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RELIGIONE
Gli uomini hanno creduto che fossero stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Ma come possono somigliare a Dio se non si dispone di un elemento con cui si possa operare una comparazione plausibile? Il discorso del "fine" è stato smontato da tutti i filosofi precedenti ed ora quindi formalizzato. I FINI NON ESISTONO. È nel CASO che si manifesta maggiormente l'intelligenza umana. La storia umana è la storia del decentramento. Si pensa che la Provvidenza è lo straordinario disegnatore della storia dell'uomo, a cui infonde fiducia. Ma un tale narratore non esiste, l'uomo è fatto per l'istante in cui muore. L'uomo pensa che tutto ciò che sia stato creato sia stato concepito per la sua unica soddisfazione. Pensare che la natura faccia da cornice e da elemento utile per la storia dell'uomo è il tratto fondamentale dell'Umanismo. Secondo questa concezione errata, anche il terremoto
Di Lisbona fa parte di questo disegno, e sarebbe quindi una conseguenza della cattiva condotta religiosa dei Suoi abitanti. Le origini della religione sarebbero due: la paura chimerica di forze che non esistono e la grande passione che gli uomini hanno per il racconto di un destino che non conoscono.
Casanova abbraccia la sua esistenza non con malinconia, ma con euforia, pur sempre nella consapevolezza che il destino non esiste. Egli non scrive un romanzo, ma descrive se stesso privo di un destino, l'esperienza non è il destino. Ma l'accumulazione di dati. La passione per la narrazione è infatti rifiutata sia da Casanova che dall'autore del famoso trattato.
Saint-Evremond scrisse "Lettre sur les plaisirs" (1657) ed è una sorta di studio sul principio del piacere. Si opera un passo nella considerazione di sé come essere umano dotato di sensibilità al gioia, al dolore ed al godimento. Il discorso di Saint-Evremond è più radicale.
Epicuro rappresenta la fondazione stessa di questo discorso il piacere=indolenza, il suo raggiungimento sta nell'astensione. La cautela è essenziale, anche l'assenza di dolore diventa in Saint-Evremond ricerca del piacere autentico, fine di ogni nostra azione. In questa lettera il piacere autentico è l'unico fine dell'uomo. "La sensibilità è l'alleata principale della ragione" (nelle prime pagine di Histoire de ma vie). L'impazienza di passare da un piacere all'altro è ingegnoso, ma ciò contrasta il pensiero stoico. "Rendersi disponibili agli allettamenti del piacere, e se non c'è, bisogna inventarselo".
Mercoledì 6 marzo 2013
Le due cause evinte da Nodè e dall'anonimo del trattato dei tre impostori sono:
- Assenza di destino nel teatro di forze naturali.
- Passione per la narrazione inverata nella religione stessa. Che aiuta lo stabilirsi
cuore in movimento. Lui è un critico, edice che Casanova delude perché noi ci aspettiamo meno superficialità. Saint Evremont basa tutto su un'assenza: manca la felicità logicamente presente dalle premesse: non basta star lì a vevere, sennò non sarà felice. Oltre a vivere devo anche cercare la felicità. La felicità nella ricerca della felicità, Leopardi, Camus. Ci vuole il divertissmant per Saint Evremont. Saint Evremont è più intelligente di Lametrie che è divertete perché va oltre ad ogni oltranzismo morale dell'epoca. La felicità per Saint Evremont parte da una minacciosa infelicità e si ne libera solo con il divertissmant che ti fa volgere lo sguardo da te stesso, ti distrae consapevolmente. È su questo termine che Saint Vremont in positivo e Pascal in negativo parlano del metter in atto il divertissmant. S.V. Dice io sento che posso essere felice e metto in atto
la diversione del divertissmant. Pascal: io sento sofferenza e reagisco con il divertissmant.Stesso ordine argomentativo, concetto medesimo ma idea della vita opposta. ( Pascal, pensieri345-350: gli uomini non guarendo la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno risolto con il nonpensarci. ) ( Per s.v. Pensare alla morte blocca la mia capacità cognitiva, è il blocco, per Pascalchi non pensa alla morte è un superficiale, non pensa. ) Le occupazioni, il gioco, leconversazioni, la caccia, l'arte, la gloria, la guerra, la scienza, ecco le cose in cui secondo Pascalsi cerca la ricerca delle cose, si cerca l'impossibile, si cerca la felicità che è inattingibile che devesempre cercare altro. ( Piquet e Bulevar) Montaigne fa della caccia un gioco, l'animale che staper morire, per essere colpito. La conversazione è ciò che manca all'Italia, è uno dei pilastrisignificativi della nostra società, la conversazione
