti c'è il patto di verità con il lettore), porta a fare un patto
diverso con il lettore, perchè Mattia denuncia la non-esistenza della verità dei fatti che
lui racconta (accade anche nella coscienza di Zeno, nella premessa del dottor S. in cui
si dice che quanto sta per raccontare è un cumulo di verità e di bugie, stessa cosa che
fa Pirandello quando parla del suo autografo). Altro elemento anticipatore è dato dalla
scelta del modo di raccontare, perchè è un romanzo confessione o romanzo
soliloquio: a parlare in prima persona è Mattia che parla con se stesso, che poi è
segnato a esclamazioni, interrogazioni e domande retoriche. Per questo motivo c'è
stile recitativo-teatrale e ciò toglie naturalezza alla storia, perchè se il personaggio
agisce non sulla vita, ma su un palcoscenico la veridicità non c'è più, ma c'è una
deformazione del personaggio nella direzione espressionistica, cioè è un modo di
andare oltre la realtà, che è un modo per accentuare questa impossibilità della scrittura
letteraria di restituire la verità. La vera rottura della struttura di romanzo si avrà in uno
nessuno e centomila, perchè lì non accadranno fatti, ma ci saranno solo riflessioni e il
ragionamento interiore del protagonista. Infatti uno nessuno è tardo rispetto al saggio
sull'umorismo e nel mezzo abbiamo una storia che si può leggere in modo teleolgico,
che significa che ha un fine e un'ascensione: cioè in questo percorso di romanzi si va
dal primo tentativo di anti-romanzo fino al conseguimento totale dell'antiromanzo, ed
è un percorso accidentato. Perchè? perchè lui lavora a più cose in contemporanea.
Quindi la tesi che lui via via si svincola dal naturalismo in un percorso lineare non è
del tutto giusta perchè in questo percorso ci sono passi avanti e indietro. Il percorso è
complicato, anche perchè le date di pubblicazione non per tutti i romanzi
corrispondono alle date di scrittura ed il caso eclatante è uno nessuno e centomila,
cominciato insieme ai vecchi e i giovani e con gestazione lunghissima. Nel mezzo ci
sono esperimenti di tipo diverso, come anche "suo marito", dedicato a Grazia Deledda
in cui Pirandello attraverso la figura della donna scrittrice riflette sulla scrittura.
I QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE: esce per la prima volta a puntate
sulla nuova antologia fra giugno e l'agosto del 1915 con il titolo di "si gira", che indica
l'azione del protagonista che gira la manovella della cineprese e l'ambientazione di tipo
cinematografica del romanzo, poi in volume nel 1916 da Treves sempre con lo stesso titolo, e
infine con il titolo di "i quaderni di Serafino Gubbio operatore" in volume con varianti nel
1925 da Treves.
Edizioni:
1915 a puntate sulla nuova antologia
1916 in volume da Treves
1925 con il nuovo titolo da treves
Il romanzo è l'ultimo attacco radicale da parte di Pirandello alla cultura di tipo positivistico e
al progresso, ed è un romanzo che esce negli anni della guerra che parla della guerra.
Il titolo "quaderni" richiama la dizione strutturale, mentre l'altro era più etichettante
dell'ambiente del personaggio.
Il romanzo è in forma di diario e presenta in questa forma di diario con la voce del
protagonista una vicenda ambientata a Roma, la Roma delle prime imprese cinematigrafiche.
Il libro ricostruisce i comportamenti di questo ambiente, nella fase pienissima della storia del
cinema. Il romanzo ricostruisce i comportamenti artificiali, distruttivi, pieni di lacerazioni
sentimentali e ricostruisce la vita di relazioni in un mondo dominato dalla macchina, dal
mercato e dalla velocità. Al centro della storia c'è la figura dell'attrice Varja Nestorov, che è
la regolatrice di questi rapporti e relazioni artificiali e distruttive che caratterizzano questo
mondo, il mondo della modernità. Lei moltiplica dentro di sè il senso del vuoto, della
finzione e dell'artificio e mette insieme atteggiamenti tipici del divismo, cioè lei è diva del
cinema che incarna in sè tutta l'artificiosità delle relazioni, le quali connotano il mondo in cui
si trova Serafino. Lei è caratterizzata proprio dall'artificiosità e dall'esere prigioniera del suo
divismo, che hanno esiti mortali della storia di vita di un personaggio amico di Serafino che è
Giorgio Mirelli, che si uccide per amore di lei quando capisce che lo ha già tradito con un
altro. Questo suicidio viene ad incarnare nel romano un polo del romanzo, cioè quello delle
origini provinciali, del tempo dell'infanzia e della memoria e del tempo della natura
incontaminata. Il suo suicidio denuncia un po' la perdita di tutti questi valori. Il tema non è
nuovo rispetto al fu mattia pascal, però con la differenza che il binomio è molto più forte in
tutto il romanzo, perchè in esso si alterna tempo della natura e della vita non alienata, e
tempo della storia identificata da un antistoricista nel tempo dell'industria e della merce.
Questa riflessione (in cui si contrappone da una parte il mondo delle macchine e della merce,
dall'altra un mondo incontaminato che è quello della natura messo a confronto con la storia
per costatarne il fallimento) per i tempi di Pirandello è una riflessione nuova e geniale.
Queste due polarità si contrappongono all'interno del romanzo e già nella prima parte a
Serafino basta un ricordo di Giorgio, amico d'infanzia, per far scattare l'immagine della casa
d'infanzia. Serafino continuamente sente il richiamo di qualcosa che è al di là della realtà
degradata del presente della storia, che coincide con la macchina, la merce e l'alienazione.
C'è sempre infatti il rimpianto di qualcosa che appartiene al passato, ma non è scrittore
nostalgico, è la dichiarazione totale della caduta di ogni illusione: quel mondo della natura e
provinciale raccontato nel corso del racconto è destinato a soccombere, senza nessuna
speranza che possa riscattare la modernità. In questo ultimo punto c'è l'innovazione del
romanzo di Serafino, libro totalmente privo di spera