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Gli effetti dei piani attuativi, oltre che poter essere conformativi, possono essere ablativi.
L'espropriazione è un atto ablatorio (sottrarre, dal latino) reale (riguarda diritto sui beni). Sottrae il
diritto su un bene e lo trasferisce a qualcun altro. Un altro atto ablatorio è la requisizione, somiglia
all'espropriazione, ma può essere anche solo la sottrazione dell'uso di un bene. Le requisizione è
inoltre limitata a situazioni di forte emergenza o esigenze militari.
L'espropriazione può riguardare anche un uso contenuto del bene (può riguardare anche una facoltà,
una servitù etc). Ci sono anche atti ablatori personali: la sottrazione è relativa ad un diritto personale
(si manifestano attraverso ordini, di tipo positivo o negativo, comandando a qualcuno di fare
qualcosa (ingerenza sulla libertà personale piuttosto forte) o vietare a qualcuno di fare qualcosa). Si
trovano anche nel diritto urbanistico, ad esempio negli abusi edilizi. La reazione dell'ordinamento è
sia di tipo sanzionatorio (sanzioni amministrative, penali e civili), ma se l'abuso è molto grave, ad
esempio costruzione o ristrutturazione di nuovo edificio senza titolo abilitativo o in difformità col
titolo, le reazioni dell'ordinamento sono anche ablatori personali: obbligo per il dirigente di ordinare
la demolizione del manufatto abusivo e il ripristino della situazione esistente prima dell'abuso. Si
incide sulla ricchezza della proprietà, ma assumendo una particolare condotta. È difficile
considerarlo puramente sanzionatorio è l'aspetto ripristinatorio. L'amministrazione si preoccupa
molto che tutto torni allo stato preesistente. È diversa l'ipotesi in cui il proprietario è costretto a
pagare una sanzione amministrativa pecuniaria.
Terza tipologia di atti ablatori: obbligatori. Viene imposta un'obbligazione che consiste nella
prestazione di beni o attività personale. L'obbligazione tributaria ad esempio: chi ha un reddito deve
contribuire alla spesa pubblica pagando un tributo. Oppure la prestazione di attività: la leva
obbligatoria ad esempio.
L'espropriazione per pubblica utilità sottrae un bene ad un soggetto e trasferirlo ad un altro. È
prevista dall'articolo '42 della costituzione che dice quali sono i presupposti, è necessario che ci sia
una legge che la preveda (riserva di legge relativa), è necessaria la necessità pubblica ed è previsto
l'indennizzo.
Per la conformazione della proprietà non è previsto l'indennizzo.
Ad un certo momento però la linea di confine tra queste due ipotesi (atti ad effetti conformativi e
atti ad effetti ablatori reali) è sfumata: una giurisprudenza costituzionale ha affermato che certi
vincoli urbanistici nonostante non ci sia trasferimento di proprietà, devono essere indennizzati. Le
limitazioni al diritto di proprietà non sono conformative ma espropriative.
Vincoli di inedificabilità assoluta a tempo indeterminato danno diritto ad un indennizzo, ma non in
tutti i casi. Vengono specificati nel '68 con le sentenze n. 55 e 56.
La 55 riguarda vincoli nascenti dal piano regolatore generale ai sensi della legge urbanistica.
La 56 riguardava vincoli nascenti dalla legge sulle bellezze naturali.
La Corte afferma che un'intera categoria di beni dai caratteri omogenei sono sottoposti a vincoli
pesanti e arrivano a sottrarre la facoltà di edificare. Se questo viene fatto senza discriminazione per
tutti i soggetti proprietari di quei terreni è una conformazione del diritto di proprietà. È il caso dei
beni paesaggistici: nella legislazione non è compreso lo ius aedificandi, quindi non si sottrae nulla
da questi beni. Diverso è se siamo in presenza di beni che non sono di questo tipo e se la limitazione
dello ius aedificandi viene fatta per un singolo soggetto. Se il prg determina la realizzazione di
un'opera pubblica in una determinata area vuol dire che il proprietario non potrà edificare.
L'amministrazione lo può fare ma la proprietà deve essere espropriata con indennizzo. Se
l'amministrazione si ferma al prg senza seguire un ppe e un'espropriazione, l'amministrazione ha
posto un vincolo a tempo indeterminato al proprietario, dunque non è un effetto conformativo ma
quasi espropriativo, dunque bisogna dare un indennizzo.
Alcune limitazioni alla proprietà sono indennizzabili e altre no, sfumando quindi il confine.
Dopo il '68 il legislatore temporalizzò i vincoli, dichiarando che il piano attuativo doveva avvenire
5 anni dopo il prg. Il tempo dunque diventava determinato. Si aveva un tempo di 5 anni senza piano
attuativo e di 15 con piano attuativo. Scaduti i termini le amministrazioni variavano il prg in
maniera da riproporre il vincolo. La corte costituzionale ribadì la sua posizione con la sentenza del
'99, dopo vari interventi. Le amministrazioni comunali hanno le loro ragioni per non arrivare alle
espropriazioni, possono reiterare il vincolo, ma devono indennizzare, se non lo fanno i cittadini
possono farsi corrispondere l'indennizzo dal giudice. Dal 2001 i vincoli espropriativi dopo i 15 anni
diventano indennizzabili.