Non come nei romanzi di Tolstoj o di Proust, è a conversazione che porta cultura, non è un piccolo gioco straniante come per Pascal, non è un piccolo bicchiere di Whiscky. La guerra è un divertissmant ( tema del tempo per Montale e Leopardi ( operette morali). Il gioco d'azzardo che si conclude puntualmente con il suicidio, i giochi in internet, facebook, il microazzardo quotidiano. La gloria è uno dei divertimenti per eccellenza, è incosistente e lacunosa, è qualcosa che non c'è quasi ma ci riempie e crea l'identità, ma l'identità è fallace. Io non posso essere la mia gloria. Pascal destruttura il sistema occidentale dei mestieri. C'è una polemica. La caccia, la guerra, la gloria e l'arte. L'arte? No chi ama l'arte non potrebbe pensarla così, il canto notturno, la divina commedia, mozart, tutto divertissmant? Nono è possibile... allora cosa possiamo fare?Se non possiamo fare nulla cosa dobbiamo fare? Pascal vuole la verità del vuoto, la verità del nostro nulla, mentre Saint Evremont vorrebbe riportarci ad alcune possibilità in movimento che stanno fuori di noi. La scienza stessa, i cui Pascal, il matematico è un campione. Pensiero 350 poteva scrivere S.Ev.: il movimento è libertà, la stasi è la morte. Lo scopo dunque di una concentrazione su noi stessi a partire da un'erosione dei divertimenti. Io devo tornare alla mia morte, al riposo assoluto che coincide con il pensiero della mia morte. Questo è ciò a cui ci vuole ricondurre questo deprimente (per S.E.) Pascal. L'infelicità deriva dal non sapersene stare tranquilli in una camera chiusa. Allora si compra un grado dell'esercito per muoversi, distrazione, agitazione, traffici (Seneca sulla speranza di muoversi...). (Montaigne libro III capitolo ottavo: è la caccia la nostra selvaggina).
L'uomo è pieno di tristezza, è triste per condizione, è strutturalmente infelice, ha un orizzonte incomprendibile che nega qualunque senso della vita. Il movimento è destituito di senso. Pascal sa che nella distrazione c'è una specie di verità, nel fucile, nella palla da biliardo, nel viaggetto, c'è una verità se è in grado di farmi felice. Infatto lui ne parla sempre del divertissmant. Ioo posso conoscere nelle trivialitis di Stern, nel moto sterniano, nell'asino morto ecc. Nelle divagazioni c'è un senso. Nella digressione, altra forma del divertissmant c'è una forma di verità. La differenza è che per Stern l'occupazione, il piacere, il moto la trivialitis derivada un più non da un no. Joice finisce con uno YES. È un sì quello del libertino. È la valutazione dello stesso concetto da partire da due presupposti diversi. Agostino: comeè vuoto il cuoredell'uomo. E' esattamente quello che c'è da dire.
Pacal: la distrazione non è vera felicità perché viene da fuori ma, nonostante ci siano principi diverità in quelle distrazioni (che sono utili come dimenticatoio) non è vero perché sta fuori di me.
Pensiero 365. solo quello che viene fuori di me è vero. (L'Augustinius di Gianseno è la base del pensiero giansenista). Non è vera felicità perché viene dall'esterno, dunque è dipendente da altro, non è me, non dipende da me, dipende da altro. La lepre potrebbe scappare e il divertimento cessare o la signorina potrebbe avere mal di testa e io non fo nulla. I pensieri sono del 1658.
Saint Evremont non nasconde l'infelicità dell'io, dice "non vorrei avere un commercio troppo lungo con me stesso, perché mi conduce all'infelicità e non riesco a pensare, se sono
"troppocomplessato non faccio nulla". La solitudine ci lascia un non so che di funesto per la nostra condizione. Il "non so che", il "Je ne sais quoi". L'estetica del non so che poi teorizzata da Montesquiet, io devo partire dal non so che, non so che sia l'elemento che fa l'arte rispetto ciò che arte non è. E' qualcosa di preciso come un bistury ma che non si sa che sia. Si può studiare 150 anni ma non capire nulla, ovviamente studiare per capire è importante. Il non so che è il gusto per la bellezza, premesso qui dal nostro Saint Evremont. Non so che cosa mi porti la solitudine. Un'ala malinconica, un'ombra che mi accarezza. E aggiunge: per vivere felici bisogna riflettere pochissimo sulla vita e uscire spesso come fuori di se. Per essere felici bisogna uscire spesso come fuori di se. Pensare alla propria caducità non ci porta a nulla. Ciò che saint evremont non capirebbe di Pascal"
è quello che Pascal raccomanderebbe come ricetta: vivere nell'intimo di sé pensando alla propria morte. Le conclusioni sono diametralmente opposte: Pascal: rinunciare alla felicità.