Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
DIFFERENZE DI GENERE
Quando parliamo di **sesso** e **genere**, spesso queste due
parole vengono confuse, ma in realtà hanno significati diversi e
importanti. Il **sesso** si riferisce all’appartenenza biologica e
anatomica: una persona è maschio o femmina in base a
caratteristiche fisiche, ormonali e genetiche. Il **genere**,
invece, è qualcosa di più complesso: è l’esperienza psicologica,
culturale e sociale legata al vivere come uomo o donna. Il genere
è quindi legato a ruoli, aspettative e comportamenti che una
società attribuisce a uomini e donne, ed è una costruzione molto
più fluida rispetto al sesso biologico.
Lo studio psicologico delle differenze di genere
La nostra cultura è piena di **stereotipi** sulle donne, che spesso
si basano su un presupposto che viene chiamato “ordine naturale
delle cose”. Questo significa che si pensa che il ruolo femminile,
soprattutto legato alla riproduzione e alla cura della famiglia, sia
naturale e determinato biologicamente. Da questo punto di vista,
le donne sono viste come fondamentalmente diverse dagli
uomini, con caratteristiche che si rifanno a una divisione netta tra
azione (maschile) e sentimento (femminile).Questi stereotipi sono
riassumibili in alcune convinzioni diffuse:
1. Le donne sono diverse dagli uomini in modo evidente e
naturale.
2. Le donne sono considerate inferiori agli uomini, soprattutto
perché si pensa che siano più emotive e meno capaci di agire
concretamente.
3. La femminilità viene vista come la capacità di prendersi cura
degli altri, spesso a scapito del proprio benessere emotivo.
Questa visione si basa quindi su una concezione biologica e
stereotipata di cosa significhi essere donna.
Expectation States Theory (Wagner e Berger)
Secondo Wagner e Berger, gli stereotipi di genere si spiegano con
la **Expectation States Theory**. Questa teoria sostiene che la
società attribuisce uno status diverso ai gruppi di persone sulla
base di aspettative culturali condivise. In pratica, una categoria
sociale (ad esempio gli uomini) viene vista come più importante o
competente rispetto a un’altra (ad esempio le donne), e questo si
riflette negli atteggiamenti e nei comportamenti quotidiani.Gli
stereotipi, quindi, non sono solo opinioni personali ma si radicano
in aspettative sociali che influenzano chi ottiene potere e
prestigio, e chi invece viene marginalizzato o svantaggiato.
Dimensione culturale del genere (Hofstede)
Geert Hofstede ha studiato come la cultura di un paese influenzi
le aspettative legate al genere. Egli distingue tra culture
**maschili** e **femminili**:
* Le culture **maschili** valorizzano il potere, la realizzazione
personale e una minore espressione delle emozioni. * Le culture
**femminili** danno più importanza al supporto sociale,
all’interdipendenza e alla cura degli altri. Questo significa che il
modo in cui uomini e donne vengono percepiti e trattati dipende
molto dal contesto culturale in cui vivono.
La personalità e le differenze individuali
Quando parliamo di **personalità**, ci riferiamo a quell’insieme
di caratteristiche rendono ogni persona unica nel modo di
pensare, sentire e comportarsi. Allport, uno psicologo importante,
definisce la personalità come un’organizzazione dinamica interna
che guida il comportamento e i pensieri tipici di ciascuno. La
personalità predispone le persone a rispondere in modo diverso
alle situazioni, e quindi non possiamo ridurre le differenze di
genere solo a questioni biologiche o culturali: ogni individuo è
unico.
Modelli psicologici delle differenze di genere
La psicologia ha studiato le differenze di genere con approcci
diversi, ma nessuno di questi è privo di limiti:
1. **Il modello del soggetto neutro:**
Questo modello parte dall’idea che non ci siano differenze
strutturali tra uomini e donne, e quindi studia un “soggetto
neutro”. Il problema è che questo “soggetto neutro” è in realtà un
uomo bianco e eterosessuale, e quindi non rappresenta la varietà
reale della popolazione.
2. **Il modello della congruenza:**
Qui l’attenzione è sul legame tra identità di genere (maschile o
femminile) e il benessere psicologico. Si studia come il sentirsi “in
linea” con la propria identità di genere possa influenzare
positivamente la vita. Anche in questo
caso, però, si tende a concentrarsi maggiormente sugli uomini,
trascurando altre esperienze.
3. **Il modello della categorizzazione sociale:**
Questo modello spiega come si creino distinzioni tra gruppi (ad
esempio “noi uomini” vs. “loro donne”), con conseguenti
stereotipi, pregiudizi e discriminazioni. Le ricerche scientifiche
che usano questo modello mostrano come questi meccanismi
sociali si diffondano anche nella società, alimentando
disuguaglianze.Capire le differenze di genere è una sfida
complessa perché non si tratta solo di biologia, ma anche di
come la cultura, la società e la storia influenzano la nostra
percezione e il nostro modo di vivere il genere. La psicologia deve
quindi considerare questi aspetti insieme, evitando visioni
semplicistiche o riduttive.Oggi sappiamo che il genere non è
qualcosa di fisso o naturale, ma è una costruzione sociale che
cambia nel tempo e nello spazio, e che le persone possono vivere
e interpretare in modi molto diversi. Questo apre la strada a una
visione più inclusiva e rispettosa delle differenze individuali,
superando stereotipi e discriminazioni.