Oggi con i problemi di tutela del territorio, impermeabilizzazione dei suoli, rischi idrogeologici etc.
l'idea che lo ius aedificandi sia implicito al diritto di proprietà dei terreni è forse fuori luogo.
L'espropriazione è preceduta dalla dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, ma sono due cose
diverse. Dal '85 con la prima legge sul condono edilizio si dichiara che l'approvazione di un piano
attuativo corrisponde ad una dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.
Il piano attuativo è la previsione spaziale che ha effetti sui cittadini ma non si considerano effetti
conformativi, perchè se superano le soglie temporali fissate diventano ablativi, dunque
indennizzabili, anche se non è una vera e propria espropriazione: il bene resta del proprietario, ma
non può edificarvi.
Sugli indennizzi.
Le prime leggi del Regno d'Italia prevedeva un indennizzo pari al valore venale del bene (ovvero
prezzo di mercato). Poi questo ammontare non ha funzionato molto perchè già venti anni dopo il
parametro divenne la media tra valore venale e reddito. Le amministrazioni comunali non
riuscivano a pagare a prezzo di mercato le aree, con la legge sulla casa n. 865 del '71 si stabilì un
parametro diverso, anche se limitatamente ai PEEP, l'indennizzo sarebbe stato pari al valore
agricolo medio pari alla coltura dell'area. Nel '77 la legge Bucalossi fece credere a molti che si
stesse sottraendo lo ius aedificandi alla proprietà dei suoli, facendo due cose: estese il criterio del
valore agricolo a tutte le espropriazioni non solo a quelle PEEP e cambiò nome al titolo abitativo,
da licenza edilizia a concessione edilizia. Gli atti di concessione sono atti amministrativi che si
differenziano dalle autorizzazioni (licenze) poiché l'amministrazione trasferisce un diritto che il
privato precedentemente non aveva. Si ritenne che utilizzando questo nome il legislatore volesse
dire che il diritto di costruire fosse una proprietà dello stato, non connaturata dalla proprietà dei
suoli, dato in concessione ai cittadini. Si previde infatti il titolo oneroso del titolo abitativo.
L'indennizzo del terreno agricolo è molto inferiore a quello del terreno edificabile, ma se si dichiara
che nessun terreno avesse ius aedificandi, ogni terreno ha valore agricolo.
Sentenza 5 del 1980 la Corte Costituzionale dichiarò che il parametro di quantificazione
dell'indennizzo fosse incostituzionale. L'indennizzo non può essere irrisorio o puramente simbolico.
Inoltre ha dichiarato che lo ius aedificandi fa parte del diritto di proprietà salvo alcune eccezioni
come i beni paesaggistici. Il legislatore cercò di prendere tempo riproponendo il parametro del
terreno agricolo. Ma a distanza di pochi anni si tornò al criterio della legge di Napoli, media tra
valore venale e valore dominicale, abbattuto del 40% in caso di accordo con i privati.
Nel 2007 la corte ha dichiarato che anche questo parametro è in contrasto con la Costituzione, non
con riferimento al art. 42 ma al 117 (come modificata nel 2001), ovvero le leggi regionali devono
essere rispettose delle leggi costituzionali, comunitari ma anche degli obblighi nascenti dai trattati
internazionali (obblighi internazionali inesistenti ai tempi di Napoli). La convenzione europea dei
diritti dell'uomo, la corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia nella determinazione
dell'indennizzo, dunque si è violata una norma interposta che però ha valore costituzionale. Dunque
si è tornato al valore venale del bene.
È data estrema importanza alla proprietà privata, tanto da indennizzare vincoli e da fissare come
prezzo il valore venale.
Per evitare i costi esorbitanti delle espropriazioni si ricorre alla perequazione.
La perequazione non è disciplinata da legge statale ne' da legge regionale (non rientra nel governo
del territorio ma nel diritto di proprietà, e la disciplina civilistica è esclusiva dello Stato). Però ne
parlano: la legge regionale toscana parla di perequazione urbanistica.
Si tratta di un modello previsto dalla legge urbanistica del '42 e anche dal codice civile. Somiglia al
comparto edificatorio, articolo 23 della legge urbanistica, poi modificato dal testo unico: per dare
attuazione ai PRG i proprietari potessero costituire questa forma organizzativa chiamata comparto
edificatorio per realizzare quella parte di piano generale che prevedeva opere di interesse generale
assieme ai loro interessi. Una sorta di piano di lottizzazione ma limitato ad una parte di territorio
comunale. Ciascuno avrebbe ceduto una parte del terreno. Era previsto anche un rapporto
autoritativo: nel caso di accordo tra 2/3 dei proprietari, il restante terzo veniva espropriato. Non ha
trovato attuazione.
La perequazione per un verso reintroduce questo modello, detta perequazione di comparto (scala
ridotta). La perequazione più ampia si basa su forme consensuali: accordi che possono intervenire
anche tra singoli privati o tra privati e amministrazioni. Tutto quello da realizzare previa
espropriazione viene superato: i terreni individuati come destinatari di opere pubbliche vengono
utilizzati senza espropriazione, in compenso i proprietari ricevono titoli edificatori che potranno
spendere da qualche altra parte, all'interno dello stesso comparto o anche fuori. Si parla di terreni di
decollo del titolo edificatorio e di terreni di atterraggio. In Lombardia ormai da tempo hanno fondi
di investimento dei titoli edificatori. Il privato perde terreno in una area ma guadagna possibilità di
cost