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CORPORATIVISMO
52 A partire dagli anni '70 un filone della letteratura si concentra sul modello
neocorporativo, sottolineando le somiglianze con le corporazioni caratterizzanti
il sistema della rappresentanza di alcuni regimi autoritari.
MODELLO NEOCORPORATIVO
- Tipo di associazioni: le associazioni sono singole (monopolistiche), a
partecipazione obbligatoria e non in concorrenza le une con le altre ma
differenziate. Esse detengono una licenza e sono riconosciute,
sovvenzionate e controllate dallo Stato.
- Rapporti gruppi-Stato: I contatti istituzionali fra gruppi e governo sono
frequenti ed efficaci: i gruppi hanno responsabilità anche nella
realizzazione delle politiche.
- Logica della partecipazione dei membri: struttura organizzativa forte,
integrata e ricca di risorse, relativamente indipendenti dai membri e
capaci di sviluppare prospettive a lungo termine.
- Logica di influenza: un sistema istituzionalizzato di interazioni attribuisce
alle associazioni ruoli particolari nell'elaborazione e nella realizzazione
delle politiche pubbliche → concentrazione: accordo tra più attori su
decisioni e politiche (governativi e non)
LE CAUSE DEL NEOCORPORATIVISMO
Il neocorporativismo è favorito da:
- integrazione nei mercati
- forti partiti socialisti
- associazioni di interessi ben strutturate
Durante gli anni '30: paesi del Nord e centro europei di piccole dimensioni
sperimentano forme di negoziato tra diverse organizzazioni di interesse e stato
per elaborare politiche economiche per fronteggiare la crisi del commercio
internazionale.
Paesi come Svizzera, Svezia, Olanda, Norvegia, Danimarca, Belgio e Austria
sono i primi a centralizzare gli interessi dei lavoratori e a firmare accordi che
prevedessero la collaborazione sociale tra i gruppi di interesse → nascita del
corporativismo
La culla del neocorporativismo sono dunque i piccoli paesi europei:
- associazioni di classe e settoriali ben organizzate
- economie integrate internazionalmente
- partiti socialdemocratici forti e stabili
- omogeneità culturale
La crisi negli anni '70 spinge nuovamente i governi a contrattare con sindacati
e datori di lavoro, permettendo la diffusione del neocorporativismo in altri
paesi.
Fattori politici che stimolano il neocorporativismo:
- libertà di associazione
53 - maggiore capacità di azione collettiva
- impegno nel perseguire politiche di pieno impiego
- partecipazione diffusa e organizzata
- accettazione collettiva delle decisioni politiche
Fattori economici e amministrativi:
- fiducia nell'esperienza professionale
- informazione specializzata
- pianificazione
- sicurezza negli investimenti
A tutto ciò si aggiungono:
- pace sociale
- flessibilità di manodopera
- contenimento salari per accrescere la competitività
Lo sviluppo di un sistema neocorporativo è ostacolato dalla frammentazione
delle organizzazioni di rappresentanza degli interessi.
NEOCORPORATIVISMO: CONSEGUENZE
Alcuni studiosi ritengono che il favore accordato ai gruppi economici forti del
neocorporativismo:
- emargina i gruppi più poveri di risorse economiche
- contiene elementi antidemocratici (vantaggi gruppi più forti)
- riduce la competizione e quindi la partecipazione
Altri invece sottolineano la capacità del neocorporativismo di ridurre il tasso di
conflitti sul lavoro e l'insubordinazione verso istituzioni statali.
Il tasso di inflazione è più basso in democrazie con accordi neocorporativi che
pluralisti.
Il neocorporativismo porta comunque ad un rischio di sovrarappresentazione
degli interessi forti, legati ad un rafforzamento del circuito funzionale della
rappresentanza, come recenti studi hanno dimostrato.
I PARTITI POLITICI: DAI PARTITI STORICI AI PARTITI MODERNI
XVIII secolo: il termine partito ha un’accezione negativa, poiché è visto ancora
come una “setta” (o fazione).
1774: Madison e Burke teorizzano che il partito può avere una funzione positiva
laddove si dia come obiettivo di essere un’organizzazione per il bene pubblico.
Il partito nasce quindi da un atto particolaristico/egoistico, ma viene legittimato
quando passa l’idea che esso opera anche per il bene comune (stesso
paradosso della politica, che è una lotta per il potere ma finalizzata al bene
comune).
54 1911: con il sociologo Michels ha inizio la “Sociologia dei partiti”, cioè il fatto
che i partiti nati all’interno del Parlamento diventino anche rappresentanti della
società.
1922: il sociologo Max Weber dà una definizione di partiti come “associazioni
fondate su una adesione libera, costituite al fine di attribuire ai propri capi una
posizione di potenza all’interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi le
possibilità per il perseguimento di fini oggettivi o per il perseguimento di
vantaggi personali o per tutti e due gli scopi”.
1957: l’economista Downs dà una definizione di partiti come “una compagine
di persone che cercano di ottenere il controllo dell’apparato governativo a
seguito di regolari elezioni”.
LE FUNZIONI DEI PARTITI
I partiti hanno diverse funzioni:
65. Reclutamento dei governanti: prendono dalla società persone che
andranno ai vertici dell’élite politica.
66. Controllo sul governo: i partiti hanno diritto di influenzare il
governo.