Stereotipi
Quando pensiamo agli **stereotipi**, dobbiamo sapere che il
concetto nasce già nel 1922 con Walter Lippmann. Secondo lui, la
nostra conoscenza della realtà non è mai diretta, ma sempre
mediata da immagini mentali che usiamo per interpretare il
mondo. Dato che l’esperienza è infinita e complessa, il nostro
cervello tende a semplificarla, raggruppando le persone in
categorie per capirle meglio. Questo processo di
**categorizzazione** è molto importante, perché ci aiuta a
formare idee su gruppi di persone, ma può diventare
problematico quando queste categorie vengono prese come
verità assolute.Gli stereotipi, quindi, sono come delle
“scorciatoie” mentali: sono reazioni immediate, fatte di emozioni
e giudizi, che abbiamo su un gruppo o una persona senza avere
una reale esperienza diretta. Possiamo pensare allo stereotipo
come a:
* Un modo di pensare spesso distorto e tendenzioso,
* Un atteggiamento rigido e persistente,
* Un meccanismo per organizzare informazioni e categorie nella
nostra mente.
La categorizzazione secondo Tajfel
Henri Tajfel ha approfondito il ruolo della categorizzazione,
spiegando che è un processo cognitivo fondamentale per
conoscere e giudicare la realtà. La categorizzazione serve a
raggruppare e semplificare le informazioni, ma ha due effetti
principali:
1. **Tendiamo ad accentuare le differenze tra gruppi** (per
esempio, tra uomini e donne).
2. **Tendiamo a sovrastimare le somiglianze all’interno dello
stesso gruppo**, ignorando le differenze individuali.
Per Tajfel, uno stereotipo è un’immagine mentale molto
semplificata di un gruppo o un’istituzione, condivisa da molte
persone.
Social Identity Theory (Tajfel e Turner, 1979)
Questa teoria ci spiega come gli individui, quando si trovano in
gruppo, tendano a identificarsi fortemente con il proprio gruppo
(l’**ingroup**) e a sminuire o screditare gli altri gruppi
(l’**outgroup**). Questa identificazione non è solo cognitiva (cioè,
basata sulla categorizzazione), ma anche emotiva, perché
influisce sulla nostra autostima: sentirsi parte di un gruppo
importante aumenta la nostra percezione di valore personale.
Teoria delle rappresentazioni sociali (Moscovici, 1984)
Serge Moscovici ci insegna che le **rappresentazioni sociali**
sono modi con cui rendiamo “familiari” cose nuove o strane. Per
farlo, usiamo due meccanismi:
1. **Ancoraggio**: cerchiamo di collegare idee insolite a
immagini o concetti già noti, così da poterli interpretare e capire
meglio.
2. **Oggettivazione**: trasformiamo qualcosa di astratto in
qualcosa di concreto e visibile, per poterlo “controllare” meglio.
Gli stereotipi rappresentano il nucleo cognitivo del pregiudizio:
sono immagini mentali stabili e semplificate di gruppi di persone,
che rispondono a certe aspettative sociali e che difficilmente
cambiano.
Stereotipi di genere
Gli stereotipi di genere sono un esempio chiaro di questa
dinamica: sono rappresentazioni condivise e generalizzate che
assegnano agli uomini e alle donne caratteristiche diverse,
spesso senza fondamento empirico. Questi stereotipi:
* Ignorano le differenze individuali e accentuano le differenze tra i
due sessi.
* Hanno una doppia funzione: descrivono come si pensa che
uomini e donne siano, ma anche come dovrebbero essere.
* Si basano su coppie di tratti contrapposti, come competenza vs
cura, forza vs dolcezza, indipendenza vs dipendenza.
* Spesso vedono gli uomini come attivi e responsabili, mentre le
donne come reattive e passive.
Ricerche sugli attributi di genere
* **Williams e Bennett (1975)** chiesero a studenti di indicare
tratti tipici di uomini e donne. Risultò che gli attributi maschili
venivano valutati più positivamente.
* **Spence e Bem (1974)** invece chiesero quali tratti fossero
ideali per uomini e donne, scoprendo che alcune qualità
tradizionalmente “femminili” come la gentilezza erano viste come
positive anche per gli uomini, e che le donne potevano aspirare
ad avere tratti come l’ambizione.
### Il Bem Sex Role Inventory (BSRI)
Sandra Bem nel 1974 sviluppò una scala, il BSRI, con tre liste di
aggettivi: alcuni tipici maschili, altri femminili, altri neutri. In base
ai punteggi, una persona poteva essere:
* **Sex-typed** (tipicamente maschile o femminile),
* **Androgina**, se aveva punteggi alti in entrambe le scale,
* **Indifferenziata**, con punteggi bassi in entrambe.
Bem scoprì che le persone androgine tendevano ad avere
maggiore adattabilità e benessere psicologico, dimostrando che
coesistono in noi tratti “maschili” e “femminili”.
Modelli di genere: unidimensionali e multidimensionali
* Il **modello della contingenza** vede la mascolinità e la
femminilità come opposti su un unico asse: più si è maschili,
meno si è femminili, e viceversa. Questo modello è stato criticato
perché si basa su stereotipi comuni e confonde il genere con il
sesso biologico.