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I recenti manuali dedicati alla pianificazione strategica e la loro importanza
I sociologi della città considerano i recenti manuali dedicati alla pianificazione strategica una fonte inesauribile di termini e di riferimenti rilevanti dal punto di vista concettuale, che poiché caratterizzati da un discreto spessore tecnico è necessaria una certa cautela nel loro utilizzo. Ancor prima di analizzare l'utilizzo di questi termini, è necessario osservare la frequenza con cui questi concetti sono stati utilizzati. Parole come città, partecipazione, visione, governance, appaiono come i termini maggiormente utilizzati all'interno di un recente manuale (Tanese, 2006). All'interno dello stesso, il metodo della pianificazione strategica viene considerato come un modello di riferimento per sperimentare una nuova forma di governance territoriale e il medesimo manuale definisce la governance metropolitana come il processo attraverso il quale i cittadini risolvono collettivamente i loro problemi e affrontano le necessità della.
società usando il governo come strumento. Il percorso che porta alla formulazione di un piano strategico deve essere caratterizzato da un processo all'interno del quale deve esistere una visione condivisa attraverso la partecipazione, un patto tra amministratori, attori e cittadini, un coordinamento delle assunzioni di responsabilità da parte degli attori coinvolti, una riduzione delle complessità locali. Sono indispensabili tre elementi per garantire il successo di tale percorso: una leadership costituita da un individuo carismatico di cui deve essere riconosciuta la sua autorevolezza, un partenariato costituito da un intenso network di relazioni tra attori pubblici e privati e una partecipazione attiva al processo. Il percorso alla pianificazione strategica può essere articolato in fasi: una di avvio caratterizzata dalla motivazione/mobilitazione degli attori rilevanti nell'organizzazione del processo e nella raccolta delle risorse necessarie, una dicostruzione del piano dove deve essere prodotta la visione strategica della città-territorio attraverso la partecipazione ai forum deliberativi e una di attuazione, monitoraggio e valutazione del piano. La letteratura sulla pianificazione strategica è abbastanza concorde sul fatto che le città soprattutto quelle europee si impegnano più o meno attivamente nella ricerca di originali forme di governance volte a restituire un'immagine di loro stesse come attori collettivi e che questo obiettivo possa essere perseguito attraverso percorsi di pianificazione strategica. La governance è l'insieme (talvolta piuttosto differenziato) dei processi attraversi i quali, nelle democrazie contemporanee, vengono prese decisioni autoritative aventi valenza generale, caratterizzate dalla decisiva compartecipazione di attori non istituzionali ai processi decisionali ed attuativi. Le istituzioni governative detengono comunque poteri determinanti. Ciononostante, esse dasole non riescono più a mobilitare quelle risorse che consentono di decidere ed incidere. Il passaggio teorico da governo a governance segna la nascita di un forte contrasto con la situazione che si aveva in precedenza, in cui le istituzioni governative (i ministeri e l'apparato burocratico centrale) erano in grado di decidere ed attuare le decisioni prese autonomamente.