67. Partecipazione alla formazione delle politiche pubbliche: il processo
di formazione di buone politiche pubbliche è molto importante ed è
influenzato dai partiti.
68. Strutturazione del voto: i partiti servono per organizzare i voti degli
elettori. Se infatti non ci fosse un’organizzazione, lo Stato sarebbe
difficile da governare.
69. Socializzazione politica: funzione di educazione civica.
L E TIPOLOGIE DEI PARTITI
Tipologia di Weber (1922)
Max Weber è stato il primo a teorizzare una contrapposizione fra due tipi di
partiti:
70. PARTITO DI NOTABILI: caratterizzato da un personale dotato di
risorse autonome, da un’attività di tipo intermittente e da un
atteggiamento di deferenza da parte degli elettori.
71. PARTITO DI MASSA: caratterizzato da politici di professione, da
un’attività permanente e da un atteggiamento di delega da parte degli
elettori.
55 Il meccanismo che determina il passaggio dal primo al secondo tipo è
l’allargamento del suffragio.
Tipologia di Duverger (1951)
Il politologo Duverger riprende la contrapposizione di Weber, ma la articola
rispetto ad altri fattori:
72. Rispetto al tipo di partecipazione: PARTITO DI QUADRI (i Quadri
sono gli “eletti”, la leadership allargata del partito) VS PARTITO DI MASSA.
73. Rispetto all’unità organizzativa: PARTITO DI COMITATI (struttura
temporanea che si costituisce a ridosso delle elezioni), PARTITO DI
CELLULE (forma organizzativa tipica dei “partiti-setta”, importanti negli
anni centrali del ‘900), PARTITO DI MILIZIE (si riferisce a una realtà
importante soprattutto negli anni centrali del ‘900), PARTITO DI SEZIONI
(struttura di cui abbiamo una memoria oramai persa).
Inoltre, per lui abbiamo anche la suddivisione dei partiti in sistemi:
- Sistemi monopartitico: è un partito unico e caratterizza i regimi autoritari.
- Sistemi bipartitico: alternanza di potere tra due partiti e sono ritenuti
efficienti.
- Sistemi multipartitici: più coalizioni però è instabile.
Tipologia di Rokkan
Egli parla di come, grazie ad alcuni conflitti e fratture, sono nati i partiti ancora
oggi in vigore.
Le quattro fratture fondamentali:
1. Prima frattura: si sviluppa tra centro e periferia ovvero si riferisce ai
conflitti tra un centro politico, culturale ed economico e le periferie che
vennero incorporate nel governo centrale.
2. Seconda frattura: si sviluppa tra stato e chiesa cioè la costruzione dello
“Stato-Nazione” fu al centro di un conflitto tra stato e chiesa perché la
chiesa difendeva le su sfere di competenza nella formazione delle anime,
mentre lo stato difendeva il suo potere in alcuni campi delicati come
l’istruzione. Il nodo della questione fu quindi “il controllo della morale e
delle norme della comunità” (inizialmente era la chiesa che istruiva ecc…
e voleva difendere i suoi diritti).
Queste prime due fasi quindi si sono sviluppate durante la creazione dello
stato nazionale.
3. Terza frattura: si sviluppa tra città e campagna cioè il potere politico si
estende nelle città, mentre la rivoluzione industriale creava interessi che
andavano contro quelli della zona agricola. Un esempio fu lo scontro sulle
barriere doganali e sui prezzi dei prodotti agricoli. Questi contrasti in
realtà c’erano già nel medioevo, ma questa rivoluzione li accentuò
(scontro quindi tra economia primaria e [campagne] e secondaria [città]).
56 4. Quarta frattura: si sviluppa tra imprenditori industriali e classe operaia
cioè questa rivoluzione porta a problemi, contrapponendo i capitalisti
(borghesia) contro i salariati (classe operaia).
Queste due ultime fasi si sviluppano invece durante il periodo della
rivoluzione industriale. In questo stesso periodo vedremo che inizierà
anche lo scontro tra socialismo (destra: voleva meno intervento dello
stato e meno tassazioni) e comunismo (sinistra: voleva più intervento
dello stato e migliori condizioni di lavoro).
Tipologia di Sartori
La suddivisione effettuata da Duverger è considerata troppo banale e
semplificatoria infatti si dice che oltre al numero di partiti è importante anche
la dimensione. Quindi come contare i partiti? Per far sì che il conteggio sia
intelligente un partito ha sicuramente una di queste caratteristiche:
- Potenziale di coalizione cioè può entrare in coalizioni di governo.
- Potenziale di ricatto cioè il partito ha effetto sulle tattiche usate dagli
altri.
Con questi due criteri ha classificato i partiti in modo più complesso:
I sistemi monopartitici, che sono suddivisi in:
- partito singolo (un solo partito)
- partito egemonico (gli altri partiti sono satelliti del partito principale)
- partito predominante (i partiti minori sono in constante competizione con
il partito predominante infatti vince sempre quest’ultimo).
I sistemi bipartitici, questi sono quei partiti che:
- possono competere con la maggioranza per ottenere i seggi
- uno dei due partiti deve ottenere la maggioranza
Dunque qui c’è il principio di competizione.
I sistemi multipartitici, che sono suddivisi in:
- multipartitismo moderato (numero di partiti non superiore a 5 e tutti sono
orientati ad andare al go