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I CONTRATTI INNOMINATI
I contratti in diritto romano sono tipici, ossia possono essere conclusi solo quei contratti espressamente previsti. Oggi invece c'è una tipicità debole, ossia noi possiamo concludere i contratti espressamente previsti dal c.c. ma anche quelli non espressamente tutelati dal c.c. purché però diretti a raggiungere un interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico.
È vero che in diritto romano i contratti erano tipici, ma dalla prima età classica si riconobbe valore a delle convenzioni atipiche (non espressamente previste) e quindi non definibili con un nome specifico. Ecco perché furono definiti CONTRATTI INNOMINATI (perché non avevano un nome specifico, ma a cui l'editto pretorio riconobbe tutela).
Si trattava di quelle convenzioni in cui ciascuna delle parti veniva gravata di un dare o di un fare. Quindi ciascuna delle parti doveva dare qualcosa o fare qualcosa.
Il valore
obbligatorio non si riconosceva al semplice fatto che le due parti si fossero reciprocamente obbligate a dare o a fare, MA si dava valore obbligatorio all'esecuzione = quindi se una parte aveva eseguito la sua obbligazione, obbligava l'altra parte a eseguire la controprestazione
Non avevano dei nomi, ma si trattava di contratti che si basavano su schemi:
- "do ut des" = io do affinché tu dia (c'è una prestazione che trova la sua causa in una controprestazione = io do perché tu devi dare)
- "do ut facias" = io do perché tu devi fare
- "facio ut des" = io faccio perché tu dia
- "facio ut facias" = io faccio affinché tu faccia
Questi contratti erano es. la permuta = è una controprestazione, ovvero nel momento in cui io ti do una cosa, tu mi dai l'altra cosa -> cosa contro cosa (che si differenzia dalla compravendita dove la causa è cosa contro prezzo)
Es. io ti do la mia
macchina in cambio della tua = cosa contra cosa “do ut des”
Altro contratto basato su questo schema: contratto estimatorio = una parte dava all’altra parte una cosa stabilendone il valore, e l’accipiente (chi prendeva la cosa) si obbligava o a venderla ea restituirne il ricavato nei limiti della stima, o a restituire la stessa cosa.
es. tizio consegna a caio la sua argenteria che lui stima avere un valore 100 caio la deve vendere, e se la vende a 150, restituisce i 100 a chi gliel’ha data (quindi nei limiti della stima), e si tiene i 50 = sono convenzioni atipiche
IL PRECARIO→ consisteva nella concessione di un bene che una parte faceva all’altra perché ne godesse gratuitamente e lo restituisse a semplice richiesta.
Il precarista fu per molto tempo tutelato contro terzi e qualificato possessore e non essendo tutelato pure contro il concedente, quest’ultimo avrebbe potuto riprendere possesso della cosa in ogni momento con atto di autodifesa.
Pure contro la volontà del precarista. In età postclassica le ragioni storiche e di tecnica processuale (il fatto che fosse tutelato mediante interdicta piuttosto che actiones) che avevano giustificato l'istituto del precario come istituto asè, non contrattuale e rilevante più che altro sotto il profilo possessorio, non furono più percepite: soprattutto si faceva difficoltà a distinguere il precario dal comodato. Giustiniano negò al concedente di poter direttamente riprendere possesso della cosa in via di autodifesa ma, al precario dans, si diede per la restituzione l'actio praescriptis verbis. Da qui l'inclusione del precario nei contratti innominati. Il precario continuò a distinguersi dal comodato non tanto per diversità di struttura e natura quanto per diversità di regime: il precarista è possessore mentre il comodatario detentore, il precario poteva riguardare immobili il comodato no e poi,
mentre il comodato si trasmetteva sicuramente agli eredi, sul precario non lo sappiamo.- L'azione che si accordava era l'ACTIO PRAESCRIPTIS VERBIS - quindi la parte che avrebbe eseguito la propria prestazione, avrebbe potuto pretendere l'esecuzione della controprestazione, tramite l'actio praescriptis verbis (per far adempiere alla controprestazione). Era esperibile dal contraente che avesse adempiuto l'obbligazione, al fine di ottenere la controprestazione.
- Ancor prima dell'actio praescriptis verbis però c'era un'altra azione "CONDICTIO CAUSA DATA CAUSA NON SECUTA" - ma questa era l'azione concessa nei contratti innominati però del solo schema "do ut det", oppure "do ut facias" - cioè solamente in quelli che rispondevano allo schema do affinché tu dia o do affinché tu faccia - ossia quelli in cui era prevista una datio (Veniva utilizzata per farsi
restituire l'oggetto)In questo caso, colui che aveva eseguito la prestazione, se non c'era la controprestazione, poteva agire con la condictio causa data causa secuta, per vedersi restituire/ripetere quanto aveva eseguito/prestato = MA solo nello schema do ut des, oppure do ut facias
Quindi es. se io dico "ti do il mio bue affinché tu mi dia il tuo cavallo", e io poi ti do il bue però te non mi dai il cavallo, io posso agire con la condictio causa data causa secuta, per farmi restituire il bue
Oppure in alternativa posso esperire l'actio praescriptis verbis, ma questa mira a far ESEGUIRE la controprestazione, quindi a farmi dare il cavallo, NON a farmi restituire il bue
Lo ritroviamo oggi nell'art 1453 del c.c., che in relazione ai contratti a prestazioni corrispettive, dispone che se uno dei contraenti non adempie, l'altro possa a sua scelta o chiedere l'adempimento, o la risoluzione del contratto
Pag. 113 "avendo io un bue e
Il mio vicino un altro, c'era vamo accordati di darci reciprocamente gli animali, per un tempo di 10 giorni per svolgere delle attività. Il mio bue è morto quando era a disposizione del vicino. In questo caso non compete un'azione di comodato, perché non si trattò di comodato, ma si dovrà agire con un'azione praescriptis verbis. Questo è un es. di contratto innominato, dove ci si accorda di darsi reciprocamente in prestito degli animali. Quindi i due si erano dati reciprocamente in prestito i loro animali. Il mio bue è morto quando era a disposizione del vicino, quindi in questo caso egli agisce con l'actio praescriptis verbis, perché è l'azione che discende da un contratto innominato. Infatti non si può pensare ad una forma di comodato, perché il comodato è un contratto gratuito, mentre nel rapporto stabilito dalle parti il prestito in un bue è finalizzato.