Oggi tale meccanismo non sarebbe più possibile, a causa dell'insorgere di una notevole interdipendenza tra i livelli istituzionali. La pianificazione strategica oltre ad essere uno strumento necessario per attrezzare le città di determinate competenze all'interno di una situazione globale di crescente cooperazione e competizione interurbana, rappresenta bensì un dispositivo efficace di governo dei processi di ridefinizione territoriale prodotti dalla globalizzazione nei quali le città agiscono come integratori del sistema. La pianificazione strategica è utile a rafforzare
la coesione e la coerenza delle relazioni locali, incentivare la costruzione di relazioni settoriali a distanza tra network internazionali, favorire processi di agglomerazione tra centri urbani tra loro prossimi allo scopo di ottenere delle competenze atte a concorrere con altri sistemi territoriali europei e mondali. All'interno dei manuali sulla pianificazione strategica varie testimonianze convergono sul fatto che le interazioni delle reti di attori tendano a privilegiare un approccio decisionale di tipo deliberativo. I processi decisionali una volta considerati arene del potere caratterizzati da scontri di interessi e autorità, ora sono contraddistinti dalla presenza di forum deliberativi. Quest'ultimi sembrano rispondere all'esigenza di trovare delle forme e dei luoghi di interazione idonei all'evoluzione dal government alla governance. I forum deliberativi vengono definiti come patti senza spada, cioè come politiche pubbliche di natura negoziale e.I patti che si basano sul consenso, sulla ricerca dell'intesa e sugli accordi di partenariato. In tal senso, l'interazione tra gli attori coinvolti viene concepita come un modello di produzione sociale. Il potere di questi patti è esercitato come un'attività volta a produrre risultati attraverso la cooperazione e l'apprendimento. La pianificazione strategica può essere quindi vista come un modo di produzione sociale, ovvero come un sistema di arrangiamenti informali attraverso i quali gli apparati pubblici e i gruppi di portatori di interessi privati interagiscono in maniera tale da produrre e attuare decisioni di governo. I patti senza spada sono efficaci se le interazioni costruite all'interno dei forum deliberativi dimostrano la capacità di affrontare una non convenzionale attività di problem-solving. Il successo di un piano strategico dipende dalla quantità e dalla qualità dei forum deliberativi che la governance
locale è in grado di attivare, mantenere e rinnovare allo scopo di allargare l'interesse e il consenso intorno ad alcuni obiettivi del piano stesso. Il maggior numero di arene deliberative può risultare una risorsa se intesa come un sistema per la produzione di incentivi selettivi fruibili da network specialistici e necessari per radunare e mantenere la partecipazione di un elevato numero di piccoli gruppi intorno al processo di pianificazione. La questione della produzione sociale può essere considerata anche sotto un punto di vista pedagogico e comunicativo. All'interno del processo della pianificazione, il ruolo della comunicazione è molto importante; esso si estende a tutti gli aspetti del processo perché la costruzione concertata e coordinata della visione progettuale implica che gli attori della pianificazione strategica producano e impongano delle categorie di pensiero che dovrebbero essere applicate spontaneamente a tutti gli oggetti delcontesto urbano o metropolitano. È necessaria percui, un'attività comunicativa, volta a definire i termini del discorso pubblico. Alcuni autori riconoscono la dimensione pedagogica nei metodi e nelle tecniche di auto-interrogazione della società, che permettono a molti di esprimersi e insistono sulla partecipazione. Il ruolo pedagogico della pianificazione strategica viene identificato inoltre come uno strumento di regime, nel senso datone da Antonio Gramsci, ovvero come un insieme di relazioni, mediazioni e regolazioni con le quali vengono stabiliti alcuni interessi locali senza ricorso alla coercizione, ma attraverso un sistema di attività politiche e culturali.
Vi è un crescente dibattito sull'utilità di considerare le città come attori collettivi. Secondo alcuni autori un attore collettivo è caratterizzato da determinati elementi: un sistema di decisione collettiva, interessi comuni e percepiti come tali, meccanismi di integrazione,
Una rappresentazione interna ed esterna dell'attore collettivo e una capacità di innovazione. La città come attore collettivo affronta attualmente, il dilemma del progressivo aumento del costo sociale causato dalla frammentazione delle politiche urbane e risente dei problemi posti dal proprio posizionamento strategico sulla scena mondiale. Con l'avvento della globalizzazione, le città sentono l'urgenza di dotarsi di modelli di regolazione condivisi al fine di conseguire al meglio i propri fini, e di riprodurre forme di identità locale che il nomadismo dell'economia tende ad annullare. Dal punto di vista interpretativo, i sociologi urbani di derivazione neoweberiana e gli economisti urbani interessati a superare il paradigma classico, convergono sulla questione di considerare la città come attore collettivo.
L'economista urbano Camagni, propone cinque tesi sulla pianificazione strategica che danno spazio a questa convergenza:
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