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M.
Un margine visivo è il luogo dove due diverse aree di un’immagine visiva si incontrano, quindi la
percezione di un bordo è la percezione del contrasto fra aree adiacenti del campo visivo.
Ogni margine che guardiamo è accentuato dai meccanismi di aumento di contrasto del nostro
sistema nervoso, la nostra percezione dei margini è incrementata rispetto alla realtà.
Studi classici sulle basi fisiologiche dell’aumento di contrasto sono stati condotti sugli occhi del
limulo, i quali occhi laterali, a differenza di quelli dei mammiferi, sono composti da recettori molto
grandi, chiamati ommatidi, ognuno fornito di un grande assone.
Per comprendere le basi fisiologiche del contrasto nel limulo occorre sapere due cose, la prima è
che un singolo ommatide è illuminato, questo scarica con una frequenza proporzionale all’intensità
della luce ricevuta, luci più intense producono una scarica maggiore.
La seconda è che, quando un recettore scarica, questo inibisce i recettori vicini attraverso la
connessione neurale laterale, questa inibizione è chiamata inibizione laterale, perché distribuisce
lateralmente attraverso una rete di recettori.
L’inibizione laterale è la capacità di distinguere linee, forme e contorni degli oggetti, determina la
prevalenza di uno stimolo forte, rispetto ad altri deboli applicati a zone che possiedono più campi
recettivi in comune.
Le basi neurali dell’aumento di contrasto possono essere intese in termini di frequenza di scarica
dei recettori su entrambi i lati di un margine.
La ricerca di Hubel e Wiesel ha spiegato molto dei meccanismi neurali della visione, e il loro
metodo è stato adottato dalle generazioni successive di neurofisiologi dei sistemi sensoriali.
I soggetti delle loro ricerche erano gatti e scimmie, posizionavano la punta di un microelettrodo
vicino ad un singolo neurone della porzione di sistema visivo che volevano indagare.
Durante l’esperimento i movimenti oculari sono bloccati, perché vengono paralizzati i muscoli
oculari, e gli stimoli presentati su uno schermo posto di fronte al soggetto vengono messi a fuoco
sulla retina attraverso lenti regolabili, il passo successivo è identificare il campo recettivo del
neurone.
Il campo recettivo di un neurone visivo è l’area del campo visivo entro cui uno stimolo visivo può
influenzare la scarica di quel neurone.
L’ultimo passaggio del metodo è di registrare le risposte del neurone a vari semplici stimoli
all’interno del suo campo recettivo, in modo da selezionare i tipi di stimoli che maggiormente
influenzano la sua attività.
La strategia generale è quella di iniziare a studiare i neuroni vicini ai recettori e gradualmente
avanzare attraverso i maggiori livelli del sistema in modo di capire la crescente complessità delle
risposte neurali che avvengono ad ogni livello.
Quando Hubel e Wiesel confrontarono i campi recettivi esaminati nelle cellule gangliari retiniche,
nel nucleo genicolato laterale e nello strato IV dei neuroni, trovarono quattro caratteristiche
comuni:
- I campi recettivi nell’area foveale della retina erano più piccoli rispetto a quelli presenti in
periferia.
- Tutti i neuroni avevano campi recettivi di forma circolare.
- Tutti i neuroni erano monoculari, ogni neurone aveva un campo recettivo in un occhio, ma
non nell’altro.
- Molti neuroni presenti in ognuno dei tre livelli del sistema retino-genicolo-striato avevano
campi recettivi composti da un’area eccitatoria e da un’area inibitoria, separate da un
confine circolare.
Illuminando con un punto di luce acromatica un neurone del sistema genicolo striato, i due
ricercatori notarono che il neurone rispondeva o con una scarica “on” oppure con una scarica “off”,
e questo dipendeva dalla posizione della fonte luminosa nel campo recettivo.
Le cellule centro “on” rispondevano alle luci presentate nella regione centrale dei loro campi
recettivi con una scarica “on” e alle luci presentate nella periferia dei loro campi recettivi con
un’inibizione seguita da una scarica “off” quando la luce veniva spenta.
Le cellule centro “off” si comportavano nel modo opposto, rispondevano con un’inibizione e una
scarica “off” in risposta alle luci presentate nel centro dei loro campi recettivi e con una scarica “on”
alle luci presentate nella periferia dei loro campi recettivi.
Le cellule centro “on” e centro “off” rispondono meglio al contrasto.
Il modo più efficace per influenzare la frequenza di scarica di una cellula centro “on” o centro “off” è
quello di massimizzare il contrasto tra il centro e la periferia del suo campo recettivo, illuminando o
l’intero centro, o l’intera periferia, lasciando l’area restante completamente al buio.
L’illuminazione diffusa nell’intero campo recettivo ha un piccolo effetto sulla scarica, Hubel e
Wiesel quindi conclusero che una funzione dei molti dei neuroni nel sistema retino-genicolo-striato
fosse quella di rispondere al grado di contrasto della luminosità tra le due aree dei loro campi
recettivi.
La maggior parte dei neuroni del sistema visivo sono sempre attivi, anche in assenza di input
visivi.
I neuroni dello striato IV sono eccezioni, i loro campi recettivi sono diversi dalla maggior parte di
quelli della corteccia striata.
