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HARLES AUDELAIRE UNE PASSANTE
Urlava attorno a me la via, senza pietà.
Alta, snella, in gramaglie, sovranamente triste,
con sontuosa mano sollevando le liste
dell'abito, guarnito di ondosi falbalà,
e con gamba di statua, passò una donna:vidi,
bevvi nell'occhio suo, con spasmi d'insano,
come in un cielo livido, gravido d'uragano,
dolcezze ammalianti e piaceri omicidi.
Fu un lampo... poi la notte. Fuggitiva beltà,
nel cui sguardo, all'istante, l'anima mia risorse,
non ti vedrò più dunque che nell'eternità?
Altrove, e via di qui! Troppo tardi! mai, forse!
Poiché corriamo entrambi a ignoto e opposto sito,
o tu che avrei amato, o tu che l'hai capito! 33
Incontro con una passante
Baudelaire scrive un sonetto come Dante.
Come in Dante abbiamo un incontro cittadino, solo che la Firenze
medievale dove incede l'umile regina-angelo Beatrice è ben diversa da
un boulevarde parigino, è diversa da Parigi, la capitale del secolo XIX,
una grande metropoli dove si è appena attuata da riforma di Osmanne
che prevedeva una ristrutturazione della fisionomia urbana e Parigi si
poteva chiamare 'metropoli'.
La metropoli è un luogo dell'incontro fortuito, perché il nuovo
protagonista della modernità è la città e la folla. La folla cittadina
(che poirta con se volto anonimo delle masse cittadine) è quella che
caratterizza il carattere mobile e persino febbrile del movimento
cittadino.
L'incontro urbano di grandi masse che vanno in direzioni diverse, dove
si incontrano e si scontrano come fiumi in piena questi boulevaire
parigini che con la riforma Osmanne erano stati ulteriormente allargati
per ricevere questo traffico nuovo che prevedeva anche carrozze e
cavalli; da Baudelaire abbiamo la testimonianza di come lui sia la
prima vittima del modernismo, dello stravolgimento in senso
metropolitano della vecchia Parigi che era cara al suo cuore di ragazzo
che adesso stenta a riconoscere in questo vorticoso traffico.
Dentro il traffico ci sono spostamenti umani di una folla enorme,
tumultuosa, paragonata a una fiumana, a un oceano dentro il quale
fluttua l'anonimità della metropoli cittadina, cioè grandi masse di
sconosciuti che si incontrano e si scontrano.
Ci sono anche qui delle apparizioni = questo è un collegamento con
Beatrice, solo che quest'ultima la guardano tutti, qui invece è il turbinio
della folla che ora inghiotte, ora sputa fuori dei volti, ma tutte queste
apparizioni non sono apparizioni statiche come quella di Beatrice; qui
abbiamo apparizioni attimali: per un attimo la folla ci fa individuare un
volto che poi sparisce perché ringhiottito dalla folla.
È un gioco fra l'anonimato e l'identità. Come si può riconoscere un
volto fra la folla? All'altezza della metà dell'Ottocento Baudelaire
registra lo shock dell'incontro metropolitano.
Nel momento in cui la città si trasforma in metropoli moderna chi è che
si può incontrare? Non si incontra una donna-angelo che Dante conosce
fin dalla sua tenera età; qui abbiamo una apparizione, uno squarcio nel
buio, una luce improvvisa nel grigiore della vita metropolitana. Quindi
l'incontro è molto diverso come scenario rispetto a quello medievale.
Tuttavia c'è un residuo di epifanico e sublime perché Baudelaire dice ah
se ti avessi potuto conoscere!
Siamo tutti sperduti nella folla perché questi volti che avrebbero dovuto
rappresentare il destino di incontro spariscono e quindi l'esperienza
della felicità dura soltanto un attimo, per un attimo si intravede la
possibilità di felicità e poi tutto scompare; il sublime dura un attimo ed
è tutto nella mente di chi rimpiange l'occasione perduta; la felicità della
bellezza appaiono con i segni del lutto perché si danno come delle 34
esperienze impossibili o perdute; per un attimo un volto può essere
quello della nostra salvezza, del nostro destino, ma poi dobbiamo fare i
conti con la folla che trascina fuori lontano dal mondo. 35
Commento
Siamo in situazione metropolitana ma non c'è nessuna descrizione della
città, la evinciamo dal fatto che della folla cittadina sentiamo il rumore.
La rue assourdissante: la strada è assordante.
Non c'è la descrizione fisica della città ma solo i rumori della folla, e
poi l'apparizione della donna:
alta, snella, in gramaglie (parola in disuso per dire 'in lutto'), dolore
maestoso.
C'è un incontro di sguardi: io bevvi nell'occhio suo: in Dante c'era lo
sguardo estatico di chi contempla, qui abbiamo lo sguardo di un altro,
due sguardi che si incontrano nella folla; basta questo per ridurre in una
situazione atroce colui che guarda.
Crispè comme un extravagant: l'uomo è rattrappito, raggrinzito come
un pazzo (extravagant)= con spasmi di insano; questo sguardo lo ha
folgorato come un fulmine.
situazione parigina: è grigiore, oppressione, lutto: come un cielo livido,
gravido d'uragano.
Io bevvi dal suo occhio la dolcezza che affascina e il piacere che
uccide= folgorazione romantica del tipo amore-morte, amore al primo
sguardo e poi morte perché subito dopo l'incontro c'è un
allontanamento.