al fatto che anche l'altra parte faccia la stessa cosa, quindi non c'è l'elemento della gratuità. E non si può pensare neanche ad una locatio rei, perché la locatio prevede una mercede che deve necessariamente essere in denaro, mentre qui vi è lo scambio di cosa contro cosa.
Pag.114 "se io ti ho venduto una cosa affinché tu la vendessi a d'un prezzo determinato con l'accordo che fosse tuo quanto tu fossi riuscito a ricavarne in più, si è stabilito che non c'è nell'azione di mandato né quella di società, ma si deve agire in factum come se si fosse posto in essere un altro genere di negozio, poiché il mandato deve essere gratuito, e non sembra essersi contratta una società nei confronti di chi non ti ha ammesso come socio nella vendita, ma ha riservato per se un prezzo determinato."
-> questo è un contratto estimatorio = io ti consegno una cosa
affinché tu la venda ad un determinato prezzo, e tu tenga per te ciò che ricavi in più. Il giurista dice "non può essere una società perché i due non si sono messi d'accordo sul vendere una cosa, sobbarcandosi gli utili e le perdite. Ma ha consegnato la cosa dicendo 'questa vale 100 e tu devi venderla 100. Se guadagni 50 in più te li puoi tenere'". Non è un mandato perché è gratuito. Si tratta quindi di un contratto innominato, in quanto tale tutelato dall'actio praescriptis verbis. Tutti i contratti innominati sono tutelati da questa azione, quando tuttavia questi si basano sullo schema "do ut des" - "do ut facias", allora invece della actio praescriptis verbis si può utilizzare anche la condictio causa data causa secuta. Tra gli atti leciti non contrattuali vi è la negotiorum gestio, ossia gestione di affari altrui. La gestione di affari a cui riconobbero effetti.obbligatori era la gestione di affari altrui senzamandato, intrapresa con la convinzione che si trattasse, appunto, di affari altrui e iniziata utilmente senza poi rilevare se l'esito della gestione fosse stato utile o non utile per il gerito. L'actio 'negotiorum gestorum' era favore del gerito mentre quella contraria a favore del gestore, entrambe di buona fede. Sul gestore gravava l'obbligo di portare a termine l'affare intrapreso e di trasferire al gerito beni e diritti che ne avesse ricavato o avrebbe dovuto ricavarne; sul gerito gravava l'obbligo di assumere su di sé le obbligazioni che l'altro avesse contratto in relazione alla gestione e di rimborsargli le spese e i danni inerenti la gestione stessa -> la responsabilità del gestore era prima limitata al dolo mentre poi fu estesa alla colpa.
LEGATI OBBLIGATORI E FEDECOMMESSI
I legati 'per damnationem' e 'sinendi modo' davano luogo a obbligazioni tra
erede e legatario. L'obbligazione a carico dell'erede nasceva una volta che, morte il testatore, il testamento avesse acquistato efficacia. Nel legato per damnationem il testatore, mediante l'uso di certa verba, onerava l'erede di compiere una prestazione determinata in favore del legatario. Nel legato sinendi modo, per cui pure erano previsti verba propri, il testatore poneva in capo all'erede un obbligo di non facere così da consentire al legatario di fare alcunché: più spesso di prendere con sé una cosa o ereditaria o personale dell'erede. Verso l'erede inadempiente il legatario poteva procedere con 'actio ex testamento' in personam e in ius ma tale azione, in caso di contestazione infondata, dava condanna al doppio. Ai legati possono essere accostati i fedecommessi, disposizioni di ultima volontà in favore di terzi che il testatore rimetteva per l'esecuzione alla fides dell'erede o del
ome un'azione di dare- senza che ci fosse un valido motivo o un titolo giustificativo. In altre parole, la solutio indebiti si verificava quando una persona riceveva un pagamento o un bene senza averne diritto. Questo concetto è stato riconosciuto e disciplinato dal diritto romano, ed è ancora oggi presente nel nostro ordinamento giuridico. La solutio indebiti è regolata dall'articolo 2033 del Codice Civile italiano, che stabilisce che chiunque riceva indebitamente una somma di denaro o un altro bene è tenuto a restituirlo. La restituzione deve avvenire senza ritardo e senza che sia necessaria una richiesta formale da parte del creditore. Inoltre, il debitore non può opporre alcuna eccezione o difesa per giustificare il suo comportamento. È importante sottolineare che la solutio indebiti si applica solo nei casi in cui il pagamento o la consegna del bene sia avvenuta per errore o per un motivo non valido. Se invece il pagamento è avvenuto per un motivo valido, ad esempio a seguito di un contratto o di una sentenza giudiziaria, non si può parlare di solutio indebiti. In conclusione, la solutio indebiti è un principio giuridico che impone la restituzione di un pagamento o di un bene ricevuto indebitamente. Questo principio è ancora oggi valido nel nostro ordinamento e rappresenta un importante strumento per garantire la giustizia e l'equità nelle relazioni economiche e contrattuali.