I campi recettivi della maggior parte dei neuroni della corteccia visiva primaria rientrano in una
delle due categorie: semplice o complessa.
Nessuna delle due categorie include i neuroni dello strato IV della corteccia.
Le cellule semplici, come i neuroni dello strato IV, hanno campi recettivi che possono essere divisi
in regioni antagoniste “on” e “off” e quindi non rispondono alla luce diffusa, e come i neuroni
inferiori dello strato IV sono tutti monoculari, la differenza principale è che i margini tra le regioni
“on” e “off” dei campi recettivi corticali delle cellule semplici sono lineari piuttosto che circolari.
Le cellule complesse sono più numerose di quelle semplici, come le cellule semplici hanno campi
recettivi rettangolari, rispondono meglio agli stimoli lineari presentati con uno specifico
orientamento e non rispondono alla luce diffusa.
Ma le cellule complesse differiscono da quelle semplici in tre caratteristiche importanti:
- Hanno campi recettivi più grandi.
- Non è possibile dividere i campi recettivi delle cellule complesse in regioni statiche “on” e
“off”: una cellula complessa risponde a particolari stimoli con margini lineari con un
particolare orientamento indipendentemente dalla loro posizione all’interno del campo
recettivo della cellula.
- Diversamente dalle cellule semplici, che sono monoculari, cioè rispondono alla
stimolazione presentata in un solo occhio, le cellule complesse sono binoculari, cioè
rispondono alla stimolazione di entrambi gli occhi.
Quello che si può comprendere da una cellula stimolando un occhio sarebbe confermato se si
stimolasse l’altro, inoltre se entrambi gli occhi sono sottoposti contemporaneamente ad una
stimolazione appropriata, una cellula binoculare solitamente scarica maggiormente rispetto a
quando viene stimolato un solo occhio.
Queste cellule rispondono meglio alla disparità retinica e quindi giocano probabilmente un ruolo
nella percezione della profondità.
Dopo aver descritto i campi recettivi dei neuroni della corteccia visiva, Hubel e Wiesel raggiunsero
tre importanti conclusioni riguardo l’organizzazione della corteccia visiva dei primati:
- Che fosse organizzata in colonne verticali funzionali: tutti i neuroni della stessa colonna
verticale rispondono a stimoli applicati alla stessa area della retina, sono dominati dallo
stesso occhio e preferiscono gli stimoli lineari con orientamento uguale.
- Che la posizione delle varie colonne verticali funzionali nella corteccia visiva primaria è
influenzata dalla posizione sulla retina dei campi recettivi della colonna, dall’occhio
dominante della colonna e dall’inclinazione degli stimoli lineari preferiti dalla colonna.
- Che i neuroni con semplici preferenze convergono in neuroni con preferenze più
complesse.
Studi sulle risposte della corteccia visiva a scene naturali indicano che la risposta di un neurone
della corteccia visiva dipende non solo dagli stimoli presenti nel suo campo recettivo, ma dagli
stimoli presenti in un’area maggiore.
Le influenze sull’attività del neurone visivo che sono causate dagli stimoli esterni al campo
recettivo dello stesso neurone sono generalmente definite influenze contestuali.
Le influenze contestuali possono assumere varie forme a seconda della precisa tempistica,
posizione e forma dello stimolo visivo indagato e dai livelli di luce ambientale, un campo recettivo
di un neurone è visto come una proprietà plastica del neurone che è continuamente perfezionata
sulla base del cambiamento dei segnali provenienti dal contesto.
Il colore è una delle più evidenti qualità dell’esperienza visiva umana, il nero lo si vede quando si è
in assenza di luce, la percezione del bianco deriva da una miscela intensa di un’ampia gamma di
lunghezze d’onda in proporzioni uguali, e la percezione del grigio è prodotta dalla stessa miscela di
lunghezze d’onda ma a un’intensità inferiore.
La percezione del colore di un oggetto dipende dalle lunghezze d’onda della luce che esso riflette
nell’occhio.
La teoria dei componenti (teoria tricromatica) della visione dei colori venne proposta da Thomas
Young e perfezionata da Hermann Von Helmholtz, secondo questa teoria ci sono tre diversi tipi di
recettori dei colori (i coni), ognuno con una diversa sensibilità spettrale, e si presume che il colore
di un particolare stimolo sia codificato dal rapporto dell’attività nei tre tipi di recettori.
Young e Helmholtz elaborarono la loro teoria dall’osservazione che qualsiasi colore dello spettro
visibile può essere ottenuto mescolando le tre diverse lunghezze d’onda della luce in diverse
proporzioni.
Il fatto che tre sia normalmente il numero minimo delle diverse lunghezze d’onda necessarie per
ottenere ogni colore suggerisce l’esistenza di tre tipi di recettori.
Un’altra teoria della visione dei colori, la teoria dell’elaborazione dell’opponenza della visione dei
colori, venne proposta da Hering, che suggerì che ci fossero due diverse classi di cellule nel
sistema visivo per l’elaborazione del colore, e un’altra classe per l’elaborazione della luminosità.
Il ricercatore ipotizzò che ognuna delle tre classi di cellule potessero codificare la percezione di
due col