Fu un lampo: centralità dell'attimo; anche la seconda parte del sonetto
fu un lampo poi la notte.
Segue l'invocazione alla donna: fuggiva beltà...eternità.
O toi que j'eusse aimèe, o toi qui le savais!= o tu che avrei voluto
amare, o tu che l'hai capito!.
Io ignoro dove tu fuggi e tu non sai dove io vado.
I due vanno in direzioni opposte: c'è la folgorazione estatica della
bellezza che dura un attimo, non è più la contemplazione dell'incedere
di Beatrice sui lungarni di Firenze.
L'incontro di Baudelaire è un lampo, uno shock. La contemplazione
estatica dura un attimo.
Perché la donna è vestita a lutto?
Il lutto è nello sguardo dell'uomo; lo sguardo che vede per un attimo
l'oggetto della felicità e poi dopo si perde. È un 'oggetto' che si presenta
già come perduto, 'oggetto' di cui non si può godere a lungo e quindi il
lutto appartiene alla perdita, alla sconfitta dell'io che parla.
La donna di Baudelaire non ha più nulla della Beatrice di Dante intesa
come angelo (come cosa venuta a miracolo mostrare) però fino a un
certo punto: è una Beatrice secolarizzata, laica, una anonima donna di
un incontro cittadino; non è la 'Donna', ma per un attimo anche la
passante parigina fa intravedere una possibilità di grazia e di salvezza. 36
La donna non ha perduto quella caratteristica di salvare il poeta,
regalargli una apparizione che non è più apparizione in senso teologico
di Beatrice, è la rivelazione della bellezza.
Nel grigiore cittadino delle metropoli moderne in cui tutto si perde, il
poeta è sempre a caccia di una esperienza estetica, di cogliere la
bellezza solo per attimi, non è più contemplazione: è un fulmine che
illumina per un attimo la notte e poi lascia il poeta crispè comme une
extravagante.
L' uomo è tutto rapito e scioccato da questa visione e si porta dietro il
lutto della donna che per un attimo gli ha dato felicità e poi è scomparsa
nella folla.
La passante di Baudelaire non ha le stesse caratteristiche teologiche di
Beatrice ma conserva qualcosa dell'antica funziona salvifica: O te che
avrei potuto amare, se avessi potuto conoscerti! Forse se ti avessi
conosciuta avrei trovato la felicità invece la felicità viene inghiottita dal
buio della folla. 37
07 Marzo 2017
Dante racconta il passaggio di Beatrice per le strade di Firenze, ed è una
situazione che desta una reazione statica e ammutolita (di Dante in
primis e poi anche della popolazione fiorentina) e invece Baudelaire
intitola uno dei suoi più famosi sonetti del Fleur du mal (metà
dell'Ottocento) e lo dedica a una sconosciuta, a una passante vista per
un attimo nella folla.
Questo tema diventa un vero e proprio topos (=tema ricorrente) della
modernità e non solo ci sono molte declinazioni anche nella poesia
italiana di questo tema della bella sconosciuta incontrata casualmente
nella folla cittadina, apparsa per un attimo e poi scomparsa che lascia
un alone di bellezza e di rimpianto.
Questo topos si ritrova anche nella musica popolare: leggiamo due
versioni del tema: 'La passante' di George Brassaine e 'Le passanti' di
De Andrè.
Il linguaggio di Tanto gentile e tanto onesta pare: è una poesia ispirata
a quel tipo di poetare provenzale del trobar leu, il poetare dolce e
leggero a cui si ispira questa poesia.
Si vuole raccontare una apparizione, una epifania (dal greco epifaino=
mostrarsi), è un mostrarsi nel senso di apparire come miracolo.
Beatrice ha poco di umano, di lei non vediamo nulla, si parla solo dei
suoi epiteti (gentilezza, onestà, umiltà).
È un angelo che appare per le vie di Firenze e il poeta si incarica di dare
a voce a qualcosa che per definizione voce non ha perché si dice più
volte che ogni lingua divien tremando muta e anche gli occhi non
ardiscono di guardare.
Non c'è l'immagine di Beatrice, c'è un immagine smaterializzata,
oggetto di pure contemplazione mentale e a questo corrisponde la
dolcezza e la leggerezza dello stile, Beatrice è tanto eterea,
smaterializzata che le parole che cercano di descrivere questa epifania,
sono parole esse stesse smaterializzate, leggere, di una semplicità
sconcertante.
Nb: verbo salutare= è sospeso fra l'ambiguità del gesto convenzionale
dell'incontro ma ha anche una funzione salvifica, quella che poi
Beatrice dovrà incarnerà quando Dante sarà parlerà della sua ascesa al
Paradiso: Beatrice è colei che porta la salvezza, la beatitudine, la salute,
come è inscritto nel suo nome.
La donna è raffigurata secondo la funzione nobilissima e anche
subalterna per cui la donna è donna-angelo, donna sublime, colei che
porta la salute all'uomo cioè a colui che la descrive.
Questa è la contraddizione nella quale nasce la figura della donna nella
poesia italiana che è al tempo stesso sublime ma anche subalterna.
L'intento di Dante non è rappresentare uno spettacolo cittadino, ma di
enunciare una incarnazione di cose celesti e descrivere l'effetto che tutto 38
questo fa sullo spettatore, ma